Come la pioggia d'autunno

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Gerard è steso per terra, le braccia allargate sul pavimento e lo sguardo rivolto al soffitto.

Frank lo vede, Frank sa.

Gerard ride e delle lacrime gli solcano le guance, perdendosi tra i suoi capelli. Tiene gli occhi spalancati ma non vede nulla, nulla di particolare.

Frank sente il suo cuore fargli male.

Fuori piove, è ottobre, è quasi il suo compleanno. Vorrebbe passarlo solo con Gerard, vorrebbe che lui stesse bene. Frank sente il cuore rompersi in mille pezzi quando si abbassa sulle ginocchia di fianco a Gerard e lui nemmeno lo vede.

Fuori piove, le gocce cadono sulle foglie, sui tetti, sugli ombrelli e sulle persone e fanno rumore, un rumore bello, dolce, giusto. Un rumore che Frank e Gerard hanno ascoltato mille volte insieme, seduti sotto un portico o dietro a una finestra, in silenzio.

Le lacrime sul volto di Gerard cadono lente, scivolano piano come se anche loro temessero di fargli male o di spezzarlo se cadessero con troppa forza. E non fanno rumore. Sono silenziose, sono solitarie, e Frank si sente lo spettatore di una scena privata. Per la prima volta si sente di troppo, si sente sbagliato, si sente come se stesse invadendo un momento troppo intimo e non sa cosa fare perché teme di non poter aiutare Gerard, teme di non esserne capace.

Gerard ride e sa di sembrare pazzo, con gli occhi arrossati e le guance bagnate e le labbra che gli tremano, ma non gli importa.

Frank si morde un labbro per non piangere, non vuole mostrarsi così debole, non ne ha il diritto, non davanti a Gerard. E poi si alza in piedi lentamente. Gli tremano le gambe. Ha paura di cadere. Ma se ne deve andare perché è un estraneo lì.

Però Gerard lo ferma. Non dice niente ma allunga una mano verso di lui. Non propriamente una mano in realtà, piuttosto le dita. Allunga le dita verso di lui e finalmente sposta lo sguardo dal soffitto per inchiodarlo al viso di Frank. Ha uno sguardo sofferente, ha gli occhi rossi e liquidi e spalancati come quelli di un bambino che ha appena visto qualcosa di molto brutto, che ha appena vissuto qualcosa di troppo terribile, e Frank sente anche i suoi occhi riempirsi di lacrime.

Fissa Gerard dall'alto e sente di stare per piangere, e si odia anche un po' per questo perché Frank non vorrebbe mostrarsi così debole davanti a lui, vorrebbe essere grande e capace di aiutarlo e non solo un ragazzino stupido e triste.

"Frankie" gracchia Gerard con la voce distorta dal pianto. "Non piangere" gli dice.

E ora Frank piange per davvero, e una lacrima solitaria rotola giù dal suo zigomo e si infrange sul pavimento. Ne sente quasi il rumore, può quasi vedere il milione di goccioline in cui si è frammentata cadendo. Si sente stupido, si sente inutile, si sente incapace di aiutare Gerard e quella è la cosa peggiore.

Le dita di Gerard sono ancora tese verso di lui in un muto richiamo, fuori ancora piove ed è sempre ottobre e Frank pensa che se Gerard vuole morire allora vuole morire pure lui.

Vorrebbe aiutarlo, ma non ne è capace. Non è capace a fare niente, non è bravo neanche in questo, e si sente così inutile. Però si abbassa sulle ginocchia lo stesso mentre sente i suoi occhi bruciare, e le dita di Gerard si chiudono lentamente intorno al suo polso. Ha una presa delicata e forte, Frank non potrebbe liberarsi neanche se lo volesse.

E comunque, non lo vuole.

Le lacrime silenziose di Gerard non hanno smesso di solcare le sue guance, sembra stiano intraprendendo un viaggio importante che nessuno può fermare e Frank vorrebbe cancellarle tutte, una a una, ma non lo fa. Non sa come.

Gerard ha smesso di ridere, sa di sembrare un po' meno pazzo ora ma sa anche che quella è un'immagine che Frank non dimenticherà. Lo sa, e gli fa male.

Frank sente un'altra lacrima scivolare lungo la sua guancia. Prima lenta sullo zigomo, poi veloce fino al mento come se finalmente avesse preso coraggio e si fosse lanciata in quel viaggio senza ritorno. Un salto nel vuoto, come per chi si butta da un palazzo mentre la folla, sotto, guarda.

Poi Gerard si muove dal pavimento. Frank pensava che non l'avrebbe più fatto, e invece lo fa. Lentamente si fa forza puntellandosi su un gomito e poi appoggia la testa alle ginocchia di Frank, che a quel contatto si lascia cadere fino a sedersi per terra, privato di tutte le forze all'improvviso. E Gerard si sistema meglio su di lui, raggruppa le ginocchia vicino al petto e non gli lascia andare il polso mentre le sue lacrime silenziose si perdono nella stoffa dei jeans di Frank e non più tra i suoi capelli.

Fuori piove e la pioggia fa rumore. Forse è per questo che piace tanto a Frank e a Gerard, perché il rumore è rassicurante, tranquillizza la mente e mette in pace il cuore, è come uno sfogo fatto nel modo giusto che lascia stanchi ma sereni, mentre invece il silenzio fa male. Come le lacrime che stanno piangendo entrambi, ora.

Il tempo passa e nessuno se ne accorge, Frank pensa che se a loro non importa del tempo allora è come poterlo fermare, e dopo un po' le lacrime iniziano a seccarsi sulle sue guance. E anche su quelle di Gerard.

Frank pensa che avrebbe voluto aiutarlo, e invece non ne è stato capace. Pensa che avrebbe dovuto lui aiutare Gerard e invece è stato Gerard a consolare lui, come sempre.

Gerard fissa il vuoto e non vede niente, però sente il calore di Frank tutto intorno a sé e sa che lui c'è. È riuscito a farlo uscire da quella coltre che si era creata tutto intorno a lui, è riuscito a farlo parlare e anche a farlo muovere, Frank è riuscito a riportarlo indietro da dovunque fosse andato, come sempre.

Fuori piove, è ottobre, Frank rimane sul pavimento e non si muove e a Gerard per ora va bene così.



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pubblicata: Agosto 2018.

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