«Comunque...volevo sentirti perché ti pensavo, e perché quando mi tieni compagnia ho voglia di fare tante cose.» Bucky si sedette sul divano, alleggerendo il suo tono di voce, e sentendosi libero di aver ammesso i suoi reali pensieri. Quasi percepì il vuoto d'aria creato dal respiro di Steve, rimasto un'istante senza parole per la sua risposta, che da parte della riservatezza di James il ragazzo non si sarebbe mai aspettato.
Schiarì la voce resa vibrante dalla linea telefonica, e poi parlò ancora;
«Hai voglia di vederci?» chiese Steve, dolcemente.
«Beh, ecco, devi darmi cinque minuti per prepararmi.» sbuffò divertito il moro.
«D'accordo, fai con calma, io metto in ordine il caos che ho in camera e ti raggiungo. Ti va?» domandò ancora.
Bucky sorrise radiosamente, abbattendo buona parte di tutta quella malattia che lo soffocava di fumo nero. Strinse più forte il cellulare in mano, e rispose a Steve; «Si, mi andrebbe davvero tanto.»
«Allora a tra poco.» cinguettò il tatuatore con entusiasmo.
«A tra poco.» la voce di Bucky si assottigliò, ed il telefono si allontanò dal suo orecchio. Fece ricadere l'oggetto sul cuscino del divano, mentre si gettò sulla spalliera con la schiena. La mano destra a coprirgli il viso imbarazzato, mentre il braccio sinistro abbandonato da un lato, pulsante e debole.
Resettò i pensieri, e con un sorriso sfiancato si alzò, dirigendosi verso il bagno.
Bucky impiegò pochissimo tempo a lavarsi il viso, sistemare i capelli e scegliere quale delle sue poche felpe nere e larghe indossare. Si sentì al sicuro sapendo che Steve non avrebbe potuto vedere -come al solito- la carne macellata del suo braccio sinistro coperta dagli abiti, mentre fu meno entusiasta di avere la mano scoperta. Tutta arrossata sul dorso e rastrellata da sottili graffi, e profonde cicatrici sporgenti bianche. Faceva troppo caldo per usare la scusa di un paio di guanti, e coprire i segni con una medicazione avrebbe scatenato ancora di più l'attenzione e la preoccupazione di Steve.
Senza darla vinta alla propria oppressione ansiosa, Bucky si decise di tenere la mano nascosta nella tasca larga sulla felpa, senza dare troppo nell'occhio.
Il tempo di controllare il cellulare, e una chiamata da parte di Steve lo invitò a scendere giù, perché già arrivato sotto casa sua.

La scalinata parve lunghissima, abitava ai primi piani della palazzina, eppure con il suo passo veloce si sentì affaticato a scendere quell'infinità di scale. Cacciò la mano sinistra in tasca e quando uscì fuori, davanti al marciapiede vide una motocicletta bianca perlata, su cui a cavallo c'era un insolito motociclista dalle mani tatuate. Bucky rimase sorpreso dall'apparizione di Steve su quel veicolo, prendendo tra le mani il casco nero che il ragazzo gli aveva passato.
«Non immaginavo fossi un motociclista oltre che a un tatuatore.» disse James con un sorriso leggero, allacciando il caso. Quello di Steve era dello stesso scuro colore, con dei drappeggi moderni tutti dietro, di colore bianco sicuramente aggiunti da lui sull'acquisto originale.
«Sono un tizio strano dalle mille risorse.» Rogers scrollò le scarpe e guardò Bucky con espressione buffa.
«Salta in sella, coraggio.» fece un cenno con il capo e fece ruggire la marmitta già calda. Con fare lievemente impacciato, Bucky cavalcò il due ruote sportivo e apparentemente capace di raggiungere notevoli velocità. Questo mise parecchia ansia a Bucky, dall'incidente avuto assieme a Brock, la sua tranquillità nell'essere un passeggero su di un veicolo veloce lo innervosiva parecchio. Non che quello fosse un trauma, Bucky era convinto di non ne averne, non se ne permetteva, però tutta quella situazione corrente al passato, e quel preciso episodio correlato alla strada lo facevano sentire a disagio.
Notando il silenzio del moro, Steve alzò la voce per farsi  sentire oltre il rumore della motocicletta, iniziando ad imboccare la strada con velocità costante.
«Ho riflettuto in fretta su dove potevamo andare, e mi sono un bel po' confuso.» rise Steve, guardando dritto, le mani ben salde sul manubrio, due dita sempre poggiate su un freno.
James per resistere alla spinta del vento, e per tenersi in equilibrio, si trovò costretto ad avvolgere le mani sulla vita di Steve.
«Ci sono tanti posti in cui andare qui a Brooklyn.» disse il passeggero, messo alla prova da quel contatto.
«Già, soltanto che mi piace essere originale, lo sai.» fu l'ultima frase che si scambiarono, per poi continuare la guida nelle strade affollate e rumorose. Steve fece intendere a Bucky che lo avrebbe portato in un luogo scelto da lui, in poche parole, sorprenderlo ancora.
E per tutto il viaggio James respirò dalla bocca, con le labbra semiaperte. Aveva il petto poggiato sulla schiena massiccia e lievemente ricurva di Steve, che profumava di dopobarba. Entrambe le braccia a cingere quel busto contratto e perfettamente scolpito, tutto imbrattati di inchiostro che Bucky non aveva ancora visto. Dal tatto però, attraverso gli abiti, senza insistere con le mani, ma esclusivamente sentendo con imbarazzo quelle forme, poté ribollire di fascino davanti quel fisico statuario che aveva esclusivamente guardato per tutto il tempo. Avvertì così tanta sicurezza e serenità a stare su quella persona, che lo aveva persino fatto fidare della velocità liberatoria della sua motocicletta, da non preoccuparsi neanche più della mano scoperta sul ventre di Steve, o del braccio che toccava il suo corpo.
Avrebbe dovuto rendersi contro del suo preoccupante livello psichico che lo convinceva di quella malattia, avrebbe dovuto pensare a farsi prescrivere dei medicinali, o di farsi aiutare da un medico per migliorare la propria salute mentale, eppure riuscì solo a respirare in quel vento veloce, e accasciare l'anima sulla schiena di Steve.

Vita decomposta ||Stucky AU|| ✔Where stories live. Discover now