CAPITOLO 20

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Il suono dello sparo rimbombò in tutta la sala. La litania si fermò all'improvviso, la voce dell'uomo che recitava l'evocazione si spense, l'uomo alto emise un grido strozzato e ruzzolò su un fianco. Aveva del sangue su una spalla e tra le gambe. Quello sulla spalla era suo e usciva dal buco che gli aveva fatto Sensi.

Il cerchio si ruppe proprio mentre l'officiante gridava, stupidamente: «Non rompete il cerchio!»

Le fiamme nei bracieri tremolarono.

Sensi abbassò la pistola e li guardò.

Non ucciderli, disse, mentre lasciava uscire Astarotte.

Il demone fu veloce come un pensiero. Con un lungo balzo fu in mezzo al cerchio, ormai infranto, scartò di lato e caricò i partecipanti al rituale.

Sensi li vide cadere a terra in modo scomposto, urlanti e scalcianti. Li vide cercare di strisciare via.

Astarotte rise. La sua risata era il suono del terrore puro.

Fermò il suo slancio atterrando pesantemente sull'uomo già ferito e schiacciandolo a terra. Si chinò sulla sua faccia e lo leccò. Adesso ha paura, disse, soddisfatto.

Sensi avanzò nel cerchio, frugandosi in una tasca. Voltò lo sguardo nella direzione da cui era venuto.

«Amico mio, spranga la porta» disse, con voce bassa ma incredibilmente sonora. «E chiama la polizia, tra una mezzoretta».

Sentì il rumore di qualcuno che si alzava dal pavimento.

Si girò da quella parte. Giusto, pensò, mentre l'altro sparava, la pistola di Belfiori.

Ma la pallottola non lo raggiunse. Sensi vide il suo demone avanzare verso l'uomo che aveva sparato con qualcosa stretto tra l'unghia del pollice e quella dell'indice.

Sono oggettini piuttosto lenti, non trovi? ringhiò, avvicinandosi.

La cosa che stringeva era una pallottola.

L'uomo indietreggiò e il cappuccio gli ricadde sulla schiena. Doveva avere una cinquantina d'anni e aveva perso un bel po' di capelli. La sua pelata mandava riflessi sudati, alla luce dei bracieri.

«Goffredo Alba, presumo?» chiese Sensi. Tirò fuori un mazzo di manette di plastica e prese una fettuccia. «Pensavi che Sara mentisse quando diceva che lo stregone da fregare ero io?»

Goffredo Alba spostò lo sguardo da lui ad Astarotte, chiaramente terrorizzato.

«O forse non ti aveva parlato del mio carissimo amico e socio?» continuò Sensi. Gli passò alle spalle e gli bloccò i polsi dietro alla schiena. Alba non fece resistenza. «A terra» ordinò Sensi. Alba si lasciò cadere pesantemente al suolo e il commissario gli bloccò anche le caviglie.

«Quantomeno, avete il buon gusto di avere dei vestiti veri e propri, sotto queste pittoresche palandrane».

Passò al suo vicino, un ragazzo di forse vent'anni e lo ammanettò senza una parola. Poi ammanettò quello dopo. Aveva portato tante belle manette di plastica, che si stringono ma non si allargano, che tagliano la pelle, occupano poco spazio e fanno risparmiare soldi alle forze dell'ordine.

Mentre immobilizzava tutti i partecipanti al rituale, sentì Sara che si muoveva. La sentì con le orecchie e con la pancia.

«Così, volevate vedere se funziona?» disse, rialzandosi. Diede un paio di pacche sulla schiena di Astarotte. «Be', funziona. Sono piuttosto ingombranti, però. E, se devo dirla tutta, questo qui non mi obbedisce proprio sempre».

I ricordi degli specchi - L'indagine più oscura del Commissario SensiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora