2. L'ORACOLO E IL PAZZO

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How do you want me,

How do you want me? [...]

I am gonna kill you

I am gonna lay you in the ground

(Desire, Meg Meyers)

Sybil Vain scese dall'auto, prese un respiro profondo e sollevò lo sguardo. Il cielo che faceva contrasto con le vetrate dei palazzi era di uno splendido azzurro. Era brillante, vuoto e infinito come il suo cuore.

Dal suo punto di vista per vivere bene c'era una sola vera distinzione da tenere presente: quella tra la verità e l'illusione del reale. Quest'ultima era quella in cui si svolgeva il film della sua vita, di cui lui era lo spettatore, l'attore principale, il regista e persino il cinema. Ecco perché tutto quello che sembrava accadergli era ciò che aveva chiesto e lui otteneva sempre quello che chiedeva. Non c'era margine di errore, nella danza cosmica ogni cosa era in perfetta sincronia, armonia e sinergia.

Sybil Vain amava il mondo e, proprio per via della consapevolezza che fosse un'illusione, era capace di accettarlo in tutte le sue sfaccettature. Esso e i suoi abitanti erano parte di quello spettacolo che lui poteva permettersi di guardare con estatico distacco. Le persone che incontrava erano delle proiezioni che avevano nei suoi confronti la sola funzione di ricordargli la verità. Niente più che specchi, atti a riflettere la sua immagine in un modo così preciso da mostrare a volte particolari che a lui stesso erano ignoti.

Buona parte di queste rappresentava menti addormentate e inconsapevoli di stare sognando, che arrancavano nel tentativo di combattere una futile battaglia contro la storia personale che si erano scelte e che lui aveva il privilegio di poter conoscere. All'apparenza ricorrevano al suo aiuto per cambiare il proprio futuro ma all'effettivo anelavano alla conoscenza della verità. Perché essendo Sybil Vain una risvegliata manifestazione del Tutto, la sua tendenza naturale era quella di risvegliare ciascuna delle sue parti. Così non gli restava che divertirsi a interpretare se stesso nel più piacevole dei modi e la sua vita si declinava tra il vendere sogni ai sognatori e il renderli consapevoli di stare sognando.

Tuttavia la sua curiosità si era accesa a seguito di un particolare sogno premonitore.

Nel sogno Sybil Vain era in piedi in una spaziosa stanza ben arredata e guardava il panorama di Central Park oltre un'ampia vetrata. L'atmosfera era rilassata e piacevole, ma d'improvviso il suono di uno sparo fendeva l'aria e lui cadeva a terra. A quel punto vedeva il proprio corpo disteso sul pavimento e uno sconosciuto che chino su di esso sembrava disperatamente cercare di rianimarlo.

Sapeva che avrebbe previsto il momento della propria morte, perché la divinazione era il suo particolare talento dopotutto, ciononostante la dinamica inaspettata l'aveva risucchiato in un turbinio d'interrogativi. La sua pacifica routine aveva cominciato a essere turbata da momenti di riflessione involontaria per cui si vedeva costretto a ricorrere a degli stratagemmi di controllo mentale.

Essendo un amante della pace e un sostenitore del motto se non puoi sconfiggerli alleati con loro, Sybil si era deciso a esaminare il sogno e usare le proprie capacità medianiche per venirne a capo. Questo lo aveva portato a vedere con chiarezza lo sconosciuto: era giovane e bello, aveva lineamenti affilati, addolciti da grandi occhi scuri e labbra carnose, capelli mossi di un colore che verteva dal cacao al mogano e un'aura violenta ma in qualche modo pura. Era già di per sé un personaggio interessante e il fatto che nel suo sogno sembrasse sul punto di mettersi a piangere lo rendeva ancor più attraente.

L'Oracolo si ritrovò a esserne in qualche modo turbato e più lo sognava più la curiosità aumentava.

Per questa ragione si mise alla sua ricerca. Senza risultati, finché non incappò in un secondo imprevisto: una visione di re Solomon, che gli rivelava che avrebbe dovuto recuperare una sua reliquia e indossarla per ritrovare il suo legittimo proprietario e, se l'avesse fatto, questo gli avrebbe permesso di incontrare il ragazzo. Così fece e dopo aver recuperato la reliquia, la sua prospettiva sulle cose si ribaltò. Non solo si ritrovò con un obiettivo da realizzare, che lo spingeva ad agire ma scoprì che ci sarebbe stato un momento in cui avrebbe potuto inserirsi nella vita dello sconosciuto, in anticipo, cambiando il proprio futuro. In pratica si ritrovò a valutare l'idea di eliminare il problema alla radice.

Cose Non Soggette Alla GravitàWhere stories live. Discover now