I.

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<<Mario, Mario mi stai ascoltando?>> scuoto la testa per scacciare via brutti pensieri e lo guardo, sta sistemando il suo lato dell'armadio.
È immobile con un orrendo maglione color rosa salmone tra le mani.

<<Scusa...dimmi?>>

<<Che faccio? Lo tengo o lo butto?>> arriccio il naso in una smorfia.

<<Ok, ok ho capito...lo butto, in effetti non lo mettevo da molto...tu non fai ordine?>>

Ordine?
Prima dovrei saper riordinare la mia vita.
Tengo per me questo pensiero e scuoto la testa di nuovo, accennando un sorriso.

<<No, è ancora accettabile.>> indico la montagna scomposta di magliette arrotolate tra di loro e lui sospira esasperato.

<<Cosa ci mangiamo per cena? In frigo credo che ci sia ben poco...>>

<<Possiamo andare in quel ristorante di pesce vicino a Ponte Milvio...che dici?>>

<<Sei romantico oggi?>>

<<Perché?>>

<<È il ristorante dove andammo durante la nostra prima uscita insieme.>> mormora dolcemente, è vero.
Ho smesso di dare importanza a certe cose, è solo un ristorante dove cucinano del buon pesce senza doverci lasciare un patrimonio.
Tengo per me anche questa constatazione, non voglio ferirlo.

<<Beh, spero cucinino ancora da Dio.>> annuisce e chiude l'anta dell'armadio stendendosi al mio fianco sul letto.
Il suo profumo si fa spazio nell'aria senza, però, entrarmi realmente dentro.

<<Forse è meglio se prenotiamo.>> afferra l'iPhone e compone il numero.

<<Un tavolo per due, possibilmente fuori...si per le 20:30 va benissimo, grazie arrivederci.>>

<<Devi farti la doccia tu?>> annuisce.

<<Allora vai o faremo tardi.>>

<<Che ore sono?>> sblocco il suo telefono.

19:26

<<Alle 19:30 vado, promesso.>> sussurra stringendomi in un abbraccio.
Le sue parole, però, sono un mormorio lontano.
Ventisei.
Un numero che continua a rincorrermi nonostante io tenti, in ogni modo, di sfuggirgli.

Mi scosto da lui improvvisamente facendolo trasalire e mi alzo, apro il cassetto del mio comodino per afferrare un paio di boxer.
Sto per lasciare la stanza quando la sua voce mi impone di bloccarmi.

<<Mario, tutto ok?>>

<<Si, Federico. Tutto bene. >>

<<Stai scappando?>>

<<Mi faccio la doccia per primo così porto giù Olly.>>

Sono di spalle, se vedesse i miei occhi adesso capirebbe che sto mentendo.
Non aspetto la sua risposta e mi chiudo in bagno.
Lancio i boxer contro il muro in un gesto di esasperazione e mi siedo sulla tazza del water, improvvisamente esausto.

Ventisei.

Non riesco a pensare ad altro da quando sono tornato da Verona.
Sono passate due settimane eppure è un pensiero costante.
Il Bar.
Il muro pieno di calligrafie.
Claudio.
Le sue parole.
Le mie parole.
Essere nella stessa stanza, dopo un anno.
Quella sensazione sotto pelle di estrema dipendenza mi stava, di nuovo, tormentando.

Apro il getto della doccia e prendo subito un abbondante porzione di bagnoschiuma per togliermi dalla pelle anche solo il pensiero di Claudio.
Maledico me stesso e la mia voglia di rivederlo per mettere un punto definitivo. Un punto che, forse, non doveva essere messo.
Un punto che ha riaperto un intero capitolo.

Destinati a finire.Where stories live. Discover now