CAPITOLO 4

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Sara, arrampicata su un paio di tacchi vertiginosi, aveva già guardato due volte tutte le vetrine di piazza Sant'Agostino quando Sensi arrivò.

Non era seccata per il suo ritardo. Se lo aspettava. Era sollevata per il fatto che fosse arrivato, piuttosto. Di quello non era del tutto sicura.

Si era messa una giacca scura e un vestito con la gonna aderente, a metà polpaccio, e pensava di stare piuttosto bene. In quanto a Sensi, indossava il suo solito giubbotto di pelle sdrucito, ma doveva aver fatto un piccolo sforzo nel compartimento capelli.

Attorno a loro, la città era ancora animata. Un branco di trentenni tracannava aperitivi in piedi fuori da un bar. Un gruppo di signore ben vestite spettegolava su una panchina. Dei ragazzi ridevano, insultandosi ad alta voce e sperimentando le prime gioie dell'interazione sociale. C'erano anche dei bambini, che si rincorrevano in bicicletta e su quei buffi skateboard che si spostavano solo se sculettavi.

«Buonasera» disse Sensi, avvicinandosi. Giusto, pensò Sara. Si davano del lei. Molto formale.

«Buonasera, commissario. Pensavo che arrivasse più in ritardo. Sembra proprio il tipo».

Sensi sorrise e le porse il braccio. «Abito qua dietro. Anch'io ho dei limiti».

Sorrise anche lei. «E dove mi porta a cena?»

L'espressione di Sensi si fece vaga. «Oh, qua dietro» ripeté.

Rimase in silenzio per un po', poi si rese conto che lei lo stava guardando. «In un ristorante, è chiaro» aggiunse. «Non la inviterei mai a mangiare a casa mia. Non sopravvivrebbe».

Sara ridacchiò, lasciandosi scortare verso un tunnel sotto ai palazzi. Farsi portare a casa sua poteva essere interessante. Pericoloso, probabilmente, ma interessante. Ci avrebbe pensato.

Svoltarono in una delle strette strade lastricate del centro. Le scarpe di Sara, nonostante i tacchi, producevano sul selciato un rumore attutito.

Lui la stava guardando, cosa che la rendeva un po' ansiosa. «E ha intenzione di fare conversazione, o resterà in silenzio tutta la sera?» gli chiese, per interrompere il contatto.

«Mh? No, no, mi scusi. Pensavo al suo profilo. A volte mi distraggo».

Di bene in meglio. «Credo che il mio profilo non sia uno dei miei argomenti preferiti» disse, con un sorriso civettuolo.

Anche Sensi sorrise, ma con espressione pensierosa. «No, via. Lasciamo perdere queste cose, vuole? Lei è una donna particolare e meravigliosa, non ha bisogno di sentirselo dire da me. Non sviene quando vede un cadavere... be', topi a parte. Ha una curiosità fuori dal comune e un amico che sta morendo in ospedale. Non le serve che io le dica che ha un bel naso».

Sara lo guardò per un istante, spiazzata, poi si rilassò. «Quindi, quali erano i suoi pensieri sul mio profilo?»

Lui si strinse nelle spalle. «Mi ricorda quella canzone. Non è nemmeno una delle mie preferite, per dirla tutta».

«'Gli uomini della sabbia hanno profili da assassini, rinchiusi nei silenzi d'una prigione senza confini'» canticchiò lei. Poi sorrise. «Era questa?»

«Sa una cosa? Lei comincia a farmi paura».

«Io? È lei quello che sembra pericoloso, commissario. Guardi la sua ombra, sul selciato».

Perché l'aveva detto, poi? La stava guardando, certo. La stava praticamente monitorando, ma non era certo un motivo sufficiente per farselo sfuggire di bocca così, in modo avventato. In quanto alla sua ombra, seguiva i passi di lui, ma non proprio alla perfezione. Era sempre un po' in anticipo o un po' in ritardo. Ma, pian piano, stava smettendo, il che era positivo.

I ricordi degli specchi - L'indagine più oscura del Commissario SensiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora