CAPITOLO 14

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... Hanna Gowan sale le due rampe di scale che portano all'ufficio dell'avvocato Freeman, come ogni mattina. La sua famiglia è molto orgogliosa del suo lavoro come segretaria. Hanna è sempre stata brava a scuola e uno dei suoi professori le ha persino detto che è un peccato che non voglia continuare. Hanna ha fatto la scelta migliore per sé e per la sua famiglia, lo sa, ma ogni mattina, andando al lavoro, sente che lo stomaco le si stringe e le gambe che tremano.

Non può parlarne con nessuno. Il suo stipendio è troppo importante. Sua madre non sta bene e suo fratello più piccolo va ancora a scuola. Hanna è fortunata ad avere quel lavoro, glielo ripetono tutti.

L'avvocato Freeman è in gamba e aiuta la comunità.

Hanna apre la porta dell'ufficio e arieggia lo studio di Freeman. Gli prepara la carta da lettere, controlla che il tampone del timbro sia umido, gli posa sulla scrivania la corrispondenza privata.

Dopo circa dieci minuti, richiude la finestra e si siede alla propria postazione, nell'anticamera.

Controlla l'agenda e inizia a sbrigare le pratiche del giorno. Scrive a macchina molto velocemente, cosa di cui è orgogliosa, e commette pochissimi errori, quasi nessuno.

Freeman non ha nessun motivo per licenziarla.

Quando mancano cinque minuti alle nove, Hanna va al bar per persone di colore che è all'angolo e prende una grossa tazza di caffè per l'avvocato. Come tutte le mattine, la cameriera grassa ride e le dice: «Come farebbe senza di te, eh?»

Hanna sorride, perché in fondo è orgogliosa.

È lei a mantenere la sua famiglia, ora che mamma sta male. Ha un buon posto di lavoro, molto migliore di quello che aveva sua madre in fabbrica. Hanna ha studiato.

Torna in ufficio e lascia la tazza, coperta, sulla scrivania dell'avvocato Freeman, proprio al centro.

Lui arriva dopo pochi istanti, la saluta e le dà una pacca sul sedere, come fa tutte le mattine. Come tutte le mattine, prende la tazza tra le sue larghe mani e dice: «Per me? Che gentile».

Hanna annuisce e torna alla sua postazione.

Quel giorno, per fortuna, il primo cliente deve arrivare alle nove e mezza. Hanna conta i minuti, sapendo che Freeman finirà il suo caffè intorno alle nove e un quarto. Poi lei scenderà per restituire la tazza al bar.

Le cose vanno proprio così e Hanna torna in ufficio appena in tempo per accogliere il cliente delle nove e mezza, un attaccabrighe che si è messo nei pasticci con il suo datore di lavoro. Dicono che sia un attivista e Hanna è un po' scandalizzata. D'altronde, capisce l'importanza di non perdere il lavoro e spera che l'avvocato Freeman possa aiutarlo.

Alle dieci e un quarto arriva un altro cliente, inaspettato. Lo studio lavora a pieno regime e questo è un bene.

Hanna bussa alla porta dell'avvocato e riceve il permesso di entrare.

«Oh, Hanna, stavo per chiamarti...» inizia lui, ma Hanna lo previene: «C'è un signore che vuole vederla, avvocato. È senza appuntamento, ma...»

Freeman le dice di farlo accomodare. È seccato, ma non è da lui ignorare un potenziale cliente. Hanna è sollevata, ma spera che non si veda.

Il potenziale cliente rimane con l'avvocato fino alle undici. Il suo appuntamento successivo è a mezzogiorno, per pranzo, e Hanna sa che il momento è arrivato.

Freeman si affaccia sulla porta e la chiama.

Hanna finisce di battere a macchina un paragrafo e lo raggiunge nel suo ufficio.

I ricordi degli specchi - L'indagine più oscura del Commissario SensiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora