1

44 4 0
                                    

Camminavo annoiato per il corridoio della mia noiosa scuola, con in mano un noioso libro di chimica, andando verso una noiosa aula per ascoltare una noiosa lezione, quando una ragazza si scontrò con me.
Correva preoccupata per il corridoio di quella preoccupante scuola, con in mano un preoccupante libro di storia, andando verso una preoccupante aula per ascoltare una preoccupante lezione.
I nostri libri noiosi e preoccupanti caddero a terra contemporaneamente provocando un noioso e preoccupante suono che mise in pausa tutta la noiosa e preoccupante scuola per un momento.
"S-scusa, non volevo urtarti. Mi spiace. O-ora devo andare. Ciao!"
Balbettò lei raccogliendo il suo libro e ritornando a correre verso la sua preoccupante aula.
Io la guardai per un po', poi raccolsi il mio libro e ricominciai a camminare verso la mia noiosa aula.
Varcai le porte dell'inferno e mi sedetti sul primo banco libero che mi capitò sotto lo sguardo.
Appoggiai il gomito sul banco e mi ressi il mento con il palmo della mano, giusto per far capire a tutti quando fossi annoiato.
"Signor Forevin, potrebbe togliersi gli occhiali da sole grazie?"
Abbassai gli occhiali sulla punta del naso e il viso pallido e scavato del mio professore di chimica mi si parò davanti agli occhi.
"Mr. Stevenson, lei non sa quanto mi brucino gli occhi con tutta questa luce"
Risposi sentendo un brusio di risate levarsi alle mie spalle, e capii che tutta la classe aveva colto il mio senso dell'umorismo.
Sorrisi lievemente e il professore si arrese cominciando a spiegare la divisione degli atomi.
I minuti passarono lenti e quando la campanella suonò il mio didietro si scollò immediatamente dalla sedia.
Saltai in piedi ed uscii dalla classe.
Andai al mio armadietto e misi a posto le mie cose.
"416-117. Interessante come codice per un armadietto"
Mi girai di scatto e capii che la voce che avevo sentito era della ragazza che mi aveva urtato quella mattina.
"Si beh, 4 è la radice quadrata di 16, 4+1+6 fa 11, e l'11/7 è il mio compleanno"
"Uuuhhh, sei un cervellone..."
"E tu una ficcanaso. Non è normale conoscere il codice dell'armadietto di uno sconosciuto"
"Non è neanche normale usare radici quadrate come codici di armadietti"
"Sei nuova vero? Non ti ho mai visto in giro. E io conosco tutti.."
"Quindi non solo sei un gran fico vestito di pelle, ma hai anche un gran cervello. Comunque si, mi chiamo Nancy"
Tese la mano verso di me facendo ondeggiare i capelli marroni legati in una coda di cavallo.
Io sorrisi.
"Lucas"
E tornai a guardare le cose nel mio armadietto.
"Sai, in genere quando ci si presenta ci si stringe la mano"
"Si, in genere per conoscersi non si spia l'altra persona"
Lei sorrise e se ne andò dicendo
"Ciao cervellone"
"Ciao ficcanaso"

"Hei cervellone!"
"Ficcanaso.."
La mattina seguente rincontrai Nancy al mio armadietto.
"Che ci fai ancora qui?"
Chiesi io sollevando un sopracciglio.
"Sai, ci studio qui"
"Intendevo, che ci fai al mio armadietto"
"So cosa intendevi"
Risi leggermente e feci per andarmene quando lei mi fermò.
"Che lezione hai ora?"
"Algebra"
"Anche io"
"Interessante"
Entrammo in aula assieme e ci sedemmo allo stesso banco.
"Farai un figurone"
Disse lei tra i denti e io sorrisi replicando
"Non credo, nessuno sa del mio talento per la matematica"
Lei mi fissò con uno sguardo sconvolto, stava per parlare quando entrò il professore e non disse più nulla.

Nancy
"Mi prendi in giro?! Tu sei un genio della matematica e nessuno lo sa?!?"
Urlai nel mezzo del corridoio.
"Si, e se potessi far restare invariata questa situazione lo preferirei"
Era un'idiozia.
Non avevo mai visto nessuno con un talento pari al suo, e questo stupido non voleva dirlo a nessuno per la sua reputazione.
Lo guardai negli occhi.
"Sei un idiota lo sai?"
"Probabile"
Sorrisi
"Sei un vero idiota"

Aprii la porta di casa facendo una leggera pressione sul pomello e il legno cigolò.
"Mamma sono a casa"
L'odore del fumo mi riempì i polmoni e tossii mentre parlavo con mia madre.
"Nancy! Perché sei già a casa?"
La donna si trovava nuda, ubriaca, nel suo letto, con di fianco un uomo che non avevo mai visto prima.
"Sai mamma, io esco da scuola all'una, quindi è plausibile che sia qui prima delle tre"
"Già. Se vuoi mangiare comprati qualcosa o... insomma arrangiati, io sono impegnata"
"Lo vedo"
Risposi uscendo dalla stanza.
Odiavo quella donna: Meryl Young.
Così si faceva chiamare.
Quando mio padre morì, lei mantenne il suo nome da nubile in modo che potesse andare a letto con chiunque le capitasse sotto mano, probabilmente quest'ultimo lo aveva incontrato al supermercato o, molto più semplicemente, era l'idraulico.
Andai in camera mia e mi sedetti davanti al computer.
Io passavo i pomeriggi a scrivere sul mio laptop: ho sempre voluto diventare una scrittrice, in quel periodo stavo scrivendo un romanzo rosa, non proprio la mia specialità, ma mi piaceva fantasticare su storie che non si sarebbero mai avverate.
Dopo poco mi alzai ed andai a farmi una doccia.
Quando finii mi infilai un paio di mutande, una maglietta larga e mi sistemai i capelli in uno chignon disordinato: quella era la mia tenuta da lavoro.
Quando ero così significava che avevo in mente mille idee.
Mi risedetti alla scrivania e iniziai a scrivere.
Scrissi tutto il pomeriggio, posizionando e riorganizzando le mie idee in modo che dessero un filo conduttore alla trama.
Adoravo scrivere. Scrivevo per creare mondi, per formare vite migliori della mia.
Nel romanzo che stavo scrivendo in quel momento ci introdussi anche un nuovo personaggio, un nuovo personaggio che era appena subentrato anche nella mia vita.
Cervellone.

How to build a fireWo Geschichten leben. Entdecke jetzt