Capitolo 6: Un nuovo inizio

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Ego aveva fatto tanto rumore nella testa di Zen quella notte. Se n'era andata a spasso per il suo corpo e poi aveva dormito dentro di lei, dentro al suo cuore. Si era intrufolata tra i suoi muscoli, aveva respirato a ritmo dei suoi battiti ed era scivolata nelle sue vene.
Aveva appoggiato la testa sul tessuto scuro, si era coperta delle sue fibre e aveva chiuso gli occhi. Il petto di Zen che si alzava e si abbassava aveva cullato Ego che si era addormentata serena.
Bellissima e serena.
E sua.

Era passata poco più di una settimana da quel momento, febbraio stava per giungere al termine, ma il ricordo della bocca di Ego sulla sua e sul suo collo era sempre presente e ben impresso nella mente di Zen.
Si erano baciate per ore, si erano guardate negli occhi, si erano morse le labbra. Erano salite una sopra all'altra, si erano accarezzate, avevano riso. Nessuna delle due aveva mai provato qualcosa di simile, una forte sensazione che partiva dallo stomaco e che si estendeva in tutto il resto del corpo. Una sensazione che le aveva scaldate fin nelle ossa.
La mattina dopo si erano trovate abbracciate con la schiena di una contro il petto dell'altra e le mani incrociate, ma per i giorni successivi nessuna delle due aveva avuto il coraggio di parlarne. Avevano ricominciato come se non fosse successo nulla, anche se i sogni ad occhi aperti di Zen erano diventati più coloriti.

Vivere insieme non era complicato, erano abituate, ma la ragazza tatuata si era presa l'incarico di tenere d'occhio l'amica per evitare che facesse qualche sciocchezza ed era davvero impegnativo. Ego piangeva quasi tutte le notti e Zen restava sveglia con lei per cercare di calmarla e ad aspettare che si addormentasse con gli occhi pesti e il viso pallido. Era così concentrata su di lei da aver messo da parte perfino Ade, ma l'amica occupava un posto diverso nella sua vita e veniva prima di tutti gli altri.

A Ego, comunque, i suoi genitori mancavano nonostante il male che le avevano causato e non c'era istante in cui non si sentisse triste. Voleva perdonarli ma era troppo arrabbiata con loro anche solo per pensare di incontrarli per strada.

Il tempo trascorreva lento e a scuola le due ragazze stavano sempre insieme, ma per entrambe era difficile mascherare il fatto che ci fosse qualcosa che non andasse. Quel mercoledì mattina Ego si era svegliata con una forte nausea, ma non aveva voluto saltare le lezioni, perciò con un grande sforzo era entrata in classe insieme a Zen. Avrebbe dovuto anche incontrarsi con sua sorella per farsi dare alcuni vestiti e non avrebbe mai potuto mancare. Voleva vedere Venetia per abbracciarla e per sapere come andassero le cose a casa da quando se n'era andata, ma non aveva osato chiamarla per non metterla nei guai.

La sera in cui si era trasferita da Zen le aveva mandato un breve messaggio nel quale le diceva di non preoccuparsi e di non venirla a cercare per nessun motivo a scuola. Erano in due aree separate dell'edificio ma si erano sempre incrociate per i corridoi, solo che per il momento Ego voleva tenerla a distanza. Era riuscita a farle avere un bigliettino attraverso un'amicizia in comune nel quale le chiedeva di portarle delle cose e sentiva di averle fatto correre un gran rischio. Probabilmente i suoi genitori tenevano Venetia controllata perché sapevano che prima o poi loro due si sarebbero parlate e non poteva pensare di causare dei problemi anche a lei.

<<Come ti senti?>> chiese Zen a Ego con un sussurro poco prima dell'intervallo. Fortunatamente erano sedute in ultima fila e il professore non sembrava fare molto caso a chi stesse seguendo o meno la spiegazione.

<<Hai un'altra domanda?>> domandò in risposta rabbrividendo e stringendosi nel maglione.

<<Vuoi che parli io con Venetia?>>

<<No, però vorrei che mi accompagnassi.>>

<<Certo.>> le appoggiò una mano sulla gamba per darle conforto. Quel gesto fece scattare qualcosa in entrambe che incrociarono lo sguardo e si sorrisero.

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