Lorenzo

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Allora, eccomi tornata. Questo capitolo sarà scritto interamente dal punto di vista di Lorenzo. Non so cosa ne uscirà fuori, ma spero qualcosa di almeno decente. Spero vi piaccia☺️.

Quando mi guardai attorno, notai gli sguardi di Salvatore, Giuseppe, Stefano e Sascha erano puntati su di noi. Avevano forse sentito lo schiocco della mia mano sulla sua guancia? Probabilmente sì. Meglio così. Almeno si sarebbero resi conto di che razza di amico avessero. Anche Lorenzo sembrò accorgersi dei loro sguardi che gli trapassavano la pelle, ma non ci fece tanto caso e, anzi, giusto per peggiorare le cose, lasciò al vento estivo la sua guancia ormai violacea e avvolse anche l'altro braccio attorno ai miei fianchi, stringendomi ancora di più.

«Che cavolo stai facendo?» Sbottai, cercando di calpestargli un piede, ma non ci riuscivo.

«Te l'ho già detto.» Mi guardò in viso con un sorriso beffardo, poi si inchinò verso di me. «Io non me ne vado.» Enfatizzò su ogni singola parola, guardandomi con sguardo fiero. Bastardo.

Lorenzo's P.O.V.

La guancia destra bruciava insistentemente, mentre i miei occhi rimanevano incatenati al viso di Gloria che cercava di scalciarmi via. Dovevo ammettere che, per essere una ragazza, dava certi schiaffi che neanche un uomo adulto. Aveva fatto davvero male.

«Spiacente. Qui, la tua presenza, non è gradita.» Calcò sulla negazione, guardandomi con il veleno che traboccava ad ogni parola.

Di certo non pretendevo mi perdonasse su due piedi, ma erano quasi passati due giorni e ancora insisteva a mostrarsi dura e forte, quando entrambi sapevamo perfettamente che quella non era altro, se non una maschera. Per quanto si mostrasse violenta e sarcastica, nel mio profondo sapevo che lo faceva solo per non darmi la soddisfazione di vederla crollare un'altra volta. Mai aveva lasciato trapelare così tanto disprezzo nei miei confronti e, sebbene mi lamentassi di non ricevere alcun perdono, conoscevo la verità: mi meritavo di essere trattato in quel modo, mi meritavo quegli schiaffi, ciascuno di essi. Era il suo modo di ripagarmi e dovevo accettarlo perché quello non era nulla rispetto a tutte le ingiustizie che le avevo inflitto. Eppure, in un certo senso, non ero solo io a doverla pagare, quella penitenza.

«Se non sono gradito, come mai non mi hai ancora spiaccicato a terra? So che conosci le mosse per l'autodifesa e so anche che sei forte. Se mi avessi veramente voluto togliere di mezzo, ti saresti già liberata girandomi un braccio.» Affermai, sapendo bene che quella era la verità, mentre guardavo il suo viso cambiare colore. Non sapeva che io sapevo.

«Davanti a tutti non mi sembra il caso.» La sua voce determinava un tono insicuro e le parole scivolarono fuori dalle sue labbra con un tremito, segno che quello fosse solo un mare di menzogne.

«Non sapevi mentire e continui a non saperlo fare. Chissà perché non ti credo affatto.» Mormorai, inarcando un sopracciglio con fare quasi teatrale.

Sapevo di starla spingendo oltre ogni suo limite, e sapevo anche che quello era il mio obiettivo: se l'avessi fatta impazzire, prima o poi si sarebbe scocciata, e mi avrebbe perdonato. Semplice, ma efficace.

Presa in contropiede, lanciò un'occhiata a quelli che consideravo come fratelli, forse cercando lo sguardo di Stefano, o Salvatore, dato che avevo visto che tra loro si era già instaurato un non so che di amichevole. Insomma, c'era qualcosa che tra me e lei non era mai esistito, o per lo meno, se mai c'era stato, era morto nello stesso istante nel quale avevo deciso di mandare tutto a farsi fottere. Ero davvero un cretino. Questo lo avevo capito da tempo, ma mai come in quel momento, realizzai di esserlo per davvero.

72 Ore Con Il Nemico Where stories live. Discover now