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Passione.
Passione scorreva nelle mie vene e riempiva ogni anfratto del mio corpo.
Quella parola che non ero mai riuscita a capire appieno, ora si colmava di significato, forte, quasi come un nuovo organo, che sempre inattivo, finalmente aveva iniziato a pulsare constante e vitale.
Alec mi stava baciando ed era l'unica cosa che volevo e mi tirava a sé come se mi volesse ancora più vicino, anche se non era possibile.
Tutto era amore e passione, tutto era finalmente qualcosa che volevo, un ragazzo che volevo.
La sua bocca era passione, i suoi morbidi capelli fra le mie dita erano passione, il suo petto contro il mio bruciava di desiderio.
L'unica cosa che ci separava erano i tessuti dei nostri vestiti che ormai sembravano di troppo.
Si tolse la maglietta e ammirai tutta la sua bellezza.
Mi tolsi frettolosamente il vestito e lui si tolse i pantaloni.
Continuavamo a baciarci e ogni momento in cui dovevamo smettere e respirare osservavamo l'uno l'altra come se fosse l'unica cosa che aveva solamente significato al mondo.

Quella mattina mi svegliai, con la testa appoggiata al suo petto caldo e rassicurante e le sue braccia che mi stringevano forti.
Rimasi ferma a guardarlo.
La luce del sole che filtrava dalla finestra illuminava i nostri visi e rendeva tutto magico, ma reale.
Il raggio di sole delineava il contorno del suo viso e le sue ciglia nere, il suo naso, le sue labbra.
"È strano sai"iniziò a parlare, tenendo sempre gli occhi chiusi"di solito si pensa di sentirsi al sicuro quando veniamo abbracciati, ma io mi sento al sicuro tenendoti fra le mie braccia, dove so che sei al sicuro"la frase era formulata lentamente, perché doveva ancora svegliarsi del tutto e non potei trattenermi da lasciargli un bacio a stampo.
"Puoi anche aprire gli occhi, Alec"mormorai, accarezzandogli i capelli.
"Forse questo è un sogno e se apro gli occhi tutto finisce"disse sempre con la voce impastata dal sonno.
Gli pizzicai il braccio.
"Non è un sogno"disse spalancando gli occhi e finendomi addosso, con un sorriso enorme, come quello di un bambino.
"Non è un sogno!"ripetei.
"Per Raziel, sei bellissima"e mi baciò ancora.
Risi un poco, poi mi fermai.
Qualcosa scattò nella mia testa.
"Per l'angelo nononono"mi alzai in fretta e mi vestii.
"Bianca cosa-"
"Alec, i tre shadowhunters che erano spariti e sono tornati, avete controllato il loro collo?"
"No, ma sembravano apposto"stavolta si alzò anche lui preoccupato.
"Al, sono dei cavalli di Troia, lo capisci?"dissi ancora più preoccupata di lui.
In quel momento capì e spalancò gli occhi.
"Ci attaccano dall'interno".

Corremmo giù per le scale.
"Signorina Blackrose, Max Lightwood la stava cercando per allenarsi, ma non vi ha trovata ed è andato con Sebastian Verlac".
Lui era uno degli shadowhunters spariti e ritrovati improvvisamente.
Con il battito cardiaco accellerato entrai nella stanza di allenamento.
Caddi in ginocchio.
"no".
Il piccolo Max era steso a terra, una spada angelica nel suo petto.
Aveva gli occhi chiusi e sembrava stesse dormendo.
Sulla spada vidi le iniziali J.C M.
"No".
I capelli scuri arruffati, probabilmente si era dimenticato di pettinarli come sempre.
Io avevo cercato di controllare Sebastian, io dovevo controllare Sebastian e invece adesso lui era sparito e il mio piccoletto era morto.
Il MIO PICCOLETTO.
Il MIO PICCOLETTO non avrebbe più potuto imparare quelle pozioni che volevo insegnargli, non avrebbe mai saputo tutte le rune.
Io avevo intenzione di portarlo nel mio rifugio per metterlo al sicuro non appena fosse iniziata la guerra.
Ma la guerra era già iniziata, prima che io avessi potuto proteggerlo.
Io non ero riuscita a salvare il MIO PICCOLETTO e ora giaceva lì per terra, morto.
"NO"
Il MIO PICCOLETTO non avrebbe più potuto fare doppi sensi su me ed Alec, il MIO PICCOLETTO non avrebbe più rivisto Alec, il suo fratellone, né Izzy, né Maryse, né Robert, né Jace, né Clary.
E non avrebbe rivisto più nemmeno me.
Era venuto a cercarmi e non mi aveva trovato.
Io non avrei più potuto abbracciare il MIO PICCOLETTO e lui non avrebbe più potuto abbracciare me.
Urlai forte come non avevo mai fatto, puro dolore mi riempiva, mi colmava e piansi, piansi stavolta più di una lacrima, piansi mille lacrime, venivo scossa da singhiozzi mentre mormoravo "no no no".
Isabelle entrò nella stanza, probabilmente attirata dalle mie urla e così Alec.
Tutti e due urlarono"NOOO" e Isabelle si avvicinò e strinse a sé quel corpicino, come se fosse ancora vivo.
"Max, il mio campione"disse Alec, che si appoggiò al muro, tremante.
Tutti piangevamo e tutti ci avvicinammo, stringendoci l'un l'altra, intorno al NOSTRO PICCOLETTO.

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