-Capitolo 5-

19 2 1
                                    

<<Concentrati. Controlla il respiro e mira come se tu fossi un falco in cielo>>.
La limpida acqua scrosciava beatamente dalla cascata a scala mentre alcuni corvi se ne stavano pigramente appollaiati sui lunghi rami ricoperti di foglie cremisi - un rosso così intenso e brillante da far soffermare chiunque a contemplarne la bellezza.
Mi ero domandato tempo addietro sulla singolare presenza dei corvi in un posto del tutto esclusivo solo per creature leggendarie. A dare pace al mio dubbio ci avevano pensato Komaru e Rinosuke, che a gara mi avevano spiegato il motivo: il corvo da sempre era una creatura che vive e vola frapponendosi tra il mondo dei mortali ed il mondo delle creature spettrali, come se perseguisse la sua misteriosa meta seguendo il confine che separa la luce dalle ombre. Di conseguenza non era strano che si intrufolassero ogni tanto pure in quel castello incantato. Stimolavano un po' di invidia.
<<Attenzione, ragazzo.>>, mi ammonì Naga. <<Devi immaginare di poter afferrare il bersaglio in qualsiasi momento, ma abbatterlo solo quando è il momento di farlo. Lento significa preciso, preciso significa veloce. Ma alla fine è il tuo spirito a scegliere e non c'è Buddha o dio che possa impedirtelo>>.
Quel giorno il mentore mi stava facendo provare il suo tanegashima, cioè l'archibugio che veniva usato nel suo periodo.
<<Combattere significa vivere il presente, mentre vivere il presente significa conquistarsi il futuro>>, mi aveva detto Naga poco prima. <<Se ti lasci guidare dalla furia del combattimento, perdi di vista l'obiettivo e ti distacchi dal presente. Tuttavia l'illustre sottoscritto ha un'idea>>, aveva aggiunto prima di proporre di insegnarmi a sparare. Quello strumento era davvero arcaico e dovevo colpire un corvo in cima alla cascata. Qualche mese fa avrei avuto un minimo di remore ad uccidere un animale solo per esercitarmi, ma ormai avevo cambiato mentalità: era solo un animale ed io dovevo migliorare per sopravvivere. Il mio mentore lanciò quindi un sassolino all'uccello con il solo movimento del pollice.
Sembrava più una questione di fortuna nella sfortuna il mio sopravvivere finora, perciò pensai al pericolo che vivevo costantemente tutti i giorni, proprio nel presente di cui parlava il mio collega; cominciavo a capire che la mia spada non serviva a recidere la vita, ma piuttosto ad afferrarla. Forse aveva un senso il meccanismo di assorbire le ceneri degli sconfitti; sembrava quasi ci fosse un senso a tutto lì.
Sentivo il corvo nel palmo della mia mano; dovevo solo afferrarlo. Sparai.
Il mio amico mi diede una pacca su una spalla. <<Vedo che stai entrando nel giusto ordine di idee>>.
Dopo un'ulteriore chiacchierata sul Giappone moderno e la vita che mi ero lasciato involontariamente alle spalle, tornai a casa.
<<Ben tornato Ren, stavolta sei secondo>>. Ad accogliermi c'era solo Yukimura. Dopo che i  Nue ci erano sfuggiti qualche settimana prima, Masamune si era fissato sul suo presentimento. <<Il pericolo va eliminato alla radice e questa storia non mi convince>>, aveva detto per poi mettersi a fare le sue ricerche con ferrea determinazione.
<<Ormai sono quasi cinque mesi che siamo qui>>, cominciò a dire Nobushige. <<La mia tecnica sta migliorando sempre di più>>, aggiunse tutto contento. In queste occasioni si notavano i suoi sorrisi veramente genuini.
Alzai un angolo della bocca, mentre pensavo a quanto fosse tipico di lui.
<<Ancora faccio fatica ad accettare questa stranezza per cui, a parte i muscoli, il corpo sembra sia diventato immutevole>>. Infatti da quando eravamo lì barba, capelli e unghie avevano cessato di crescere. Più che una disfunzione o una alterazione, sembrava proprio che si fosse fermato il tempo del nostro corpo.
<<A parte i tuoi capelli>>, specificò inoltre.
In effetti i miei capelli continuavano a crescere, e sempre più spesso ne trovavo di grigi; l'unico motivo che mi poteva venire in mente era la mia dieta.
<<Comunque meglio così: più tempo per combattere; se ci fossero delle belle fanciulle, pure meglio>>. Il mio amico mi fece l'occhiolino ed io non riuscii a trattenermi dal ridacchiare.
<<Comprendo>>.
<<Comunque peccato che il tuo amico non si sia unito a noi. Un guerriero in più farebbe comodo>>.
<<Sì, ha detto che ha le sue guerre a cui pensare, ma ci ha augurato fortuna in battaglia>>.
<<Davvero un peccato. Sai, ora che mi ci fai pensare,  in realtà io ho un sogno particolare...>>.
Pensai che stesse per dire di volere una bellissima ragazza guerriera come moglie.
<<Beh... una cosa davvero insolita, ma non mi dispiacerebbe>>, ammise. <<Comunque il mio sogno consiste nel radunare guerrieri formidabili e valorosi, tanti quanto le dita delle mie mani, e quindi guidarli in imprese eroiche, degne di rimanere nella storia>>.
<<Davvero notevole>>, ammisi. <<Invece la mia priorità per ora consiste nel tornare a casa, mentre dopo pensavo di volere semplicemente laurearmi dopo il liceo e trovarmi un lavoro apprezzabile che possa permettermi di guadagnare quello che serve per vivere con dignità>>. Avevo già precedentemente raccontato del sistema scolastico moderno ai miei compagni.
L'altro fece un sorriso forzato, quindi lanciò uno sguardo intenso alla sua arma.
<<La nostra permanenza su questa terra è davvero effimera quanto un sogno>>, fece con un tono da fratello maggiore premuroso. <<Quindi non penso sia un male desiderare di far brillare le fiamme del nostro spirito in mezzo a questa tempesta che è la vita>>. Rimasi un attimo a contemplare quella frase.
<<Sono davvero delle belle parole>>. In fondo pensavo di capire quel che mi voleva dire, anche se mi sembravano per un certo verso lontane dal mio mondo. <<Le terrò a mente>>.
<<Ne sono lieto, amico mio>>.
Qui la porta si spalancò d'impatto; non era il solito movimento meccanico e lento. Qualcuno aveva proprio afferrato le due ante e poi spinte con impeto giovanile.
<<Eccomi amici!>>, annunciò con vigore il dokuganryu. <<Ho ottime notizie: si va in guerra>>.
Sanada esultò alla notizia, mentre io non potei fare a meno di trasalire soffocando le mie emozioni. Una cosa che avevo già preventivato, pensai accettando il mio destino. Mio nonno mi aveva raccontato che in passato le notizie di entrata in guerra della propria nazione venivano accolte con gioioso fervore dalla popolazione. Ci sarà stata pure una mentalità diversa e relativamente meno codardi in generale, ma ciò non cambiava che eravamo solo in tre. Tre contro un esercito.
<<Ma tre mostruosamente forti!>>, esclamò Yukimura con orgoglio. Più che mostruosamente forti, stavamo lentamente diventando dei veri e propri mostri.
<<Ben detto, demone cremisi dei Sanada!>>.
<<Allora, Drago dall'occhio unico? Quando si parte?>>.
Mi aspettavo già la risposta e sicuramente Nobushige voleva giusto farselo dire a voce alta anche.
<<Subito ovviamente>>, dichiarò Date a braccia conserte. <<Finalmente ho scoperto dove si trova questo Re Demoniaco>>.
<<Davvero?>>. Il lanciere era incredulo ed emozionato al tempo stesso.
<<Cioè?>>, domandai col fiato sospeso.
<<Questo tizio ha un castello tutto suo!>>, spiegò il dokuganryu. <<Si è trovato una residenza niente male il tipo>>.
<<Ma siamo sicuri che abbia quello che cerchiamo?>>.
<<L'interferenza che ho sperimentato col mio occhio è un buon segnale>>. Masamune traboccava sicurezza. <<Abbi fiducia in me, Ren, oltre che nella tua spada ovviamente>>.
Mi avevano raccontato i miei due amici, che le loro abilità speciali funzionavano male relativamente ai tesori sacri: uno non poteva leggere chiaramente i pensieri riguardanti quegli oggetti, mentre l'altro non riusciva a vederli bene. Delle capacità così grandiose, che si rivelavano quasi inutili con ciò che più di tutto agognavamo; era quasi ironico.
<<Giusto per curiosità. Quanti soldati nemici?>>. Non sapere certi numeri poteva rivelarsi una preoccupazione in meno, ma i miei colleghi mi avevano spesso raccomandato sull'importanza delle informazioni in battaglia.
<<Un centinaio attivi, mentre almeno trecento in dei recinti>>.
<<Probabilmente li dovranno ancora preparare per poter essere comandati come quelli che abbiamo già affrontato>>. La supposizione di Sanada era condivisa da noi altri.
<<Un centotrenta circa a testa?>>, domandai a battuta.
<<Sarebbe epico, ma...>>, stavolta Nobushige non fece in tempo a finire la frase.
<<... Ovviamente ho un piano>>, continuò Date gagliardo.
<<Passiamo prima dai tanuki e dai kitsune>>.
Detto ciò, apparve una porta scorrevole con diverse foglie di vario colore disegnate sopra.
Komaru e Rinosuke si posero davanti a noi sospirando.
<<I preparativi sono pronti, padron Date>>.
<<Anche per quanto riguarda il mio clan, ma è meglio sbrigarci>>.
<<Ottimo>>. Il volto del drago dall'occhio solo mutò mostrando un sorriso da predatore - un predatore che aveva atteso pazientemente il momento giusto per attaccare, con la preda ignara davanti. <<Andiamo allora>>.
Attraversando il passaggio mistico ci ritrovammo in una vasta valle ricoperta di erba. Gli unici elementi di nota erano due statue gigantesche che sembravano le copie dei due vassalli dei miei colleghi. Queste stavano esattamente sopra un largo cerchio fatto di foglie dorate; proprio ai poli opposti. Le statue saranno state alte almeno cinque metri, mentre l'area era ampia quanto un campo da calcio di uno stadio.
<<Ben arrivati, guerrieri del mondo di fuori>>. Ad accoglierci con quelle parole dette in sincrono furono due creature che a vederle da lontano sembravano degli orsi. All'unisono avevano parlato un grosso tanuki ed un grosso kitsune. Separati in due sottogruppi, intorno a loro vi erano cinque dozzine di loro simili, alti però mezzo metro circa; tutti vestiti da guerrieri ninja.
Interrogai i nostri due piccoli accompagnatori e venni a sapere che i due bestioni erano ognuno il capo clan della rispettiva tribù.
<<E sono pure i nostri genitori>>, aggiunsero entrambi abbassando ancora di più la voce, quasi non volessero farsi notare dai loro padri.
Dopo i dovuti saluti e dopo che venni presentato io, visto che i miei amici avevano avuto a che fare con loro subito nella loro prima settimana di permanenza in quel luogo.
<<Nobile Masamune, ho portato con me i miei pupilli più validi>>. Il vecchio procione di due metri mosse ad arco una zampa superiore per indicare trenta dei presenti. <<Di sicuro sapranno farsi valere di più di certi elementi dalla dubbia capacità>>. Sotto al folto pelo grigio riuscii a notare un ghigno nemmeno troppo celato.
<<Nobile Yukimura, data la vostra saggia forza saprete sicuramente che è il triste limite dei meno abili il non poter valutare la forza dei guerrieri più capaci>>. La vecchia volpe d'altro canto lanciò un chiaro sguardo di sufficienza, lisciandosi intanto i suoi baffi ben curati. <<Tuttavia potete rassicurarvi, data la presenza di almeno trenta dei miei valorosi guerrieri>>. I due leader non persero l'occasione per guardarsi in cagnesco, tanto che probabilmente io non fui l'unico a ripensare ai soliti teatrini comici dei due vassalli animali.
<<A te l'onore, drago>>. Nobushige affidò il compito di guidare l'assalto al collega, mentre io mi limitai ad annuire. Entrambi sapevamo delle capacità strategiche del Dokuganryu; probabilmente avrebbe inventato qualcosa nonostante le nostre poche risorse e le poche informazioni a nostra disposizione; avevamo fiducia in lui. Anche se Yukimura sapeva già il piano.
Il guerriero dei Date chiuse il suo occhio, fece un respiro profondo, e tuonò: <<A me le orecchie, guerrieri dell'illusione! Diverse lune sono passate da quando le vostre zanne hanno incrociato il nostro acciaio, e diverse ombre si sono poste sulle nostre strade da allora. Gioite che abbiamo scovato la tana del nostro nemico comune, il re demone. Mettetevi al nostro servizio e noi vi guideremo alla vittoria!".
Un boato di onomatopee riecheggiò in risposta quasi a far sembrare un regale ruggito il discorso di Masamune. A quel punto mi resi conto che un esercito come quello che si stava preparando oltre quelle mura serviva a fare una guerra- una guerra contro i residenti di questo misterioso labirinto: gli yokai. Questi erano due clan nobili e non delle piccole tribù qualsiasi, quindi percepivano la minaccia come un ostacolo da abbattere e non uno stimolo alla fuga. Nobushige mi lanciò uno sguardo divertito ed annuì compiaciuto. Sinceramente non fui in grado di interpretare con sicurezza la cosa, ma ero anche preso da dubbi più urgenti in quel frangente.
<<Masamune, so che sei un abile stratega ma come pensi che riusciremo a conquistare una fortezza in cosi pochi?>>.
La mia domanda scatenò ilarità nel giovane guerriero.
<<Assaltare un forte senza una enorme superiorità numerica,  senza dei soldati diligenti, e senza i mezzi adatti sarebbe fuori da qualsiasi logica comune...>>, quindi mi indicò con un ampio movimento del braccio destro tutti i presenti, <<Cosa vedi di logico e comune qui?>>.
Sbuffai. In effetti anche combattere contro samurai non morti e demoni vari era già qualcosa di assurdo.
<<Affrontiamo la follia brandendo noi stessi la follia come arma>>, dissi quasi a me stesso.
<<Ben detto, compare, vedo che cominci ad entrare nel giusto ordine di idee>>. Era la seconda volta che me lo sentivo dire quel giorno.
<<Nel bene o nel male, se viviamo e combattiamo con coraggio e col cuore nobile, tutto il resto diventerà secondario, perché solo così la nostra vita acquisterà il valore ultimo>>.
Queste parole di Yukimura mi colpirono anche senza essere sicuro di averle comprese, ma sapevo in fondo di potermi fidare. Era quasi imbarazzante vedere dei coetanei a malapena maggiorenni così saggi e così in gamba, ma è anche vero che in passato le persone dovevano maturare velocemente.
I due capi clan si avvicinarono aguzzando le orecchie ed il drago dall'occhio solo ci illustrò il piano d'attacco.
I miei occhi si spalancarono completamente, tanto da non mostrare per un attimo la parziale influenza del mio sangue nipponico sui miei caratteri somatici. Il piano era semplice ma pratico - elementi che spesso vanno a braccetto. Avremmo sfruttato a nostro vantaggio la stessa situazione assurda in cui ci trovavamo. Come un prestigiatore che spiega all'allievo, il giovane stratega del clan Date ci incoraggiò a prepararci per la semplice ma inaspettata strategia; quindi il nostro comandante si posizionò davanti all'intero gruppo e tese un braccio in avanti con aria solenne: una lunga fila di porte scorrevoli, alte almeno tre metri, apparve come d'incanto. Queste erano dipinte con una raffigurazione di una cruenta battaglia immersa nelle fiamme; sembrava quasi un avvertimento rivolto a noi.
<<Bene. Avanti, guerrieri!>>
Incitati varcammo il magico portale che si era aperto a noi e ci ritrovammo in una largo campo trafitto da molti pali sparsi. Davanti a noi si ergeva un castello argentato di almeno sei piani, proprio sul fianco di una collina; un paio ci cinte murarie di tre metri erano poste a recinzione delimitando un'area interna al piano terra  ed una esterna che andava a formare un largo corridoio esterno.
Al cenno del Dokuganryu i tanuki ed i kitsune si tramutarono in kagemusha, andando a formare due plotoni.
Nonostante tutto, nonostante tutte le esperienze passate mi fremeva la mano con cui impugnavo la mia katana.
<<Pensi di avere paura?>>, Nobushige mi aveva quasi sorpreso avvicinandosi improvvisamente di soppiatto.
<<Non lo so>>.
<<E' normale. E' normale anche essere eccitati. Affidati alla tua arma ed al tuo cuore, poi come deve andare, andrà>>
<<La fai facile>>.
<<E' semplice, ma non facile. Ed è giusto che sia così>>, finì dandomi una pacca sulla schiena. Non saprei spiegarmelo, ma il gesto mi rassicurò.
<<Siete pronti?>>, ci chiese conferma il nostro leader.
<<Certo che sì>>
Io feci un lungo respiro prima di rispondere, <<Sono nato pronto>>.
<<Andiamo!>>.
Con Masamune in testa, noi tre cominciammo a correre verso il muro accanto al cancello principale; stringendo i denti ci buttammo con le armi protese. Appena le lame si conficcarono sull'obiettivo, fiamme, fulmini ed aura venefica esplosero incanalandosi nelle crepe formatesi. Le pietre si frantumarono e vennero sbalzate via dall'impeto e dall'artificio arcano
<<Arrivano!>>
<<Giù!>>
Io e Masamune ci chinammo e Yukimura mulinò la sua lancia intercettando a tutto tondo dei kagemusha nemici che si erano slanciati verso di noi, che finirono a terra in pezzi. Quindi ci fiondammo contro il secondo muro difensivo e di nuovo, attaccando all'unisono, ci creammo un varco.
<<Attaccare>>, <<Intrusi>>, <<difendere>>, a parole singole i nemici reagivano, tanto da sembrare più umani dei soliti non morti taciturni - tutto in modo relativo però.
Il guerriero dalle doppie spade cominciò a squartare con grazia tutti quelli che gli si paravano davanti e lo stesso feci io. Nobushige combatteva con furia dirompente e movenze piuttosto teatrali, tanto da farmi ricordare scene di una rappresentazione Kabuki che avevo avuto la fortuna di vedere al famoso teatro di Ginza qualche anno prima.
Un tuono. Una fragorosa ed agghiacciante risata percosse il cielo, fino a raggiungere il mio animo. Una densa nube nera giunse dall'alto del castello e si fermò oltre ad un portone di un edificio esterno alla struttura principale.
Ci aspettavamo un nue; si era già sperimentata questa situazione. Invece dalla porta accorsero altri soldati ombra.
Digrignai i denti. Anche se potenziati e più abili tecnicamente grazie all'essenza demoniaca, potevo lo stesso gestire questi kagemusha modificati; tuttavia il numero poteva risultare problematico, considerando anche il relativo recupero di stamina assorbendo le ceneri dei caduti.
<<Schiena contro schiena!>>
Io e Nobushige seguimmo l'ordine. Eravamo circondati.
Altri soldati ombra arrivarono alle spalle di quelli che già stavamo combattendo; circa una sessantina. Questi attaccarono i primi da dietro uccidendone diversi.
<<Ora!>>, tuonò il Dokuganryu, ed i nuovi arrivati si trasformarono, a tre a tre, in nostre esatte copie. Quindi si sparpagliarono mettendosi ad alternare attacchi e fughe, sfruttando ogni tanto le loro arti illusorie.
<<Sta funzionando bene>>, ci rassicurò Yukimura.
Masamune sbuffò. <<Renderli anche più intelligenti, questi kagemusha, li avrà resi certamente più abili singolarmente, ma ha restituito loro anche alcune debolezze umane>>.
In pratica avevamo messo in attesa i nostri alleati trasformati e nascosti, per prendere di sorpresa i nostri nemici e fare infiltrare con successo tutte le nostre forze dentro il suolo da conquistare, riducendo lo svantaggio iniziale da assaltatori. Proprio perché i guerrieri ombra avevano riacquisito un po' di umanità, l'effetto di questa strategia era risultata così efficace ed avevamo sfruttato a pieno le nostre capacità disumane ed i poteri misteriosi dei due clan; non potei risparmiarmi dal sorridere.
<<Avanziamo allora>>. Il nostro leader ci guidò seguendo il suo occhio mistico. Dietro di noi avevamo Komaru e Rinosuke che stavano usando le loro arti per renderci invisibili; il nostro compito era un altro: il metodo più veloce per finire una battaglia è sopprimere il comandante nemico.
Ai piani più bassi del palazzo principale non vedemmo nessuno, ma a metà strada trovammo una dozzina di kagemusha ed un robusto guerriero alto almeno due metri; Stringeva tra le mani una possente ascia da guerra fatta di un materiale cristallino scuro.
<<Ben arrivati, nobili samurai>>, ci accolse l'energumeno che ci aveva scoperti nonostante le arti illusorie, quindi si tolse l'elmo: rimasi stupito perché, considerando anche il giapponese fluente del tipo, aveva caratteri somatici propri di un africano sub-sahariano.
<<Il mio nome è Yasuke e sono lo scudo del mio signore>>, fece una piccola pausa, <<... non sono potuto diventare un samurai formale, ma lo sono nel cuore>>.
<<Lo so>>, dichiarò Nobushige. Al ché l'altro allentò per un secondo la sua stoica espressione; forse intravidi pure un mezzo sorriso.
<<Sono conosciuto come il guerriero d'ossidiana; fatevi avanti!>>.
Sanada fece un passo avanti. <<Sono conosciuto come il Demone Cremisi della Guerra, Sanada Yukimura; procediamo!>>. I due si scontrarono mulinando le armi e schivando in contemporanea, quindi Yasuke  balzò con l'arma sollevata sopra la testa; Yukimura non indietreggiò ma scattò fiocinando il petto dell'avversario con la lancia. L'ascia cadde a terra decretando il vincitore.
Eravamo rimasti tutti ad osservare per quei pochi secondi; forse ero riuscito a scorgere qualcosa del loro spirito guerriero. Yukimura si era pure limitato a non usare i suoi poteri sovrannaturali. Gli altri kagemusha si avvicinarono, ma ce ne occupammo io e Date.
Continuammo a salire. Il guerriero d'ossidiana non si era dissolto, ma lo lasciammo comunque lì con la sua ferita. Al penultimo piano trovammo finalmente un altro guerriero: aveva lunghi capelli raccolti in una coda di cavallo ed un viso leggermente androgino; se ne stava seduto per terra con la katana posata sul suolo al suo fianco, ben vestito con una armatura leggera, e con un haori senza maniche di stoffa viola sopra la corazza. Era di profilo rispetto a noi, come forma di rispetto verso il suo signore, che si trovava centralmente in fondo alla sala, proprio dietro ad una tenda di bambù.
<<Siamo venuti per prenderci la testa del re demone>>, annunciò il Dokuganryu.
Il giovane samurai dalla pelle pallida si alzò con calma, estrasse la propria arma lasciando il fodero a terra e si mise in guardia.
<<Sono Mori Ranmaru, umile lama del mio signore. Preparatevi a morire>>.
Date sbuffò. <<Sono Date Masamune, il drago dall'occhio solo. Suppongo che quindi non ti servirà più il fodero>>.
<<Cosa?!>>, il giovane spadaccino si avventò verso il mio amico, ma questi scattò come una saetta e, bloccando con una lama l'arma avversaria, sciabolò l'altra katana contro il petto nemico con un taglio diagonale. Ranmaru si accasciò a terra e cominciò ad avere delle leggere convulsioni: l'elettricità mistica era stata rilasciata col colpo.
Di nuovo la risata folle, ma stavolta veniva da davanti noi.
Uno scoppio secco e qualcosa attraversò la tendina andando dritto contro Date. Lui provò inizialmente a schivare poi riuscì a parare l'attacco con le sue armi incrociate, ma, nonostante la piccola massa, venne sbalzato via: si trattava di un piccolo proiettile nero avvolto in una fiammeggiante energia spirituale.
Era qualcosa che avevo già visto.
Il bambù prese fuoco fino a consumarsi velocemente del tutto; il re demoniaco si mostrò a noi alzandosi in piedi.
Egli era un uomo di mezza età, con una corta barba poco curata ed i lunghi capelli neri raccolti in una coda alta; aveva un vecchio kimono verde scuro ricoperto da un'armatura nera come la pece, tranne per alcuni punti con decorazioni a squame di serpente argentate; sulle spalle aveva un mantello di pelliccia con un pelo di un vinaccia molto scuro, che era ricoperto di furiose fiamme oscure. Gli occhi grigi che conoscevo ed in cui ero solito scorgere una spensierata vivacità erano ardenti di ferale follia.
<<Naga...>>.
<<Vi stavo aspettando, sicari della Dea.>>, i nostri sguardi si agganciarono, <<Soprattutto te, ragazzo>>.
Qualcosa dentro di me si incrinò.

I Guerrieri PerdutiWhere stories live. Discover now