-Capitolo 2-

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Il cinguettio dei passerotti si perdeva nella tiepida aria, mentre una canna di bambù batteva sonoramente sulla roccia ad intervalli regolari. Era una fontana classica nipponica ed intorno ad essa vi erano tanti piccoli sassolini bianchi, bonsai vari ed una lanterna in pietra.
Mi trovavo in  una stanza, con le porte scorrevoli aperte, che davano su questo giardino circondato da un muro di legno alto tre metri circa. Ciò che però rapì il mio sguardo furono due grossi animali con addosso dei kimono grigi e seduti a terra su dei cuscinetti. Proprio come degli esseri umani, anche se alti un metro circa. Erano un kitsune, cioè volpe, ed un tanuki, cioè il cane procione orientale. Stavano a bere da delle tazze, ciò che a prima vista sembrava essere tè verde.
<<Komaru, Rinosuke, siamo tornati ed abbiamo un ospite>>, annunciò Yukimura.
I due esseri si voltarono a vedere i nuovi arrivati, sorseggiarono un altro po' le loro bevande ad occhi socchiusi e poi sospirarono di cuore.
<<Padron Sanada, bentornato>>, lo accolse infine la volpe Komaru.
<< Immagino quindi di dover preparare un altro posto a tavola, padron Date>>, fece invece Rinosuke.
<<Immagini bene, Tanuki>>, disse Masamune alzando un angolo della bocca e rinfoderando le due spade.
<<Ma cosa sono?>>, domandai per conferma.
<<Io sono il grande maestro delle illusioni, Komaru il kitsune!>>, esclamò euforico uno.
<<Ed io invece sono il grande maestro delle illusioni, Rinosuke il tanuki!>>, gridò a petto gonfio l'altro.
<<Ehi ma cosa... sono io quello! Bugiardo!>>, fecero all'unisono per poi mettersi a litigare e graffiarsi in modo comico. A guardarli meglio, i loro kimono identici differivano per un nove scritto come ideogramma sulla schiena del primo ed un drago orientale sulla schiena del secondo.
<<Su su basta, beviamo del buon sakè tutti insieme e riappacificatevi>>,  invitò loro il guerriero dalla armatura cremisi.
Rimasi senza parole ed incapace di muovermi ad assistere a questa scena tanto fuori dagli schemi a cui ero abituato.
<<Dai, siediti pure>>, mi invitò quello dalla armatura blu.
Quindi ci sedemmo intorno al tavolino e diverse pietanze apparirono in una nuvola di fumo. Me ne resi conto solo allora, ma stavo morendo di fame.
<<Non fare complimenti. Mangia pure>>, mi incitò Yukimura con l'occhiolino.
<<Non si fa la guerra a stomaco vuoto>>, aggiunse l'altro umano sorridendo ad occhi chiusi.
<<Allora buon appetito!>>, e mi buttai sul cibo mantenendo un minimo di compostezza. Mi versarono del sakè in un piattino e bevvi di gusto, dato l'ottimo sapore.
Guardai meglio i due umani. I loro nomi erano gli stessi di due personaggi storici del periodo Sengoku Giapponese ed avevano usato la parola daimyo, che indica i signori feudali e capi clan del passato. Strano, ma tutta la situazione in cui mi trovavo era strana.
Finalmente notai un dettaglio che mi era sfuggito. Mentre Nobushige si toglieva il coprifronte e l'armatura, mi accorsi che aveva delle orecchie a punta. Mi bloccai. Lui, anche se era di spalle, sembrò accorgersene.
<<Tranquillo sono nato umano>>, mi rassicurò questi ridendo. <<Questo è solo il segno che ho ricevuto qui insieme ad un dono>>, spiegò sibillino. <<Comunque capirai a breve>>.
<<Ah, capisco>>, risposi. Non era ovviamente vero. Quindi scrutai il Dokuganryu. Questi sembrava aspettarsi la mia reazione, tanto che indicò con un pollice la benda sull'occhio.
<<Ti stavi chiedendo di questa, vero?>>, mi anticipò.
<<Effettivamente sì>>, ammisi.
<<Mi è successa la stessa cosa, anche se la benda ce l'avevo di già>>, disse girando lo sguardo in alto  a destra, come se stesse ricordando qualcosa.
Mi sembrò scortese inquisire oltre, ma lui bevve un lungo sorso di sakè e continuò.
<<Quando ero un fanciullo il vaiolo mi privò di quest'occhio e, quando un vecchio membro del mio clan ha sottolineato che un qualsiasi nemico avrebbe potuto afferrarmelo durante un combattimento, me lo strappai immediatamente per risolvere la questione alla radice>>, raccontò.
Rimasi stupefatto. Qualcosa di inimmaginabile ai giorni nostri, pensai. Aspettai che i due finissero di togliersi le armature ed appena mi raggiunsero al tavolo con i loro kimono, bianco per Yukimura e nero per Masamune, cominciai a fare le domande che mi tenevo dentro da un po'.
Da quello che scoprii, i due erano effettivamente i personaggi storici che mi erano venuti in mente ed entrambi erano finiti per caso nel gigantesco tempio dorato apparso dal nulla.
<<Il destino si fa davvero beffe di me>>, ringhiò digrignando i denti Date. <<Compiendo i diciotto anni, quest'anno avrei preso il posto di mio padre come Daimyo del Clan... ed invece mi ritrovo in questo posto maledetto>>.
<<Pure io dovrei raggiungere i diciotto anni a breve, comunque  devo assolutamente fare ritorno dal mio clan e da mio padre>>, esclamò Sanada con emozione e rammarico nella voce.
Deve proprio essere molto legato al suo clan, pensai.
<<Mille battaglie aspettano ancora la mia lancia!>>, aggiunse passionale.
<<In effetti avevo sentito del tuo soprannome come Demone cremisi della Guerra>>, fece il Dokuganryu. <<Ma come tu vieni definito l'eroe che può apparire solo una volta ogni cento anni, io sono lo stratega che può apparire una volta ogni cento anni>>, dichiarò gagliardo.
<<Dovessimo affrontarci in futuro, sarà un combattimento epico!>>, dichiarò l'altro.
<<Puoi dirlo forte>>, ribatté Date.
<<Mi rendo conto di essere al cospetto di grandi guerrieri, quindi avrete capito più di me cosa stia accadendo qui>>, mi intromisi stimolando il loro orgoglio.
Mi raccontarono di trovarsi lì da almeno una settimana. Erano finiti col combattere contro i guerrieri vestiti di nero, che avevano poi cominciato a chiamare kagemusha, nel senso di guerrieri fatti di ombra, dato il modo in cui spariscono alla loro morte. Avevano notato che il fumo che assorbivano dopo averli sconfitti rendeva più forti e donava vigore. Inoltre entrambi avevano avuto come loro primo avversario un nemico dall'armatura grigia e, essendo in abiti formali, ne avevano preso l'armatura.
<<Scusatemi>>, li fermai. <<Ma le vostre armature non sono grigie ora>>.
Sembrava che queste armature e le armi ricevute, crescessero insieme ai loro possessori. Già in una settimana avevano notato le differenze a forza di sconfiggere nemici.
Mi voltai a vedere Komaru e Rinosuke che cantavano ubriachi ed abbracciati.
<<Fate un po' di silenzio, voi due!>>, li ammonì Masamune.
Yukimura fece un sorriso di circostanza e poi mi disse, <<Loro invece sono diventati nostri vassalli in questo posto>>.
<<Vassalli?>>, chiesi conferma.
<<Abbiamo ottenuto una informazione legata alla soluzione di questo nostro dilemma e dovevamo ritirare un artefatto particolare>>, continuò l'altro. Prese una vecchia ciotola di pietra dal centro del tavolo e questa cominciò a risplendere di aurei bagliori. <<La sacra ciotola del Buddha>>.
<<L'abbiamo trovata in un'area di questo labirinto dove si stava svolgendo una guerra tra kitsune e tanuki per il suo possesso>>, si intromise Date. <<Abbiamo risolto la questione impossessandocene ed in più abbiamo ottenuto loro due come vassalli>>.
<<Abbiamo donato loro i nostri tesori, i kimono magici che indossano>>, fece tutto contento il kitsune.
<<I nostri padroni sono molto forti, ma hanno bisogno di vassalli abili come noi>>, dichiarò il tanuki facendo sbuffare Masamune.
<<Comunque ti sarà più chiara la situazione dopo che passerai qui la prima notte>>.
Io mi voltai verso il cielo che si intravedeva fuori. Forse avrei potuto scavalcare il muro e controllare l'esterno. Ma Nobushige prese un sassolino e lo lanciò verso l'alto. L'oggetto andò a sbattere contro un muro invisibile e cadde al suolo.
Mi voltai di scatto verso di lui. Ero così facile da decifrare?
Alla fine bevemmo un altro po', senza esagerare ed andammo a coricarci in tre stanze di modeste misure.
Mi gettai subito in mezzo alle coperte, sopra il futon, cioè un tipo di materasso morbido che si stende sul pavimento. Sanada era stato piuttosto criptico, ma sembrava convincente quando diceva che avrei capito poi. Pensavo che avrei fatto fatica ad addormentarmi, data l'emozione di tutto ciò che mi era successo, ma la stanchezza fu più forte di qualsiasi preoccupazione o adrenalina. Sprofondai in un pesante sonno.
Aprii gli occhi e mi guardai intorno. Ero immerso nelle tenebre, ma non mi sentivo più stanco. Non so perché, ma ero in piedi. Focalizzai meglio gli occhi e a poco a poco mi resi conto di non trovarmi nello stesso posto dove mi ero coricato. Le tenebre avvolgevano un ampio spazio illimitato, ma c'era una flebile luce che brillava riflettendosi su una moltitudine di frammenti di specchio sospesi a mezz'aria. In mezzo a questi vi era uno specchio alto due metri, con intorno una cornice decorata con vari motivi sacri del buddismo. Dentro la superficie riflettente vi era una figura femminile che mi osservava.
La riconobbi. Era la ragazza con la maschera da coniglio. Bellissima come una bambola e con un freddo sorriso sul volto. No. Era diversa. La lunga chioma non era bianca, ma nera come la pece e gli occhi non erano color giada, ma dorati. Una sensazione gelida si avvinghiò a me, fissandola negli occhi, e lei aggiunse del fascino ammaliante al suo sorriso.
<<Sono Saya, Dea dell'Arte Guerriera>>, si presentò. <<Sono stata sigillata in questo tempio senza tempo da un'entità malevola e il caso ti ha fatto perderti in questo posto>>, spiegò senza alterare un muscolo del suo bel volto. <<Tu che sei un guerriero, cerca i cinque sacri tesori e rompi la maledizione se vuoi liberarti>>.
<<Non so se posso definirmi un guerriero, ma farò tutto ciò che è necessario per tornare a casa>>, riuscii finalmente a parlare.
<<Io ti offro un dono per la tua ascensione, mortale guerriero>>, annunciò lei mentre la sua immagine si dissolveva lasciando posto al mio riflesso. Poi apparve l'immagine di una grande testa di serpente con un occhio in più sulla fronte. La creatura fuoriuscì dallo specchio mostrandosi nella sua enorme mole di fronte a me.
<<E sia>>, sibilò quell'essere, che poi aprì le fauci. Una sfera luminosa viola uscì dall'interno della sua bocca e volò verso il mio volto. Finì quindi nella mia di bocca.
Mi svegliai di soprassalto. Non volevo diventasse un'abitudine. Inizialmente ritenni di avere fatto uno strano sogno, ma la realtà di quel posto si abbatté sulle mie spalle appena mi guardai intorno. L'armatura grigia e la katana erano al fianco del mio futon. Non solo non era un sogno il fatto di trovarmi lì, ma anche la strana esperienza con la dea e il serpente mostruoso sembrava essere reale. Non fu difficile notare, che i miei canini erano cresciuti, diventando praticamente delle piccole zanne ferali. Non davano troppo fastidio, ma mi ci volle un po' di tempo per abituarmici. Ricordai delle orecchie di Yukimura. Non mi sentivo tanto umano.
Sentì bussare la porta.
<<La colazione è pronta>>, fece Komaru.
<<Sì, grazie>>, risposi riconoscente.
Per la notte mi ero giusto messo un kimono leggero. I Jeans erano ancora buoni, ma la camicia aveva dei tagli su petto e spalla, senza contare la macchia di sangue. Quindi indossai la parte superiore del kimono bianco che mi avevano preparato ed indossai l'armatura grigia. Questa mutò subito il colore in nero. Non mi lasciai impressionare troppo dalla cosa, per risparmiarmi lo stupore per eventi futuri. Afferrai la katana nel fodero e me la misi al fianco sinistro, come avevo visto fare in telefilm storici.
<<Buongiorno, signori>>, dissi ai due guerrieri che stavano già mangiando con indosso le protezioni e le armi poste sul pavimento, accanto a loro. <<Cosa abbiamo in programma?>>, chiesi. Tutto sommato l'avevo presa con filosofia la situazione in cui mi ritrovavo.
<<Beh, intanto dobbiamo allenarti per farti diventare un guerriero a cui poter affidare le nostre spalle>>, disse severo Masamune.
<<Certamente>>, risposi sincero.
<<A proposito>>, esclamò amichevole Sanada. <<Come è andata stanotte?>>.
<<Ho visto una che si è presentata come dea e poi è apparso un serpente mostruoso che mi ha fatto qualcosa...>>.
<<I denti eh>>, fece presente Date notando il mio disagio nel mangiare.
<<Sì. esatto>>, confermai. <<Ma cosa significa?>>.
<<Diciamo che ora dovresti avere qualche potere particolare>>, spiegò il lanciere. <<Ad esempio io posso sentire il pensiero delle persone, mentre Masamune può vedere tutto col suo occhio destro>>.
Rivolsi il mio sguardo alla benda ed il suo indossatore la spostò momentaneamente rivelando un occhio dorato da rettile.
<<Mi rendo conto>>, dissi mentre ancora stavo metabolizzando la notizia. Non avevo ancora modo però di capire cosa potessi fare io. Sperai potesse rivelarsi qualcosa di utile per la mia sopravvivenza. Chissà che creature erano capitate a loro due, pensai.
<<A me è capitata una tigre demoniaca, mentre al Dokuganryu, lo puoi immaginare, un drago>>, spiegò ovviamente Yukimura.
<<La tua armatura è diventata nera eh>>, disse quasi sovrappensiero il guerriero dalla corazza blu. <<L'avrei preferita del tuo colore>>.
<<Vuoi fare a cambio?>>, chiesi per senso di cameratismo.
<<No, ho avuto un attimo di nostalgia di casa, ma questa qui blu è la mia>>, si affrettò a dire l'altro. <<Comunque andiamo>>.
Ci preparammo velocemente, ma poi mi bloccai poco prima dell'uscita. <<Ma come faremo a tornare qui?>>, domandai preoccupato.
<<Non ti preoccupare>>, fece Nobushige. <<Quando abbiamo chiaro in testa dove dobbiamo andare, poi la porta appare da sola>>.
Rimasi stupito dalla semplicità del meccanismo. Quindi partimmo senza tergiversare oltre in chiacchiere.
Attraversata la porta scorrevole, ci ritrovammo per i corridoi in legno ed oro. Avanzammo sicuri. Salimmo gradinate, girammo angoli, percorremmo lunghi corridoi, attraversammo larghe stanze.
In una di queste trovammo un manipolo di dodici kagemusha. Estrassi la spada dal fodero rapidamente e mi misi in guardia.
<<Più rilassate le spalle e mettici più tensione nelle gambe>>, cominciò ad istruirmi il Dokuganryu. <<Schiena diritta e mantieni una struttura forte in un movimento plastico>>.
Cercai di comprendere tutti i consigli e di applicarli subito, stando attento sia alla lenta avanzata degli avversari che allo sguardo severo del mio mentore.
<<Usa una forma difensiva anche quando attacchi e muoviti molto, ma solo per neutralizzare l'iniziativa avversaria>>, disse invece Yukimura. <<Devi essere come una fortezza ambulante>>.
I due si scagliarono ferocemente contro i nemici, occupandosi di cinque ciascuno, dopo averli separati in tre piccoli gruppi con i loro spostamenti mirati. Io rimasi con due avversari. Dovevo applicare le nozioni ricevute, ma senza fissarmici troppo. Altrimenti sarei finito col irrigidire i miei movimenti. Non dimenticavo certamente gli insegnamenti marziali di mio padre. In quel momento gliene ero particolarmente riconoscente.
Mi buttai al lato del kagemusha più a destra. In modo da allineare i due. Quello più vicino mi attaccò con un pesante fendente, ma io riuscì a bloccare la sua lama con la mia. Evitando di rimanere fermo, deviai l'acciaio nemico con un ulteriore scatto laterale lasciandolo sbilanciare in avanti per la pressione che aveva messo per sopraffarmi con la forza. Mi bastò fare lo sgambetto per farlo cadere a terra. Subito mi venne contro il secondo, ma lo indussi a schivare mulinando con un ampio raggio la katana, che continuò la sua traiettoria verso il basso andando a trafiggere il primo. Il secondo ripartì all'attacco. Bloccai l'arma nuovamente, ma stavolta mantenni la posizione. Mi sentivo più forte, mentre il fumo entrava nella mia bocca. Calciai diagonalmente ad un ginocchio dopo aver spostato il punto di pressione sul lato della gamba d'appoggio, facendo perdere l'equilibrio all'altro. Quindi gli afferrai la mano dominante con la mia sinistra e con la mia katana nella mia destra gli mozzai la testa. Altro fumo ed altro vigore. Controllai la situazione dei miei compagni, ma avevano appena finito anche loro.
<<Impari in fretta>>, si complimentò Sanada con me.
<<E' il requisito minimo per combattere al nostro fianco>>, commentò Date con un accenno di sufficienza nella voce.
<<Faccio solo ciò che deve essere fatto>>, risposi con decisione, come se le parole fossero più dirette a me che a loro.
<<Avanziamo allora>>, incitò l'altro spadaccino.
Il problema è che non avevamo una meta precisa, sapendo solo di dover ritrovare dei determinati oggetti. Quindi non ci restava che vagare per quel labirinto e sperare di beccare la stanza giusta. Non che mi fidassi completamente di ciò che aveva detto la sedicente dea, ma non avendo altri indizi, non ci restava che seguire le istruzioni, perché il potere di uscire fuori da quel posto, noi, non ce l'avevamo.
Continuando ad avanzare incontrammo altri gruppi di kagemusha, i cui versi mi facevano venire in mente quelli che fanno spesso i fantasmi e i non morti nei film dell'orrore.
Via via che mi abituavo ai combattimenti, i miei colleghi cominciarono a lasciarmene affrontare anche tre alla volta. Più ne sconfiggevo di quegli esseri e meno mi sentivo stanco. Ciò andava a creare un effetto sinergico con il senso di distorsione del tempo, che sembrava non scorrere più.
Dopo una indeterminata quantità di tempo, decidemmo che per la giornata poteva bastare. Avremmo controllato giusto un'ultima stanza. Le porte scorrevoli si spalancarono da sole come sempre e la nebbia ci accolse in una landa piena di armi rotte conficcate al suolo. A passo felpato e lento giunsero con passo stanco e pesante i kagemusha. Dai loro movimenti non traspariva alcuna emozione e, anche se tutti mascherati, potevo immaginare quanto poco potesse essere diverso sui loro volti. Sempre che ne avessero uno.
Meccanicamente ce li dividemmo per combatterli. Ci eravamo conosciuti da poco, ma eravamo colleghi sulla stessa barca. I miei movimenti cominciavano ad essere meno fluidi. Non per la stanchezza fisica, ma per quella mentale. Tuttavia riuscì a ucciderne tre. A pensarci, dopo l'atto, rimaneva comunque una sensazione sgradevole nello sconfiggerli, anche se dubitavo che fossero effettivamente "vivi". Ne apparve un quarto solitario che si mise a corrermi incontro. La mia katana era pronta. Io ero pronto. Non abbastanza forse.
<<Ren!>>, gridò Yukimura.
<<Ehi tu, Attento!>>, mi avvertì Masamune. Parlarono in contemporanea, ma non compresi immediatamente.
Alle spalle del mio avversario apparve, sputato dalla nebbia, un kagemusha dalla mole taurina ed alto almeno due metri. Aveva un'armatura diversa da quelle degli altri guerrieri neri e, brandendo una larga mazza d'acciaio, colpì l'essere di fronte. Questi mi venne addosso ed io lo trafissi, ma l'inerzia mi fece sbalzare all'indietro. Riuscì ad evitare di cadere a terra riacquistando l'equilibrio. Scrollandomi di dosso il corpo esanime del nemico, subito mi ritrovai il pesante ammasso metallico davanti. Istintivamente mi coprì il petto con le braccia, poiché la spada venne immediatamente spostata via.
Crac! Sentì le mie ossa spezzarsi. La mia arma cadde a terra e mi ritrovai con gli arti superiori penzoloni. L'essere mulinò ancora la mazza ed io schivai all'indietro e poi una seconda volta di lato. Dovevo combattere l'istinto di allontanarmi, mettendomi così nel raggio d'azione della sua lunga arma.
L'altro fece per dare una pesante sciabordata dall'alto ed io mi scagliai in avanti.
<<No!>>, ruggì io con animale ferocia.
I movimenti dell'avversario si irrigidirono un attimo, come se avesse avuto uno shock, ed io ne approfittai gettandomi in avanti, ma leggermente di lato per evitare il colpo. Mi scagliai al collo del guerriero e morsi con le mie zanne nuove. Percepì il sangue freddo del nemico e strappai via un pezzo di carne con impeto. Svuotai la mente e masticai per bene, fino a mandare giù. Fu una azione quasi istintiva la mia. L'altro era in preda a leggere convulsioni oltre ad essere immobile. Mossi le braccia per raccogliere la mia katana e mi resi conto che erano guarite. Diedi il colpo di grazia al mio avversario. Di nuovo fumo.
La mano di Sanada si appoggiò sulla mia spalla sinistra. Lo guardai e lui annuì.
Date aveva rinfoderate le sue spade e mi dava le spalle dirigendosi verso l'uscita. Si fermò un attimo e girò di pochi gradi la testa verso di me. Senza mostrarmi il volto però.
<<Non vi è accoglienza in guerra per l'umanità... Ma vi è sempre posto per l'umanità nel cuore del guerriero>>, disse soave. Quindi continuò ad avanzare. Lo seguimmo.
Anche io avrei continuato ad avanzare e avrei mantenuto la mia anima umana.

I Guerrieri PerdutiWhere stories live. Discover now