Capitolo 1

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settembre...

Quella dannata sveglia suona di nuovo. Tasto il comodino con la mano fino a quando non trovo il telefono e la spengo. Finalmente un po' di silenzio. Prendo le coperte con le mani e le tiro fin sopra il naso. Faccio una smorfia al pensiero di dover andare a scuola. Negli ultimi anni mi sono trasferita non so quante volte a causa delle case famiglia. Questa sarà la sesta o settima. Ho perso il conto...
Mi metto a sedere, non ho intenzione di fare tardi il primo giorno. Mi alzo lentamente e mi trascino verso il bagno. Chiudo la porta dietro di me e mi dirigo verso la doccia. Apro l'acqua e aspetto che si riscaldi. Mi guardo allo specchio: i soliti capelli arruffati, le solite occhiaie, la solita faccia insomma. Distolgo lo sguardo e entro nella doccia. Strofino la spugna sulla pelle con l'intenzione di scacciare il pensiero della scuola dalla mia mente. È tutto inutile.
Esco dalla doccia, mi vesto, tiro su la zip della felpa ed esco dal bagno. Prendo il mio zaino da sotto il letto e ci infilo un po' di fogli, l'astuccio e, ovviamente, il mio quaderno. Prendo il telefono e apro la porta della mia camera dirigendomi verso le scale.
Quando arrivo in salotto vedo Mary che prepara il caffè e John che legge il giornale. Quando mi vedono il loro volto si trasforma in quello di due amorevoli genitori. Io però non ci casco. Sono come tutti gli altri, non ci casco.
"Buongiorno Shira" dice Mary sfoderando un sorriso falso. Le sorrido anche io e mi dirigo verso la dispensa. Apro l'alta e cerco con lo sguardo qualche barretta di cioccolato da mangiare per strada.
"Dormito bene?" Mi chiede John.
"Benissimo" rispondo io prendendo una brioche confezionata. Ovviamente le barrette sono finite! Chissà chi le avrà mangiate. Lancio un'occhiataccia a John che però non si accorge di niente.
"Vado, non voglio fare tardi." Dico cercando di raggiungere la porta.
"Ma non hai mangiato niente, la colazione è il pasto più importante della..." alzo la mano che impugna la brioche impedendole di terminare la frase. Lei ammutolisce.
Apro la porta ed esco sentendo John augurarmi una buona giornata.
L'aria fresca di settembre mi accarezza la guancia. Comincio a camminare verso la fermata dell'autobus. Pesco i miei auricolari dalla tasca della felpa e prendo il telefono.
Scorro un paio di canzoni nella playlist fino a quando mi stufo e clicco sulla prima che mi capita. Le prime note di Monsters di Ruelle riempiono la mia mente di pace.
"Monsters under your bed... monsters stuck in your head... we are monsters oh oh..." canticchio sottovoce il ritornello. Non ho una voce angelica, anzi ammettiamolo: faccio proprio schifo a cantare. Però nessuno mi sente quindi chi se ne frega.
Aspetto l'autobus mentre la fermata si riempie di adolescenti urlanti. Cerco di scansare qualche gomitata per non mettermi ad urlare.
Finalmente l'autobus arriva. Salgo, cerco un posto libero e mi siedo.
Mentre quegli idioti di ragazzi prendono in giro un nerd nei posti anteriori, mi addormento.

Il pullman fa una brusca frenata e i ragazzi si catapultano verso le uscite. Aspetto pazientemente che tutti escano per poi scendere anche io. L'importante facciata della Abraham Lincoln Hight School mi si presenta davanti, centinaia di alunni si riversano nel cortile, chi fuma, chi chiacchiera, chi copia i compiti della prima ora,  chi ci prova con qualche ragazza... c'è fin troppa gente per i miei gusti. Sono tutti ricconi e snob, vestiti solo di firme, non mi piacciono assolutamente.
M'incammino verso l'entrata mentre la campanella suona. Ci sono alcune ragazze che mi fissano, ma dubito sappiano la mia identità: non sono tanto conosciuta a San Francisco, almeno non per ora. Scott mi ha garantito che nessuno sa niente e che sono al sicuro da soffiate. Speriamo bene... aveva detto lo stesso di Orlando, ma non è stato così. Mi tiro su il cappuccio cercando di nascondere il mio viso.
Superata l'entrata mi dirigo verso la segreteria. Una donna sulla quarantina, con l'aria stanca ed annoiata mi guarda aspettando che parli.
"Shira Drake, ultimo anno." Dico sperando che non colleghi il mio viso a quello della ladra diciottenne. Quando sente il mio nome, mi squadra da sopra gli occhiali rossi. Mi ha riconosciuta. Ma cosa vuole questa? Dovrebbe farsi gli affari suoi, posso rovinarle l'intera esistenza con una chiamata.
"Bene, la tua aula è..." dice mentre cerca dei fogli in uno dei tanti scaffali che ci sono là dietro "la B12 al secondo piano, ecco qua il tuo orario."
Mi dirigo velocemente verso le scale, so già cosa aveva intenzione di dirmi: cerca di non combinare casini, signorina. Scimmiotto la sua faccia è arrivo al secondo piano. E menomale che Scott aveva detto che non mi conosceva nessuno!
Cerco la B12. B8, B11... eccola qui. Faccio per aprire al prota quando un paio di ragazzi urlanti mi spintonano per entrare.
"Attenzione, esistono altre persone intorno a voi." I due ragazzi si voltano a guardarmi. Il primo ha uno sguardo curioso, come se volesse vedere come va a finire questa storia. L'altro... cavolo che belli i suoi occhi. Sono di color cioccolato con delle sfumature verdi, bellissimi. Peccato che appartengono ad un completo idiota. Anche lui mi guarda con uno sguardo indagatore. È come se volesse scrutarmi dentro e scoprire la mia identità. No, non glielo posso permettere: meno cose sanno, meglio è per tutti.
"Hai intenzione di levarti o cosa?" Gli chiedo. Lui sembra risvegliarsi di colpo, assume la solita espressione di chi sa di essere bello e mi squadra.
"Scusa, ma prima dei lupi solitari ci siamo noi, quindi a meno che tu non sia una cheerleader, non rivolgerci la parola." Mi dice con quel sorrisetto che vorrei tanto strappargli dalla faccia.
"Non l'avrei fatto nemmeno se avessi indossato un gonnellino striminzito e due trampoli ai piedi. E ora spostatevi." Gli dedico un sorriso tirato ed entro in classe.
Subito dopo entrano quei due idioti che fanno finta di niente. Il primo va dritto dritto verso una ragazza in prima fila, mentre il secondo, quello dagli occhi color cioccolato cerca di tirar su il miglior sorriso da rimorchio. Mi giro e mi dirigo verso i banchi in ultima fila. Trovo un posto libero vicino ad una finestra. Mi siedo, tiro su le ginocchia e mi accoccolo sulla sedia. I due ragazzi stanno ridendo animatamente con quella ragazza in prima fila, quello dagli occhi color cioccolato sembra essersi dimenticato dell'accaduto. Forse è meglio così, in fondo meno mi faccio notare, meglio è.
La professoressa di matematica entra in classe. Tutti si vanno a sedere. Involontariamente seguo con lo sguardo il ragazzo dagli occhi color cioccolato. Lo vedo sedersi dalla parte opposta alla mia, girarsi verso altri ragazzi e cominciare a scherzare. Sento al sua risata e senza volerlo sorrido anche io. Ma che mi prende? Mi ha trattato male, dovrei essere arrabbiata con lui. Il mio sorriso svanisce e cerco di seguire a lezione.

F.I.R.E.W.O.R.K.S. [SOSPESA]Where stories live. Discover now