VI

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Corro il più lontano possibile da lei e mi dirigo verso l'uscita dell'istituto.

Intanto alcune lacrime percorrono lentamente il mio viso, senza che io lo voglia. Stringo i pugni fino a far diventare completamente bianche le nocche, non riesco a smettere di piangere.

Poco prima dell'uscita, intravedo Jace con la coda dell'occhio, per cui abbasso il capo per evitare che mi veda. In questo momento non sono proprio nelle condizioni di vedere nessuno.

Fortunatamente Jace sembra abbastanza indaffarato e proprio per questo non si accorge di me, ma questo iniziale sollievo viene subito interrotto. Non appena varco la porta d'uscita sento la sua voce.

– Clary!

Mi fermo all'improvviso, mi immobilizzo completamente.

– Smettila di fare la bambina e vieni subito qua, parlami chiaramente!

Mi giro di scatto e la raggiungo con non tante buone intenzioni. Mi fermo a pochi centimetri dal suo corpo e inizio ad urlare – Bambina? Io? Ma che ti dice la testa, Isabelle? – le lacrime continuano a fuoriuscire dai miei occhi.

– Sì Clary, sei una bambina. Non ha avuto senso prendersela in quel modo e scappare via senza dare alcuna motivazione.

– Che motivazione vuoi? Cosa vuoi, Isabelle?

Magari potessi capirlo.

Mi arrabbio fin troppo, come mai prima d'ora. Lei in un primo momento non risponde, abbassa solamente lo sguardo; dopo poco lo rialza e mi fissa seria – Niente Clary. Non voglio proprio niente.

Si gira rassegnata e se ne va.

"Vaffanculo" sussurro, forse più a me che a lei.

Mi allontano ancor di più dall'istituto, cercando di raggiungere una meta non tanto precisa.

Dopo qualche metro decido di fermarmi e mi accascio a terra, in un angolo. Asciugo le ultime lacrime presenti ancora sul mio viso e successivamente mi cade lo sguardo sulla runa parabatai che ho sul polso, con Isabelle.

Porto le dita su di essa e la sento pulsare, ad un certo punto avverto dolore, tanto dolore. Cerco di attivare la runa della resistenza per far sì che funga da contrasto, ma non ottengo nessun risultato.

Mi alzo di scatto e corro verso l'istituto.
Sto facendo del male ad Isabelle.

Cerco di raggiungere in fretta la sua stanza e fortunatamente ci riesco, ma lei non c'è. Sono troppo stanca per cercarla per tutto l'istituto, per cui decido di restare ad aspettarla proprio in camera sua.

Perché le sto facendo questo? Perché la sto facendo soffrire? Perché reagisco così? Non riesco a capire cosa io abbia.

Poggio i gomiti sulle ginocchia, la fronte tra i palmi delle mani e chiudo gli occhi cercando di calmarmi un attimo.

Dopo alcuni minuti sento la porta aprirsi, dei passi; alzo lo sguardo e la vedo. Ha gli occhi rossi e il viso bagnato dalle lacrime. Non dice nulla, si appoggia solamente alla porta alle sue spalle e con la manica asciuga le lacrime.

Mi alzo e le vado incontro, probabilmente non meriterei di essere qui dopo ciò che le ho fatto.

Nessuna delle due parla, nessuno sa cosa dire. Senza pensarci due volte mi butto tra le sue braccia e poggio la testa sull'incavo del suo collo.

Sento le sue mani passare delicatamente dai miei fianchi alla mia schiena, fino a raggiungere le mie guance, che trova ancora umide per via delle lacrime.

Passa poi premurosamente le dita fra i miei capelli e sospira pesantemente.

Interrompe l'abbraccio e porta a contatto le nostre fronti, mentre le sue mani incontrano definitivamente le mie guance.

My Mystery {Clizzy}Where stories live. Discover now