Capitolo 1

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Si portò le mani sopra allo stomaco stringendo il tessuto spesso del suo maglione a righe, il cotone intrecciato le dava una bella senzazione sotto i polpastrelli. Si guardó le mani, lo smalto era raschiato e il nero stava andando via lentamente lasciando le sue unghie di un colore pallido.

Alzó lo sguardo verso la porta bianca, poteva intravedere dal vetro opaco un uomo che parlava tranquillamente a voce alta. Si avvicinò alla maniglia d'ottone della porta ma subito ritrasse la mano, chiuse gli occhi mentre la voce dell'uomo si fece più bassa facendo da sottofondo.

Lo stomaco le pulsava e se si sfiorava in quel preciso punto poteva sentire il grumolo di sangue accumulato. Blu poi verde, giallo e marroncino.

I colori del suo corpo, gli unici che riusciva a vedere.

Aprì la porta e con lo sguardo basso andó verso il suo banco, il professore smise di spiegare e solo guardandolo a sottecchi la ragazza lo riconobbe come il Professor Hunt, scienze.

-Signorina Evans, di nuovo in ritardo?-

La rossa scosse la testa biasciando un leggero: -Mi scusi.- prima di sedersi al suo banco.

Una scritta artistica ricopriva l'angolo di esso, "Sfigata", lesse in mente. Era abituata a tutto quello. Gli insulti, le botte, i maltrattamenti.

Alzò lo sguardo di poco e, quando il professor Hunt si girò componendo formule alla lavagna, uno sguardo la trafisse dall'altra parte della classe.

Quegli occhi bruciavano piú di un suo pugno.

Sentì il suo stomaco attorcigliarsi, come se volesse uscire e andarsene via da quell'aula. La guardavano e lei semplicemente abbassó la testa.

Si alzò di scatto quando la campanella le trilló nel timpano. Stringeva gli occhi mentre oltrepassava la porta, sperava, pregava di non essere vista ma, nessuno l'ascoltava.

Sobbalzò quando la presa sul suo braccio si fece più forte, un gemito strozzato sgusció fuori dalle sue labbra screpolate quando la sua schiena si scontró violentemente con il ferro degli armadietti.

Sentiva le sue mani su tutto il petto, sulla vita, sul ventre. Si portó una mano davanti alla bocca e stuzzicò con i denti l'unghia rovinata dell'anulare, il ragazzo le prese il polso allontanandola dalle labbra.

-Non mangiarti le unghie.-

Ordinò. Quella voce era così roca.

-Lexi, mi hai ascoltato?-

Chiese lui leggermente alterato.

Lei annuì aprendo gli occhi, la pelle ambrata del ragazzo era illuminata dai neon pallidi del corridoio. In tutte le scuole dell'Ohio erano così.

-Lexi.-

Lei si accigliò, non la chiamava mai con il suo nome. Qualcosa non andava e lei lo sapeva, aveva passato così tanto con lui che adesso riconosceva le situazioni di pericolo. Infatti quando lui le disse: -Oggi vieni a casa mia, voglio fare qualcosa di diverso.-

Lei si diede ragione.

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-Sfigata.-

Lexi si abbassó per raccogliere i libri che le erano appena stati strappati dalle mani. Non guardó neanche indietro per vedere chi l'avesse ferita.

Si rialzó subito tenendo stretti al petto i pochi libri che teneva tra le dita fragili. Camminò a lungo fino ad arrivare a casa Hood, nei quartieri periferici di Toledo tutti sapevano chi era il figlio malevole di quella famiglia.

Tutti sapevano com'era Calum, e tutti gli stavano lontano. E Lexi si chiedeva perchè fosse toccata a lei questa punizione. Perchè? Si ricordava ancora quando l'aveva visto la prima volta. Faceva prima superiore e lui la fissava dall'altra sponda degli armadietti, lo vide voltarsi verso il suo amico e sussurrargli un leggero:

-Lei.-

Scosse la testa, faceva di tutto per non ricordare, per non ricordare come la sua vita fosse finita.

Si sistemó gli occhiali neri sul naso prima di alzare lo sguardo verso la grande villa bianca. Era la prima volta che la vedeva da così vicino, non ci era mai entrata.

Trattenne il respiro e bussò alla massiccia porta di legno. Sentì la serratura scattare e la maniglia abbassarsi.

Davanti si ritrovò una bambina, arrivava appena alla maniglia verniciata d'oro. La vide corrugare la piccola fronte.

-E tu chi sei?-

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