-Capitolo 3-

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Il ticchettio irregolare della fine pioggia permeava quel posto senza tempo e il suo scrosciare sulla fresca erba rendeva ancora meno vivido lo scuro sangue gelido. Presto avrebbe preso fuoco come se fosse carburante, non lasciando alcuna traccia organica dei guerrieri non morti dalle nere armature.
Dovevo rimanere focalizzato. Quattro kagemusha ancora rimanevano dell'ennesimo manipolo che avevo incontrato in una sala del labirinto magico. Mi trovavo là già da almeno due mesi.
Loro esitavano. Erano più cauti negli ultimi tempi e non si buttavano più alla cieca come una volta. Giusto qualche giorno prima, Masamune aveva affermato, <<Non sei più completamente un pivello>>. Detto da lui era un complimento di cui andare fieri.
Due dei nemici mi si scagliarono contro sciabordando in sincronia le loro spade dall'alto. Indietreggiare era pericoloso ed in quel caso anche scansarmi lateralmente poteva essere rischioso. Feci un passo deciso in avanti e bloccai entrambe le lame posizionando orizzontalmente la mia. Serrando l'impugnatura con la mano dominante e spingendo col dorso del braccio libero grazie alla protezione metallica, fermai i due colpi. Ma non rimasi fermo. Gli altri due si stavano avvicinando ovviamente.
<<La battaglia ha un flusso ed un ritmo. Sta a te salire in groppa a questo e prenderne le redini con vigore>>, mi aveva spiegato Nobushige. Spinsi i due di fronte tramite il metallo a contatto e, durante i passi, fiocinai un piede sul ginocchio di uno. Cadendo questi, la situazione di equilibrio si era così modificata. Prontamente sfruttai questa alterazione per acquisire maggiore esplosività nella rotazione che eseguii con un ulteriore scatto. Con una mezza giravolta mozzai il capo di uno da dietro la nuca e poi trafissi al petto quello a terra. Ormai stava diventando ripetitivo, ma la semplicità ragionata spesso si rivela la soluzione più pratica.
Non mi ero dimenticato degli altri due.
<<La strategia è un'arte, ma anche il combattimento lo è. Danza in mezzo agli avversari in coppia con la tua lama e sii dominatore dello spazio che ti circonda>>, mi aveva spiegato Masamune pazientemente. Grazie alla mia precedente preparazione marziale mi era possibile afferrare il significato delle loro parole.
Mi misi a fare un gioco di passi, dondolando lateralmente il mio corpo e tracciando traiettorie curve in mezzo ai nemici. Inizialmente ero ad un lato estremo e successivamente ero dall'altro. Sfruttavo gli angoli ciechi ed i corpi stessi dei kagemusha, in modo da poterne sempre usare uno come scudo umano contro l'altro. Un fendente ad un ginocchio, uno ad un polso, una stoccata ad una spalla, un secondo al fegato. Me lo potevo permettere perché eravamo rimasti in tre e dovevo migliorare la mia tecnica, dato che ero soltanto un normalissimo liceale. Un paio di colpi non letali mi raggiunsero, ma li tenevo già in conto. I guerrieri non morti mostravano un attaccamento minimo alle loro vite, ma di solito stavano relativamente attenti a non colpirsi fra di loro. Almeno se non indotti da una tattica mirata.
Trapassai la gola di uno. Senza fare pause, lo mandai addosso all'altro con un pesante calcio. La guardia di questi si ruppe per l'impatto ed un istante dopo si ritrovò a terra con mezzo collo reciso. Con cautela mi chinai e strappai dei morsi, curandomi così dalle ferite. Proprio per questa mia abilità e per le nostre capacità fisiche quasi triplicate, avevamo deciso da poco,  io e i due guerrieri del passato, di cominciare a dividerci per coprire più stanze nella nostra ricerca. Senza strafare ovviamente.
Ero indeciso se sedermi o meno, quando sentii uno strano verso animale. Voltandomi verso l'origine dell'onomatopea, vidi tre esseri squamosi e con degli strani piatti bucati in testa. Sembravano delle specie di tartarughe marine senza guscio, ma con corpi umanoidi.
<<Dei kappa...>>, sussurrai. Non era la prima volta che ne incontravo. Mi trovavo in una zona paludosa e quindi era un'eventualità che ormai mi potevo aspettare. Komaru e Rinosuke erano molto simili ad animali "reali", ma quando cominciammo a trovare diverse tipologie di youkai nelle varie stanze, rimanemmo piuttosto stupiti. Soprattutto io ovviamente. Gli youkai praticamente erano degli esseri spettrali e demoniaci del folklore nipponico, ma vederli dal vivo era un'esperienza davvero surreale.
<<Levatevi dai coglioni>>, feci senza pensarci due volte. La mia mente era stanca e non avevo voglia di stare a gestire la situazione.
<<Levati tu, umano!>>, abbaiò stridulo quello più robusto dei kappa presenti. Quindi si avvicinò minacciosamente dopo aver raccolto una lancia tra gli equipaggiamenti dei kagemusha caduti.
Io mi portai davanti a lui e feci un educato inchino alla giapponese. L'altro fece lo stesso e lasciò cadere dal piatto sulla testa del liquido. Un liquido speciale che serve a questa razza per mantenersi idratati e soprattutto vivi. Subito gli partirono le convulsioni e lasciò cadere l'arma, oltre alle sue stesse ginocchia. Può sembrare assurdo e quasi demenziale, ma i kappa sono ossessivamente legati alla buona educazione e pare che per riflesso reagiscano agli inchini in modo così auto distruttivo per loro. Nozione che mi era stata illustrata dai miei compagni di sventura. Anche se qualcosa dovevo averla  già sentita in qualche telefilm giapponese.
Tirai quindi su per il collo il moribondo e lo morsi alla gola. Una sensazione viscida e mi sembrava quasi di tastare un rospo. Tuttavia anche divorare gli youkai, accelerava il mio rafforzamento fisico ulteriormente. Non potevo farmi scrupoli o fare lo schizzinoso.
<<Sparite ora!>>, ringhiai furioso agli altri esseri, mettendoli in fuga. Non ero privo di pietà.
Mi girai verso una porta scorrevole che era appena apparsa. Avrei giusto controllato un'altra sala prima di fare ritorno a casa. Casa... Ormai istintivamente mi veniva di chiamare così il punto di ritrovo, riposo e ristoro, che condividevo con i miei nuovi amici. Essendo tutti sulla stessa barca, Date e Sanada non volevano usare il linguaggio formale a cui erano abituati. Meglio per me che invece non ci ero proprio abituato. Il giapponese lo usavo principalmente durante le vacanze estive. Comunque la nostalgia per la mia vera casa non mi lasciava in pace facilmente. Mia madre doveva essersi spaventata nel non vedermi e non osai immaginare mio padre dall'altra parte del globo. Sarei dovuto essere tornato fra i banchi di scuola in Italia ormai. Ma pensarci non serviva a nulla.
Varcai la soglia dell'ingresso magico. Stavolta mi ritrovai immerso in una fitta nebbia. Sembrava vapore anzi.
Il meccanismo di quel castello magico era molto strano. Quando avevo fame, mi ritrovavo in una sala con un tavolo apparecchiato, anche se il cibo non era buono come quello cucinato dai due vassalli animali. Quando dovevo andare in bagno, mi ritrovavo in un corridoio di legno con un bagno ad un lato, a cui si poteva accedere attraversando una tendina. Decisamente comodo questo aspetto della disavventura.
Sentì un rumore di acqua lasciata scorrere a intervalli irregolari su una qualche superficie. C'era l'odore di un umano. Un'altra cosa che avevamo notato era che col assorbire sempre più fumo dai corpi dei nemici, i nostri sensi si acuivano sempre di più. Portai la mano all'impugnatura della katana rinfoderata.
Attraversai quel muro di vapore e mi ritrovai davanti un bel bagno termale. Tuttavia non fu questo a stupirmi. Davanti ai miei occhi, abituati per due mesi a vedere solo uomini e mostri di ogni tipo, mi ritrovai una ninfa celeste, praticamente. Una bellissima e giovane donna dalla lunga chioma canuta afferrava con eleganza la calda acqua e la sciava scorrere lungo la sua candida pelle perfetta. Sembrava quasi brillare, tanto che, come prima possibilità, pensai di essere sotto l'illusione di qualche volpe o tanuki dispettoso. Lei si voltò con uno sguardo perso nel vuoto ma pregno di sensuale fascino.
<<Deve essere una illusione>>, borbottai, ma poi riconobbi quel volto. La prima volta l'avevo vista di sfuggita e la seconda volta aveva alcuni dettagli fisici ed un'espressione talmente diversi che doveva trattarsi di un'altra persona. Però era lei, la ragazza contro cui ero andato a sbattere il primo giorno. Giorno in cui ero finito in quel posto maledetto.
Mentre ricordavo ciò, lei mi osservò con aria assente, poi lentamente cominciò a diventare rossa come una fragola in volto come se stesse finalmente metabolizzando gli eventi.
<<No!>>, strillò con dolce voce mentre con pudore cercava di coprirsi le parti intime. Poi tese un braccio verso di me indietreggiando. Subito il suo hagoromo mi apparve davanti, raggomitolato come una palla di cannone.
<<No, ferma... aspet...>>. Non feci in tempo a finire che quel apparentemente leggero pezzo di seta mi colpì alla bocca dello stomaco togliendomi il fiato. Lei, invece, stranamente cadde all'indietro battendo sonoramente i glutei sull'acqua. Quindi persi io l'equilibrio in avanti. Mi sentii agguantare dall'imbarazzo in quel momento.
Splash! Mi rialzai prontamente  e portai le mani avanti con i palmi ben in vista.
<<Scusami, è stato un incidente. Non sapevo ci fosse qualcuno>>.
Lei emerse dall'acqua quasi fosse una sirena che si rivela al fortunato marinaio. Come per magia era già vestita. Avevo anche visto con la coda dell'occhio lo hagoromo raggiungerla strusciando sopra l'acqua, con le movenze di una serpe.
<<Non mi aspettavo visite>>, mi rivelò con voce ingenua mentre si spostava dagli occhi una ciocca umida. Poi ebbe come un mancamento. Effettivamente il gran calore delle terme nipponiche può fare questo effetto. Mi buttai in avanti per afferrarla, ma, per quanto potesse sembrarmi assurdo, il colpo che avevo ricevuto si fece sentire ancora. Persi l'equilibrio. Ci afferrammo praticamente a vicenda, grazie anche al fatto che lei si era ripresa in tempo. Gli occhi si riflettevano a vicenda e i respiri si mescolavano. Poi lei scoppiò a ridere. A quel punto mi unii pure io alla risata.
<<Forse a questo punto potremmo uscire e fare due chiacchiere>>, proposi.
<<Certamente>>. Il suo sorriso era smagliante. Non so se come mi sentivo era dovuto alla lunga reclusione in quel posto con due uomini fissati sulla guerra, ma non mi sentivo affatto male.
Ergendomi in piedi per la seconda volta di fila, la aiutai a rialzarsi. Quindi andammo a sederci sui grossi massi che circondavano lo specchio d'acqua arredandolo.
<<Allora... intanto volevo scusarmi, ma non immaginavo di trovare qualche altro umano qui>>, cominciai. <<Tanto meno una ragazza tanto graziosa>>.
Le sue guance arrossirono leggermente e con le esili dita si sistemo una ciocca di capelli.
<<No, scusate me. Non so perché ho reagito così, ma è anche la prima volta che vedo un demone col vostro aspetto>>. Lei sorrise in modo dolce, ma le sue ingenue parole mi avevano trafitto l'anima.
<<Io sono un umano, ma da quando mi sono ritrovato qui sono cambiato un po'... Comunque qual è la tua storia?>>.
<<La mia storia?.. Io... Io non saprei>>. Mi sembrò di averla inaspettatamente disorientata non poco.
<<Ehm... io mi chiamo Nori Ren. Puoi chiamarmi Ren>>, mi presentai allora. <<Non c'è bisogno di parlare in modo formale>>.
<<Ren... Io purtroppo non ho un nome, ma molti abitanti di questo posto mi chiamano a volte Hime... purtroppo non ho ricordi del mio passato>>.
Hime significava principessa. Mi venne in mente della missione della dea Saya di recuperare i cinque tesori sacri. La cosa che mi aveva colpito era che gli oggetti da ritrovare corrispondevano agli stessi presenti in una fiaba popolare. Questa narrava di Kaguya-hime, cioè principessa splendente.
<<Capisco... ma quindi cosa fai da sola in queste sale piene di pericolo?>>. In realtà ero sempre più confuso.
<<So solo di dover continuare a viaggiare senza sosta ed uscire da questa gabbia>>.
<<Ah beh... stesso discorso per quel che mi riguarda>>. Mi scappò una risatina dopo un leggero sospiro. <<Comunque non è saggio rimanere da sola. Vuoi venire con me dai miei amici?>>.
Lei scosse la testa ad occhi socchiusi. Mi mostrò un sorriso che non riusciva a mascherare bene la malinconia.
<<Grazie, ma devo continuare da sola... tuttavia mi piacerebbe rivederti ogni tanto... E' un piacevole passatempo scambiare due parole con altri durante le pause>>.
<<Ma con tutta questa fretta vuoi forse scappare sulla luna?>>, feci con del salutare umorismo.
Le brillarono gli occhi. <<Cioè? Cosa intendi?>>.
<<No niente... è che mi hai fatto venire in mente una fiaba che ho letto da bambino su una principessa giunta dalla luna>>.
<<Ti prego, raccontami questa storia>>. Era piuttosto interessata e si era pure avvicinata parecchio. Decisamente parecchio.
<<Ma certo, cara>>.
La fiaba raccontava di un vecchio taglialegna che un giorno aveva trovato dentro una canna di bambù una bambina luminescente. La allevò insieme a sua moglie. Usando anche delle pepite d'oro trovate misteriosamente, l'avevano portata a vivere nel lusso nella capitale. Qui la sua bellezza aveva stimolato l'interesse di diversi nobili. Cinque nobili la chiesero in sposa e lei chiese loro di portarle in dono cinque oggetti leggendari. Questi fallirono, ma dopo giunse l'imperatore in persona a chiederle la mano. Lei rifiutò spiegando di dover tornare sulla luna, la sua patria. L'imperatore cercò in tutti i modi di trattenerla, mandando il suo esercito a proteggerla dai visitatori celesti. Infine lei venne però riportata a casa, dove piangendo usò delle piume magiche per cancellarsi la memoria.
Finito di raccontare, alzai lo sguardo sul viso della bella ragazza che intanto si era ammutolita. Le lacrime rigavano le sue candide guance. Quando lei notò la mia espressione di smarrimento, si accorse della cosa e subito si asciugò gli occhi.
<<Non so perché, ma questo racconto mi ha rapito il cuore>>, fece infine. <<E' molto bello il nome Kaguya... i genitori adottivi dovevano volerle molto bene per darle un tale nome>>.
Adagio le tolsi con l amano un'ulteriore lacrima in fuga.
<<Senti... visto che dici di non ricordarti come ti chiami... se ti piace tanto, perché non chiamarti Kaguya? Ora che ci conosciamo dovrò chiamarti in qualche modo e penso proprio che ti stia anche molto bene come nome>>.
<<Davvero?>>. I suoi erano gli occhi di un cucciolo di cerbiatto felice.
<<Davvero>>, confermai deciso. Poi le raccontai anche dei miei due compari. Molte erano le vicende di combattimenti ripetitivi e feroci scontri, ma nei momenti di riposo avevamo i nostri momenti spensierati e divertenti. Eravamo pur sempre dei giovani diciassettenni. Nonostante loro fossero cresciuti molto velocemente dato il periodo storico di provenienza. La feci ridere e tirare su di morale. Anche se sembrava essersi semplicemente commossa, non mi era mai piaciuto vedere una ragazza piangere. Infine le chiesi il permesso di usufruire delle terme per portarci anche i miei colleghi, che avrebbero sicuramente apprezzato da bravi giapponesi.
<<Ma certamente>>, fece lei solare. <<Questo posto è di tutti coloro che lo abitano ora>>.
<<Ah. Ottimo>>. Come prima conversazione dopo tanto tempo non mi sembrava essermela cavata tanto male. Quantomeno ci speravo.
Il tempo era volato via.
<<Penso che sia ora che io vada, altrimenti gli altri penseranno che sono morto>>, feci presente con un chiaro accenno di rammarico nella voce.
<<Mi rendo conto>>, rispose lei abbassando lo sguardo. Poi passò improvvisamente di nuovo al sorriso. Mi afferrò quindi la mano sinistra. Un filo si separò dal suo hagoromo e si lego da una estremità al suo mignolo sinistro e dall'altra al mio, tingendosi poi di rosso. Quindi si dissolse sparendo nel nulla.
<<Così ci rivedremo molto più probabilmente>>, spiegò stringendo la mia mano con entrambe le sue.
<<Ottima idea>>, dissi facendole l'occhiolino. Cosa che la lasciò  confusa, e per cui le spiegai il gesto.
Quindi ci salutammo. Mi diressi verso una porta che era apparsa al mio desiderio di tornare alla casetta. Le lanciai un'ultima occhiata e notai con piacere che non ero l'unico ad averci pensato. Di nuovo un sorriso si stampò sul mio volto.
<<Eccoti finalmente!>>, mi accolse Masamune. <<Ormai pensavo che tu fossi già morto come un cane da qualche parte>>.
Al che Nobushige ridacchiò. <<Dice così, ma in realtà era in pensiero per te>>.
<<Ehi zitto tu! Chi ti ha dato il permesso di leggermi il pensiero?>>. Nonostante la benda che rendeva meno decifrabili le espressioni del futuro daimyo, potevamo sempre  notare un accenno di imbarazzo nella voce.
<<Scusami Masamune, cercherò di non farti preoccupare troppo la prossima volta>>, stuzzicai trattenendomi dal ridere.
<<Ehi, non ti ci mettere pure tu>>, mi ammonì il nobile guerriero. <<Sbrigati a venire a mangiare, che abbiamo lasciato ancora mezza brocca di sakè da bere assieme>>.
<<Molto gentili>>, commentai facendo l'occhiolino. Effettivamente avevo fatto piuttosto tardi, dato come era volato via il tempo a parlare con Kaguya. Ripensai ancora al suo sorriso ed alla sua bella voce, ma soprattutto a quei occhi giada.
<<Ren...>>, iniziò Yukimura ammutolendosi poi col dubbio insito nella sua faccia.
<<Sì, cosa c'è?>>, domandai ritornando al presente con la mente.
<<No... niente... mi sembravi sovrappensiero>>. Sembrava lo spiegasse più a se stesso che a me. <<Comunque sbrigati che mi sembri stanco>>.
Probabilmente aveva letto nei miei pensieri del mio incontro di quel giorno, tuttavia non mostrava di sapere niente del genere. Si era parlato di donne a volte e non mi sembrava il tipo da fare il riservato. Senza contare poi che si trattava di un'informazione in più su quel posto.
Mi spogliai velocemente dell'armatura e mi sedetti a tavola con la spada accanto. Ad essere sincero non avevo molta voglia di condividere apertamente quell'informazione. Non capivo la mancanza di reazione di Sanada, ma, dato come si era evoluta la vicenda, ritenni che non fosse essenziale parlarne.
Buttai immediatamente qualche boccone di riso data la discreta fame. Adeguandomi agli usi dei miei due colleghi, mi ero abituato a fare due pasti sostanziosi al giorno. Uno alla mattina e l'altro la sera. Le merende offerte da quel singolare labirinto non mancavano, ma era tempo tolto alla esplorazione.
Brindammo per essere ancora vivi. <<Anche stavolta>>, dicemmo all'unisono.
<<Quando si tratta di padron Date è una conseguenza ovvia>>, asserì il tanuki. <<Parola del grande maestro delle illusioni, Rinosuke>>.
<<Eh sì, quando si tratta di padron Sanada è proprio una conseguenza ovvia>>, fece invece la volpe, <<Parola del grande maestro delle illusioni, Komaru>>.
Di scatto si voltarono a guardarsi in cagnesco. Anzi, proprio li sentii ringhiare in modo flebile.
<<Non mi copiare le battute!>>, esclamarono in sincrono, mettendosi quindi a tirare le guance a vicenda con le loro zampe superiori.
<<Dai su, calmatevi. Siamo tutti forti>>, intervenne Nobushige.
<<Concordo>>, fece Masamune sorseggiando placido il liquido alcolico.
<<Io per ora un po' me la cavo>>, ammisi invece io grattandomi la nuca>>.
<<Comunque ho una bella notizia per voi>>.
<<Davvero?>>, mi precedette con la risposta il compare dalle orecchie appuntite.
Sospirai.
<<Sì, ho trovato una stanza con delle terme>>.
Avevamo notato in quelle settimane della presenza di alcune stanze in cui i kagemusha non possono apparire. Le chiamavamo stanze bianche. Per quanto riguarda i demoni, loro hanno un forte senso territoriale. Praticamente se avevamo già perlustrato una stanza bianca, difficilmente ci entravano quelli con intenzioni negative nei nostri confronti. Probabilmente sentivano ciò che restava del nostro odore.
<<Ottimo, è stupendo>>, gioì con inusuale emozione il Dokuganryuu. <<Bravo collega! Ne è valsa la pena il tuo tergiversare a tornare a casa>>.
<<Vero?>>, risposi cercando di non pensare troppo alla ragazza che ci avevo trovato proprio a farci il bagno.
<<Che aspettiamo allora? Andiamo>>. Yukimura si fece portare degli asciugamani per noi tutti dai due vassalli, quindi varcammo l'uscita per ritrovarci immediatamente nel posto che avevo lasciato prima di cena.
Tolti i nostri vestiti e poggiando gli asciugamani ripiegati sopra le teste, entrammo nell'acqua calda con le armi a portata di mano. Ci tenevamo sui bordi.
<<Ah che paradiso!>>.
<<Concordo>>.
<<Davvero un paradiso>>.
In Giappone il bagno di gruppo è sempre stato un fenomeno sociale. Avevo persino sentito dire che è per conoscersi "a pelle", consolidando i legami di fratellanza tra amici, colleghi e conoscenti di vario tipo.
Finalmente ci rilassammo lasciando alle acque termali il compito di ammorbidire i muscoli che ormai lavoravano senza sosta ogni giorno. Il calore si fece strada penetrando nei tessuti e nelle fibre, quasi ci facesse un massaggio.
<<Ehi>>. La voce di Date si mostrava seria.
<<Tranquillo, è come pensi te: sono innocui>>.
Subito la mia mano dominante cercò istintivamente l'elsa della mia katana ed il mio sguardo  roteò indagatore, in cerca di indizi su quello scambio di parole.
Delle scimmie di pietra vidi. Delle piccole e tozze scimmiette di pietra sbucarono dal vapore e si avvicinarono cauti. I loro occhi divennero subito tinti di desiderio.
<<Entrate pure, c'è spazio>>, li incitò Sanada dopo averci lanciato un'occhiata in cerca di silenziosa approvazione. Avevamo annuito serenamente. Anche le strane creature gioirono quindi del bagno.
<<Tornando a cose serie..>>, fece improvvisamente Date. <<Ho visto qualcosa di strano oggi. Ho notato degli strani movimenti dei Kagemusha e li vedo aggrupparsi sempre di più. Ve lo dico io: c'è qualcuno che ha cominciato a guidarli>>.
<<Effettivamente persino io ho notato che combattono in modo più sensato ultimamente. Mi sembra che vadano spesso nei territori dei demoni anche>>.
<<Si, mi permetto di confermare le vostre supposizioni>>, si intromise Nobushige. <<Ho percepito una voce singolare dare ordini ai kagemusha. E mi sembra che siano alla ricerca di qualcosa... non che questi guerrieri fatti di ombra siano molto recettivi...>>.
<<Sì, sembrano dei robot con scarsa intelligenza artificiale>>.
<<Dei che?>>
<<Delle sorte di burattini della mia epoca che possono fare azioni semplici se programmati a farle>>.
<<Noto che la popolarità dei burattini automatizzati ha raggiunto livelli incredibili nel futuro>>. Il Dokuganryu era stupito. Era un tipo a cui piaceva interessarsi di vari argomenti ed apprezzava gli oggetti insoliti provenienti dal continente anche.
<<Comunque la mia supposizione, da quello che ho sentito, è che questi ricevano ordini da un qualche demone al servizio di un certo Re Demoniaco>>, spiegò Yukimura. <<Mi vengono in mente brutti ricordi>>.
<<Come mai?>>, domandai curioso. Non riuscivo ad immaginarmi cosa potesse provocare dei brutti ricordi ad un tipo solare, coraggioso e forte come lui.
<<Ti riferisci a Oda Nobunaga, vero?>>, chiese conferma Date. <<In realtà anche a me piacerebbe farmi chiamare Re Demoniaco>>.
<<La vergogna del mio clan...>>, ammise con la testa abbassata l'altro. <<Perdere contro il folle della regione di Owari.
Pare che inizialmente questo famoso personaggio storico venisse chiamato folle per le sue ambizioni. Poi si è rivelato come la chiave principale per l'unificazione del Giappone, dilaniato da uno stato di guerra perenne tra i vari clan.
<<Ora che ci penso... mi sembra di aver visto di sfuggita la figura di un grosso canide tra i plotoni di kagemusha>>, ricambiò discorso Masamune. <<Probabilmente di natura demoniaca dato dove ci troviamo>>.
<<Quindi dici che potrebbe essere lui il tramite di questo Re demoniaco>>.
<<Può darsi>>.
<<Tornando però alle cose importanti del presente>>, esclamò con un sorriso smagliante Sanada. <<Rilassiamoci un altro po' in queste acque meravigliose e poi del buon sakè fresco dopo>>, propose tutto contento. <<Per ora lasciamoci alle spalle i brutti ricordi,che a divagare sul passato mi torna la voglia di abbracciare qualche bella fanciulla>>.
<<Senza peli sulla lingua eh?>>, fece divertito Date. <<Concordo però>>.
<<Eh sì, gente>>. Ovviamente mi tornò in mente la figura  quasi surreale di Kaguya. Chissà se era invece un demone. Quando le avevo precedentemente dato di umana, non aveva negato la cosa e l'odore non mi sembrava quello di un demone.
Sbirciai verso Nobushige, sperando che non mi stesse leggendo nel pensiero.
<<Anche se mi guardi in quel modo... io sono etero>>, dichiarò scuotendo lentamente la testa. Stranamente ed incredibilmente non mi stava leggendo la mente forse.
Rimasi lo stesso interdetto a quell'uscita ed istintivamente posai lo sguardo su Masamune per vedere la sua reazione.
<<Capisco di essere un bell'uomo, ma pure io preferisco le donne>>.
<<No tranquilli, dovessi passare anche cinquecento anni qui con voi, continuerei ad apprezzare il gentil sesso>>.
<<Parole esemplari, amico mio>>. Yukimura annuiva a braccia conserte.
Rimanemmo a ridere e scherzare un altro po' per poi continuare a casa. Le giornate si ripetevano in modo così monotono e pregne di pericolo mortale, che erano davvero questi piccoli momenti di fratellanza che rendevano sopportabile l'esperienza che eravamo costretti a vivere in quel posto stregato.

I Guerrieri PerdutiWhere stories live. Discover now