L'acqua gelida del lavello gli aveva quasi fatto raggrinzire i polpastrelli, ma il profumo del detersivo al limone per i piatti gli mise addosso uno strano senso di serenità, seppur l'odore fosse pungente e nauseabondo. Si sedette sul divano scuro del piccolo salotto, vecchio, e con qualche molla fuori posto che metteva un cigolio sinistro fastidioso. Al suo fianco una piccola cassetta di latta con una croce rossa stampata sopra e poco sbiadita. Bucky la aprì, con la mano destra, tenendo quella sinistra sulle gambe, in bella vista, muovendo lentamente le dita che formicolavano. Oltre la miriade di cicatrici vecchie, e segni scuri, la sua svogliata attenzione dovette concentrarsi sul morso dato quella tarda mattinata, che dopo quasi tutto il pomeriggio passato a distrarsi davanti al televisore che recepiva scarso segnale, e a mangiare qualche avanzo, non era migliorato. Per miglioramento Bucky intendeva una colorazione più rosea della carne compromessa, eppure i segni profondi di quel morso erano ancora troppo evidenti, e il rossore sanguinolento aveva preso una tonalità gialla e grigiastra tra i lividi. Sospirò seccatamente, gettando con noncuranza un bel po' di disinfettante sulle escoriazioni secche, che bruciarono vistosamente. Ne tamponò le parti più umide con un batuffolo di cotone, ed infine applicò su tutta la superficie un grosso cerotto ospedaliero bianco. L'operazione svelta fu non poco dolorosa, e James si rese conto che il cerchio di pelle chiara al centro della cornice di denti era ancora poco sensibile e pallido. Tutto quello spettacolo non gli fece tanto piacere, aumentando la sua graduale depressione che presto lo avrebbe portato ai suoi abitudinari peggioramenti. Avrebbe dovuto chiamare Loki e Natasha, avrebbe dovuto andare in ospedale e farsi medicare non solo quella più recente ferita, ma anche alcune profonde e non del tutto rimarginate. Si morse il labbro inferiore e sospirò dal naso, sommerso dai propri pensieri, quando guardò il display del suo vecchio smartphone nero dallo schermo scheggiato, e lesse un messaggio da parte di Steve.
Aveva completamente messo in secondo piano il vero intento di quella doccia, programmata per darsi una ripulita per l'invito a cena di Steve la sera. Bucky voleva radersi la barba, rendere più presentabili i propri capelli e scegliere qualche felpa meno scolorita. Ma quel morso lo aveva annullato, il suo braccio, la sua malattia, lo avevano intrappolato ancora. Si era completamente dimenticato della sua vita, l'aveva messa da parte, per il dolore.
E Steve probabilmente lo aveva sentito, Bucky non sapeva come spiegarselo; Rogers nutriva una particolare attenzione nei sui confronti, e ogni qualvolta che James nella sua solitudine stava commettendo un atto di sofferenza, il pensiero concreto di Steve arrivava alla sua mente. Nessuno dei due era in contatto, nessuno dei due parlava, si guardava o si toccava, però Steve arrivava sempre a prendere per mano il dolore di Bucky e farlo allontanare. E James lo assecondava, senza nemmeno rendersene conto.
Mise da parte il flacone di disinfettante e lo scatolino di carta dei cerotti, e con un sorriso serrato afferrò il cellulare. Sbloccò velocemente lo schermo, così da visualizzare il messaggio, che gli diceva;

-Ti aspetto sempre per il solito orario-

-È una domanda?-

-Non proprio, ma se non hai nulla di meglio da fare io sono già difronte al locale.-

Bucky sgranò gli occhi, sorpreso e quasi imbarazzato.

-Sei impazzito?-

-Mi piace arrivare in anticipo.-
-Allora, sei soltanto puntuale o anche a te piace anticipare?-

James si guardò intorno, il disordine del suo piccolo appartamento era un buco in cui era imploso il caos più totale, e addosso aveva uno straccio preso a casaccio dal povero guardaroba. Ebbe dei veloci ripensamenti, il timore e l'insicurezza gli si sedettero accanto, ma alla fine si diede una smossa. Non avrebbe lasciato andare a rotoli le cose per il suo maledetto disturbo, avrebbe invece cercato di passare una piacevole serata in compagnia di quel mezzo estraneo, così gentile e disponibile verso i suo confronti, e perché no, a che un bel po' carino.
Con il pollice della mano detersa digitò velocemente la sua risposta, che arrivò a Steve;

-Metto qualcosa di più presentabile e sono da te.-

Gli occhi chiari balenarono quando Bucky camminò abbastanza velocemente sotto il sole del tramonto in città. Sui marciapiedi grigi centinaia di persone lo superarono, tante facce tutte diverse che la memoria di Bucky avrebbe cancellato all'istante. I negozi dalla parte sinistra dello spazio pedonale trattavano perlopiù di vetrine d'abbigliamento ben pulite e bar a buon prezzo. Le mani di Bucky erano sempre nelle tasche della sua felpa, questa volta non esageratemente larga e costretta a continui lavaggi in lavanderia che l'avevano scolorita, o che in alcuni punti della manica sinistra avevano vecchie macchie di sangue. Quella che stava indossando glie l'aveva regalata Loki per il compleanno, pensando ai gusti dell'amico, ma aggiungendo del suo per valorizzare lo stile che per certi versi avevano in comune. Della sua misura, gli calzava a pennello quasi fosse un capo elegante; dopotutto James era una bellezza, seppur trascurato e indebolito dalla stanchezza e dal dolore, presentava sempre dei tratti affascinanti, sia nel viso spigoloso che sul fisico snello.
Contrariamente ad ogni gusto dark dei due amici, Loki aveva regalato a Bucky una felpa grigio chiaro, con una frase stampata sopra in corsivo, a creare una composizione bella da vedere che diceva "on the left".
Ironico quanto il suo amico dai capelli neri si divertisse con piccole malefatte simili, che in fondo facevano schernire divertito di poco anche James sulla propria sfortunata zavorra detta braccio.
A quella felpa chiara Bucky aveva abbinato un vecchio paio di jeans neri aderenti, stracciati sulle ginocchia in maniera vistosa. In fondo, il meglio del proprio guardaroba lo stava già indossando.
I capelli castani erano sciolti, alcuni dietro le orecchie, altri a solleticargli la fronte. Pochi isolati, e avrebbe raggiunto il locale in cui Steve lo stava aspettando chissà da quanto tempo. Tuttavia la mente di Bucky non riusciva a non concentrarsi su qualcosa, perché quando i suoi pensieri si rilassavano e non sfuriavano tra mille immagini, il tormento sul suo braccio veniva a soffocarlo. Per non perdere la calma, e distrarsi sull'iniziativa di sbattere il braccio contro uno ponteggio arrugginito, Bucky guardò ancora il flusso di gente che continuava a camminare per i fatti propri. Un ragazzo a maniche corte, con una ragazza coetanea dai capelli biondi accanto, aveva un grosso tatuaggio lungo il braccio destro, messo in risalto dalle maniche corte della propria maglietta. Era una fiamma, tutta rossa e arancio, sfumata sotto la pelle, a rendere quel ragazzo quasi una torcia umana, per quanto era realistica, mentre la bionda aveva tatuato sul polso il numero 4. Un altro uomo gli passò accanto, vicinissimo, a pochi centimetri dagli occhi. James alzò lo sguardo e vide di sfuggita che quello sconosciuto aveva tatuato un teschio in fiamme sul collo, che però lui riusciva a vedere solo fino a metà, per colpa del colletto del suo giubbotto di pelle. Lentamente, come se la sua mente stesse cercando di rallentare il tempo per vedere meglio quei disegni sulla pelle delle persone, Bucky ritornò a guardare difronte a se, e a camminare con le mani in tasca. Un altro uomo, un altro tatuaggio; probabilmente un operaio del ponteggio ormai alle sue spalle, l'individuo oggetto di attenzione di Barnes aveva una canottiera bianca aderente, dei basettoni scuri e i capelli brizzolati, il tutto accompagnato da un'espressione aggressiva e imbronciata. Dal petto, oltre il tessuto del vestiario, un grosso disegno nero, ricco di sfumature, rappresentava degli artigli lunghi e di metallo quasi scintillante che aprivano uno squarcio in 3D, dai colori tra il rosso acceso e il cremisi. Bucky socchiuse leggermente le labbra carnose, respirando piano, riuscendo a sentire intorno a se non più il voci flebile della città, ma proprio il suo stesso fiato. Il suo pensiero ormai era totalmente rivolto a quei disegni sulla pelle, alla storia che si celava dietro di essi, alla bravura con cui erano stati lavorati, e ai punti più insolito del corpo in cui si trovavano. Avrebbe potuto uscire di testa più del necessario, pensando a tutti i tatuaggi del mondo, a tutte le persone che li avevano, ai più svariati soggetti che essi rappresentavano. Ed era tutta colpa di Steve, dei cento sette dei suoi di tatuaggi, che Bucky bramava di osservare. Voleva sapere ogni loro significato, voleva analizzare ogni dettaglio o imperfezione, capire quali gli piacessero e quali no. Steve lo aveva plasmato nel suo mondo, dove l'oceano è inchiostro e la terra pelle. Bucky era sopraffatto sempre di più da quella dimensione in cui aveva potuto scorgere i primi particolari nello studio in cui lavorava, e proprio con Steve voleva ampliare i propri orizzonti.
Pensò ancora, camminando in silenzio, ai milioni di disegni nel mondo paragonati al numero delle stelle nell'universo. E pensò a tutte quelle stelle sul corpo di Steve, che sostituivano i cento sette tatuaggi che già possedeva. Batté le palpebre per ritornare alla relatà, quando sentì chiamare il suo nome da lontano. Il silenzio che si era creato svanì, l'attenzione di Bucky si rivolse alla voce sempre più vicina, e poi lo vide.
Semplicemente Steve, vestito con una camicia bianca ben abbottonata, dei pantaloni da cerimonia blu scuro sorretti da delle bretelle del medesimo colore, ed un mazzo di rose in mano.
Sorrise a Bucky avvicinandosi a lui, e Bucky rimase fermo a sorridere piano, senza fare ancora rumore, guardando i suoi occhi, che racchiudevano la creatività e la bellezza di tutti e cento sette i suoi tatuaggi.

Vita decomposta ||Stucky AU|| ✔Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora