26. La grande Cinthia Stewart.

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«Io e Cinthia ci siamo conosciuti al liceo», Matthew versa del tè caldo nella mia tazza ed io annuisco.
Elettrizzata e curiosa di conoscere la storia che sta per raccontarmi.

Si siede davanti a me e deglutisce, i suoi occhi neri e profondi sono puntati nei miei, «Lei era la ragazza più cazzuta della scuola. Era una cheerleader, ovviamente, mentre io non potevo nemmeno far parte della squadra di Basket a causa del... Sai, il problema al cuore».
Adesso evita di guardarmi e capisco che gli costa molto aprirsi, perciò decido di spostarmi e di prendere posto accanto a lui.

Poggio la mia mano sulla sua e sorrido, «Vai avanti»
«Facevo parte del comitato studentesco, comunque. Ero rappresentante di istituto e usavo il mio titolo per rimorchiare. Il più delle volte funzionava», arriccia le labbra, la sua espressione è malinconica.

Riesco ad immaginare un Matthew più giovane sempre al centro dell'attenzione, a guidare rivolte o assemblee di istituto.

«È stata lei a provarci con me. Sai, l'avevo già notata e quando mi ha rivolto la parola sono rimasto come incantato da lei. Me ne sono innamorato praticamente subito. Era bellissima, intelligente e si batteva sempre per le cause che aveva a cuore. Poi quegli occhi... », sospira e beve un po', «Li hai visti».

E non riesco a dargli torto.
Perché anche io ne sono rimasta incantata quando l'ho vista per la prima volta.

«Abbiamo passato felicemente i primi tre anni della nostra relazione. Non avevo occhi che per lei. Con Cinthia non mi annoiavo mai, Samantha. Mai. Un giorno ha deciso di arruolarsi e avevo una fottuta paura di perderla, ma quando è stata in guerra forse il mio amore è anche cresciuto. L'ammiravo tantissimo. Era una donna forte e coraggiosa»
«È bello quello che dici di lei».

Annuisce lievemente, «Però, sai, la guerra, il dolore e le mancanze ti scavano l'anima e ti cambiano. Cinthia era diversa. Non mi abbracciava come prima, non mi baciava più così spesso ed era sempre piú distante da me».

Mi guarda come per accertarsi che io lo stia ascoltando, quindi annuisco e mordo il mio labbro.
«Sentivo che a poco a poco quello che provavo per lei non era più così forte e litigavamo in continuazione. Avevo deciso di lasciarla»
«E poi cos'è successo?».

Si concede un respiro profondo e guarda un punto a caso nel vuoto, «Poi un giorno mi sono accorto che aveva dei lividi sul collo, come se qualcuno avesse provato a strozzarla».
Quello che dice mi fa venire la pelle d'oca e schiudo le labbra con l'intento di dire qualcosa, ma non ho parole.
Solo una domanda.

«Si faceva del male da sola?»
«No», risponde in fretta, «Almeno non ancora», aggiunge poi a bassa voce.
E sul suo viso leggo tanto dolore.
Troppo.
Per la prima volta in tutta la mia vita vorrei farmi carico della sofferenza altrui.
Vorrei alleggerirti, Matthew.
Lo giuro.

«Cinthia mi tradiva», sorride leggermente, «Aveva una relazione con un soldato mentre la nostra storia era già in crisi»
«Ah»
«E lui era un figlio di puttana», la sua voce esce fuori quasi come un ringhio, «Quando Cinthia ha capito di avere sbagliato e di volermi raccontare la verità, lui ha cominciato a picchiarla e a minacciarla. Io non ne sapevo niente. Ero lontano e non la vedevo, ma quando è tornata da me aveva quei segni sul collo e... E non si faceva nemmeno sfiorare».

Mi sento tesa come una corda di violino e pendo dalle sue labbra.
Lo osservo mentre si passa una mano tra i capelli castani prima di continuare, «Mi ha detto che durante un'esercitazione si era fatta del male. Ed io non mi sono fatto altre domande. Non riesci a vedere le cose quando non vuoi vederle».

I suoi occhi diventano leggermente lucidi, la sua mano trema e noto che anche il liquido all'interno della sua tazza si muove, «Quando è tornata a casa per le vacanze di Natale, esattamente tre anni fa, Cinthia era in perfetta forma. Non aveva nessun graffio, nessun livido. Però nei suoi occhi c'era una luce diversa».

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