7. PARTE SECONDA

19 0 0
                                    

Non mi accaddero più cose particolarmente strane, non con la stessa frequenza di un tempo.

Erano passati tre anni dalla mia prima vicenda assurda a Calà e ne erano passati altri tre dalla scoperta della via per le mie origini misteriose o per la via del mistero. Non ero superstizioso ma speravo che il numero tre, anche questa volta, mi avrebbe portato fortuna. O sfortuna, una svolta, si intenda. Un mattino tornò un raggio di sole, dal mio passato a scaldare una giornata invernale. Io e Alberto saremmo andati a Padova, dopo una breve giornata di scuola, a goderci il clima natalizio che incominciava ad attaccarsi a tutte le vetrate e a tutti i luoghi in cui ci sarebbe stata bene una decorazione. L'effetto, era il tentativo di uno spettacolo forse riuscito anche se io, in qualche led spento e nelle ripetizioni delle solite banali figure, non trovavo niente di interessante e spettacolare. Alberto aveva invitato un'amica delle elementari con cui eravamo usciti ogni tanto già alle medie, tempi ingenui, in cui ancora andavo a caccia di misteri come un bambino andrebbe a caccia di regali sotto all'albero di natale e vicino al camino, sperando di non scartare pacchi vuoti. Sperando di ricevere le sorprese più belle, spensierato, immaturo, illuso.

Anch'io ero molto cresciuto, come Alberto e come mi aspettavo di veder cresciuta lei. I miei occhi non godevano della sua presenza da forse più di un anno, ma non fremevo particolarmente, come Alberto, per quella giornata di incontro. Alberto teneva ancora un fuoco fragile acceso dentro e forse la lontananza della vita di lui, dalla vita di lei, le avrebbe fatto dimenticare quanto inetto, da più piccolo, non fosse stato.

«Le ho proposto di andare a mangiare un kebab!», continuava a chiacchierare, Alberto. Ma questa frase la sentii.

«Che cosa?», mi sedetti su una panchina, al luogo dell'incontro, «Ma ad una ragazza?».

«Eh. Che cosa cambia?».

«Niente cambia! Va...», guardai il cielo bianco e i grattacieli spenti. «... A una ragazza».

«Ma cosa intendi dire?».

«Una tazza di cioccolato! Un... qualcosa di più dolce o delicato o... ma non i kebab così. Non sappiamo neanche se le piacciono».

«Ma non mi ha detto di no».

«E le offrirai la cena, anche».

«Non ho mica i soldi per entrambi, io».

«Ma che è? Non ci volevi provare con lei?».

«Eh ma... non è così strano. Non voglio neanche essere invadente».

«Ci penserò io ai soldi, ne ho abbastanza...».

«Oh, grazie! Se non ci fossi tu».

«Già. Lo penso anch'io».

Una ragazza, coperta da deliziosi abiti bianchi, agitò un braccio da poco lontano.

La guardammo silenziosi e sorridemmo: «Angela!».

IL PIANETA DELL'INGANNO voi non siete soliTahanan ng mga kuwento. Tumuklas ngayon