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"No"
Mi alzai di scatto e afferrai la foto di quello che credevo mio padre.
"No. No. No! È lui mio padre! Non questo qui! Mio padre era un soldato, ed è morto! Capito?! MORTO! Non conosco quest'uomo, perciò non è mio padre!"
Sbraitai contro mia madre e quell'uomo.
Stavo andando fuori di testa.
Io avevo sempre creduto in quella foto, ed ora si presentava questo sconosciuto dicendo di essere mio padre.
Mentre continuavo ad urlare, afferrai uno zaino, ci buttai dentro le prime cose che mi capitarono sotto mano e mi assicurai di aver messo in cima la foto di mio padre.
Presi un paio di jeans chiari, me li infilai, presi lo zaino, me lo misi in spalla ed uscii dalla mia camera.
Percorsi le scale di fretta, in salotto afferrai la mia felpa e la indossai.
"Aspetta"
Una voce mi fermò.
Mia madre.
"Dove vai? È quasi buio"
"Non lo so, tanto ovunque è meglio di qui"
Presi tutto ed uscii sbattendo la porta.
Mi ritrovai da sola, senza sapere dove andare, con il cielo all'imbrunire, completamente in panico.
Stavo camminando per il marciapiede, ormai era buio, e stavo pensando ad un luogo in cui poter andare.
Non mi veniva in mente niente.
Mi sedetti sul bordo della strada e cominciai a piangere.
A piangere a dirotto, senza fermarmi.
Dopo un po' che fissavo il cielo scuro mi venne in mente una casa dove sicuramente mi avrebbero accolto a braccia aperte.
Iniziai a camminare velocemente, poi cominciai a correre, ed arrivai così davanti ad una porta bianca.
Bussai insistentemente.
Il volto di Connor mi si presentò davanti perplesso.
"Che fai qui?"
Una lacrima calda mi scese sulla guancia e abbracciai il ragazzo davanti a me, lo strinsi forte, come se fosse l'unica cosa che potessi più fare al mondo.
"Posso entrare?"
Chiesi asciugandomi le lacrime.
"Certo, vieni"
Mi fece entrare e, appena dentro, una donna di mezza età mi si presentò davanti.
"Buonasera signora Walter, io sono Nancy, sono..."
"So bene chi sei, mio figlio non fa altro che parlare di te"
Sorrisi e mi voltai verso Connor, che abbassò lo sguardo, imbarazzato.
"Beh, piacere di conoscerla"
Tesi la mano verso la signora, che me la strinse dicendo.
"Oh, dammi del tu, puoi chiamarmi Madeleine"
"Ok, Maddy"
Risi e lo stesso fece lei.
"Vieni cara, accomodati"
Mi prese la mano e mi portò in cucina.
Mi fece sedere e mi porse un bicchiere d'acqua.
Connor ci seguì.
"Allora Nancy, come mai qui?"
"Beh, il fatto è che ho avuto un problema abbastanza grave a casa e non sapevo dove andare, perciò sono venuta qui. Spero non vi dispiaccia"
"Ma figurati! Sei sempre la benvenuta"
Madeleine mi accarezzò la mano con cosi tanto amore che mi emozionai.
Non avevo mai ricevuto affetto, tanto meno amore. Certo, mia mamma mi voleva bene, ma non nel modo in cui una mamma dovrebbe. Una madre dovrebbe amare incondizionatamente, senza mezze misure, senza pretese; mia mamma mi voleva bene solo quando facevo ciò che le faceva comodo, lei mi amava a metà.

Ero nella camera degli ospiti. Pensavo.
Non facevo altro che pensare a lui.
Era sempre nei miei pensieri, e lo odiavo per questo.
Lo vedevo lì, i suoi occhi neri così simili ai suoi capelli scuri, la pelle chiara, quasi pallida, e le labbra, sempre rosa, morbide, credo, ma comunque pronte a schiudersi.
Come poteva una persona che conoscevo così poco, essere così importante per me?
Chissà cosa stava facendo in quel momento.
Magari stava scrivendo a Laila per mettersi d'accordo su sabato.
Oppure a Mathew, discutendo sul da farsi.
Di sicuro non stava pensando a me, da sola, nel letto, a fissare il soffitto, pensando a lui.

Lucas
Non facevo altro che pensare a lei.
Era sempre nei miei pensieri, e la odiavo per questo.
La vedevo lì, i suoi occhi azzurri così in contrasto con i suoi capelli scuri, la pelle chiara, quasi pallida, e le labbra, sempre rosse come se si passasse una fragola sulla bocca ogni mattina.
Come poteva una persona che conoscevo così poco, essere così importante per me?
"Mi stai almeno ascoltando?"
"Oh, si!"
Una ragazza bionda era seduta di fronte a me, con un sorriso stampato in faccia e due calcanti occhi azzurri.
Laila.
"Bene, allora. Il mio vestito sarà rosa, capito? Perciò anche tu dovrai indossare qualcosa di rosa. Magari un piccolo fiore o un fazzoletto nel taschino. Che ne pensi?"
Io annuivo ogni 2-3 secondi, senza ascoltare nemmeno una parola, ignorando completamente l'argomento.
"Ottima idea, Laila. Ma potremmo parlarne domani a scuola?"
Mi alzai prendendola per mano e la portai verso la porta.
"Ok, sai che abbiamo letteratura assieme alla 4ª ora, quindi possiamo parlarne lì"
"Si, ok"
La feci uscire da camera mia e le sbattei la porta in faccia prima che potesse dire "amore mio".
Tornai verso il mio letto e mi ci buttai  a pancia all'aria, esausto.
Io avevo lasciato Laila perché odiavo il suo stupido carattere superficiale, la sua passione per tutte le cose frivole e la sua immensa stupidità.
Ma sopratutto odiavo il fatto che fin da quando ero al liceo, mi ero sempre dovuto fidanzate con ragazze belle e stupide, come fosse d'obbligo che il capitano della squadra di football non potesse avere ragazze intelligenti.
Volevo cambiare questa regola.
Volevo più della semplice bellezza.
E l'avevo trovata.
Ma a quanto pareva io non ero abbastanza, non ero abbastanza perché lei aveva scelto Noah, non ero abbastanza perché me l'ero fatta rubare, ed era tutta colpa mia.
Lei non aveva nessun torto, aveva fatto bene, non poteva aspettare me.
Chissà cosa stava facendo in quel momento.
Magari stava scrivendo a Noah per mettersi d'accordo su sabato.
Oppure a Connor, discutendo sul da farsi.
Di sicuro non stava pensando a me, da solo, nel letto, a fissare il soffitto, pensando a lei.

How to build a fireWhere stories live. Discover now