Shakespeare in the park

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"Non... Non devi sentirti, insomma..." Peter si schiarì la voce. Non riuscì a terminare il concetto, così disse: "Io sono qui per Tracey. Non è che ce l'ho con te... Sì, sono dalla parte di Cameron, ma..."

"Lui come sta?" chiese frettolosamente l'attore.

Peter esitò. Poi, pacato, rispose: "Meglio. Ha... Un nuovo lavoro. Ne è molto contento."

Jason non poté chiedere altro perché Tracey tornò in quel momento, armato di altre extension e bottigliette di lacca e altro. Prima di procedere, schioccò un bacio contento e a fior di labbra a Peter, che anche se era ancora un po' legato da prima arrossì comunque per il gesto. Jason, guardandoli attraverso lo specchio, li trovò carini: era bello vedere la discrezione dell'uno e l'esuberanza dell'altro che si compensavano a vicenda e andavano così d'accordo. Si vedeva lontano un miglio che uscivano insieme da poco; anche lui si era sentito così, all'inizio, quando lui e Cameron avevano cominciato a vedersi. Doveva essere bello provare quelle sensazioni alla luce del sole.

Con Marshall, all'inizio, era stato... Diverso. Il principio della loro relazione non aveva avuto ovviamente nulla di leggero e spontaneo. Si era cementata nella perdita e, Jason pensò, forse era per questo che avevano avuto problemi, che entrambi avevano avvertito l'esigenza di scappare. Di inseguire altrove quella spensieratezza giovanile, che la vita aveva un poco rubato dal loro passato. Almeno, questo era ciò che era capitato a lui: non poteva dire con certezza che per Marshall, quell'Adam Price avesse rappresentato lo stesso.

Doveva ritrovarla. Con lui, Marshall. Se era ancora possibile. Dovevano reimparare a essere emozionati, insieme, come se condividessero il tempo per la prima volta.

Era stato Carter a proporre a Monique di approfittare della bella giornata per sfruttare i loro biglietti per lo spettacolo La dodicesima notte al Valley Park, ma adesso che si avvicinavano si faceva strada in lui una sensazione d'ansia e l'idea che non fosse stata poi una pensata così grandiosa.

Non ci aveva riflettuto prima. Non si era posto il problema se davvero volesse presentare Jason alla donna con cui stava uscendo. Era una parte un po' strana della sua vita attuale, su cui a malapena riusciva a dare spiegazioni a sua sorella Viola. Non era preparato a quella situazione. Che avrebbe commentato Monique? Che, infatti, cominciava a manifestare curiosità e a fare domande.

"Hai detto che conosci qualcuno dello spettacolo" chiese infatti lei, mentre percorrevano la strada in direzione del teatro all'aperto. "Chi è? Che ruolo ha?"

"Ehm... Ora che mi ci fai pensare, ho dimenticato di chiederglielo" ammise a disagio. "Ma non so nulla della trama. Su Shakespeare temo di essere un po' ignorante."

"Quindi è... un attore?" domandò la donna. "Un... Uomo?"

Notò la nota di preoccupazione dissimulata nella sua voce. Monique era sul chi vive. Ma Carter comprese che il problema di lei sarebbe stato scoprire che 'l'amico' era in realtà una donna. Così, in questo caso, bastava essere onesti. "Sì, è un ragazzo."

"Oh... Uno del tuo quartiere?"

"Non esattamente" rispose Carter sulle spine. Si allargò il colletto della maglia.

"Un cliente?" azzardò di nuovo lei, con voce dolce.

"Qu-qualcosa del genere" rispose lui e si accorse troppo tardi di avere mentito. Ma quella era l'unica spiegazione che, pronunciata ad alta voce, poteva avere un senso. Si ritrovò a ricamare sulla sua menzogna senza quasi rendersene conto: "Lui è un attore... Abbastanza famoso. Ha avuto un po' di problemi con la stampa, di recente, così..."

"Oh. Non... Non seguo molto il cinema e la tv" osservò Monique. "Come si chiama?"

"Jason Grant" rispose Carter e sperò ardentemente non sapesse di chi si stava parlando; per quanto servisse.

I rovi della lunaWhere stories live. Discover now