CAPITOLO 6

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Danilo Salvemini era un uomo ben informato. Gli sfuggiva molto poco di quel che succedeva nella sua città e praticamente nulla di quel che succedeva nella sua questura.

Era difficile coglierlo con la guardia abbassata, come più di un politico locale aveva imparato a sue spese. Quindi, l'idea che l'unico elemento che non avesse sotto controllo fosse Sensi, come una volta aveva insinuato il commissario Bignardi della Digos, era sostanzialmente poco corretta. D'altronde, era poco corretto anche pensare che avere un paranoico come Bignardi a capo della Digos potesse diventare un problema.

Dal punto di vista di Salvemini, l'unica differenza tra Sensi e Bignardi, anzi, risiedeva nel fatto che un paranoico è facile da controllare, uno come Sensi impossibile. Il modo in cui Salvemini faceva in modo che Sensi funzionasse, quindi, era non controllandolo.

E, certo, assicurarsi che lui e Bignardi non rimanessero chiusi insieme nella stessa stanza per più di cinque minuti.

Quando, quella mattina, Sensi si presentò nel suo ufficio quasi puntuale, di conseguenza, Salvemini non si dimostrò irritato per il ritardo, perché sapeva benissimo che il commissario aveva già fatto un grosso sforzo ad alzarsi così presto e sapeva anche come aveva passato i dieci minuti precedenti.

Invece, lo accolse con la consueta espressione impassibile e lo guardò accomodarsi su una delle poltroncine dal design micidiale che erano davanti alla propria scrivania. Come sempre, sembrò che Sensi vi si adattasse alla perfezione.

«Sono felice che abbia trovato il tempo per incontrarmi, alla fine» esordì.

Sensi si limitò a un gesto vago.

«Credo che sappia già che dovrò sollevarla dalle indagini sulla morte di Riccardo Belfiori e dell'altra vittima».

Il commissario gli rivolse uno sguardo del tutto sereno. «Sì».

«Questo per quanto riguarda la parte formale» aggiunse Salvemini. «Veniamo alla parte informale. Immagina di che cosa si tratta?»

Sul viso di Sensi spuntò un piccolo sorriso. «Qualche accorato consiglio su come trascorrere – o, più probabilmente, non trascorrere – il mio tempo libero?»

«Qualcosa del genere» ammise Salvemini. «Tra l'altro, è stato proprio lei a dare l'ordine di sorvegliare la dottoressa Torre».

«Già» disse Sensi.

«Un ordine molto appropriato, dato che la dottoressa potrebbe essere la responsabile di uno degli omicidi».

«Bah» disse Sensi. Solo 'bah'.

«Prego. Voleva parlarmi di qualcos'altro?» lo incoraggiò Salvemini.

Sensi si frugò nella tasca interna del giubbotto e tirò fuori un foglio. Lo appoggiò con una certa delicatezza sulla scrivania dell'altro. Salvemini lo prese e lo scorse velocemente.

«Sì, ho già visto le conclusioni del patologo. L'ispettore Tudini ha insistito così tanto che il dottor Serpi gliele ha fatte avere ieri sera».

«Belfiori pesava sessantotto chili. Strina, invece, settantanove» puntualizzò Sensi.

«Suppongo che la dottoressa Torre non sia più di sessanta».

Sensi si strinse nelle spalle. «Non ne ho idea. È abbastanza alta, ma è anche sottile. Ho fatto qualche calcolo...»

«Lei mi sorprende».

Sensi sorrise appena. «Forse sarebbe più corretto dire che ho fatto qualche misurazione. Ho scoperto che io riesco a sollevare cinquantacinque chili vivi e scalcianti, ma solo se hanno la compiacenza di aggrapparsi alla mia schiena. Con sessanta... bho. Con sessantotto, probabilmente mi verrebbe un'ernia. Ma non era su questo che volevo attirare la sua attenzione».

I ricordi degli specchi - L'indagine più oscura del Commissario SensiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora