Capitolo 12.

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<<Quel che abbiamo alle spalle
e quel che abbiamo davanti sono
piccole cose se paragonate a ciò
che abbiamo dentro>>.
Ralph Waldo Emerson

Giorno 6 (Venerdì nero), ore 08:00

Justin

Il pranzo del Ringraziamento di ieri è stato un disastro, non che mi aspettassi altro. Papà ha invitato alcuni colleghi di lacoro, e mentre parlavano di Wall Street e dello stato dell'economia all'altro capo del tavolo, noi eravamo praticamente in silenzio. Scarlett era seduta di fronte a me, zitta di proposito mentre mangiava un piatto pieno di cibo del catering.
Adele non cucina e di certo non si sarebbe data da fare per il Ringraziamento. Non so se ho mai mangiato un tacchino cucinato in casa dall'ultima volta che ho passato le vacanze con i miei nonni a New York, anni fa.
L'atmosfera di ostilità che aleggia in casa è al limite. Adele ha cercato in tutti i modi di parlarmi ma io mi sono rifiutato. Il taxi è arrivato per portare via Scarlett come pianificato, ma io l'ho mandato via, infilandogli in mano due pezzi da venti come ricompensa per i problemi causati.
Scarlett non mi ha rivolto la parola neppure una volta. Appena è riuscita a defilarsi è scomparsa, tornando alla casa per gli ospiti senza augurare buonanotte a nessuno e chiudendosi a chiave in camera. Non è più uscita per il resto della notte.
Quindi ho fatto la stessa cosa, arrabbiato con me stesso per averle permesso di irritarmi tanto. Non ho dormito molto, e già non avevo quasi chiuso la notte prima, e ora sono in agguato fuori dalla porta di Scarlett, tentato di buttarla giù a calci e obbligarla a parlarmi. Non sono più me stesso. Io non sono il tipo che cerca il confronto. Odio affrontare i miei sentimenti. Ma dannazione, la litigata di ieri mi ha punto sul vivo. Mi sento una femminuccia, perché mi ero illuso che quello che avevamo stesse diventando qualcosa di speciale.
Deduco che mi sbagliavo.
Eppure è questo il caso in cui la mia testardaggine si manifesta, per la prima volta nella mia vita personale. Non voglio sbagliarmi e non credo che sia così. Per qualche ragione, Scarlett sta scappando perché è spaventata. Non la biasimo: io faccio la stessa cosa un giorno sì e uno no. Le uniche volte in cui sento di avere il controllo completo della mia vita sono quando mi trovo sul campo di football. E ora che sono intrappolato qui da giorni, non vedo l'ora di tornarci. Di distrarmi da queste stronzate e tuffarmi nel gioco.
Di tornare a essere un robot insensibile e dimenticare tutto.
Furioso con me stesso, busso e giro la maniglia, sorpreso di trovare la porta aperta. Non mi preoccupo di lasciarle il tempo di rispondere: entro a grandi passi nella camera buia, fermandomi ai piedi del letto per trovarla addormentata, un bozzolo al centro delle lenzuola. I capelli sono sparsi sul cuscino e aggrovigliati in onde leggere, il viso dolce nel sonno. Le labbra, boccioli di rosa socchiusi, le coperte sono abbassate all'altezza della vita, e ha addosso una maglietta striminzita azzurra senza reggiseno, i capezzoli chiaramente visibili sotto il tessuto sottile.
Il top semitrasparente e i suoi capezzoli duri mi catturano, mi fanno quasi salivare. Nella stanza fa freddissimo e mi avvicino a lei, afferrando il piumone per coprirla. Con le nocche le sfioro il petto -lo faccio di proposito- e lei spalanca gli occhi di colpo. Si mette a sedere così in fretta che per un pelo non mi dà un colpo alla mascella con la fronte e faccio un salto indietro, risparmiandomi una botta.
<<Cosa fai?>>. Si porta le coperte al mento, nascondendo tutta quella morbida pelle esposta e deludendo la mia immaginazione. <<Ti aggiri di nascosto nella mia stanza?>>
<<Volevo assicurarmi che stessi bene>>. Risposta poco convincente, ma non mi viene in mente altro.
<<Che ore sono?>>. Si allunga verso il comodino e prende il cellulare, controllando l'ora con uno sbuffo esagerato. <<Perché dovrebbe esserci qualcosa che non va a quest'ora del mattino?>>
<<Ti sei chiusa dentro dodici ore fa. Per quanto ne sapevo potevi anche aver perso i sensi>>. Sento di dovermi difendere, e non mi spiego come sia possibile che abbiamo fatto tanti passi indietro e ora siamo ostili l'uno con l'altra. È orribile.
Rivoglio la nuova Scarlett. Rivoglio noi insieme.
Non c'è mai stato un "noi", razza di stupido.
Serro le labbra e mi siedo sul bordo del letto, e lei si scansa da me come se avesse bisogno del suo spazio. Ho un'idea che mi frulla per la testa dalle tre di stamattina e spero che sistemi qualunque danno sia accaduto nella nostra relazione incerta. Se non dovesse essere d'accordo..
Non so cos'altro fare.
<<Be', sto bene>>, rimbecca mentre appoggia il cellulare al suo posto, lo sguardo fisso sulle sue ginocchia piegate. <<Ora puoi uscire>>.
<<Speravo che ti andasse di venire con me in un posto>>.
Scuote la testa in un gesto di ostentata indifferenza. <<Non so se è una buona idea passare del tempo insieme, Justin. Dobbiamo far finta di essere una coppia e va bene, ma la settimana è quasi finita e non credo sia più necessario continuare lo show>>.
Cazzo, cos'ho fatto? Non ne ho idea, e lei non me lo dirà a meno che non le tiri fuori le parole con le pinze. <<Vorrei che mi accompagnassi al cimitero. Devo andare a trovare mia sorella>>.
Finalmente mi guarda con quegli occhi blu pieni di dolore e comprensione. Tutti per me. <<Non so se sia il caso..>>.
<<Ti voglio con me>>. Le prendo la mano e la cullo nella mia. Ha le dita fredde come il ghiaccio e cerca di divincolarsi, ma io stringo la presa. <<Ti voglio lì, Scarlett>>.
<<Credevo che Adele avesse dei piani esclusivamente per la famiglia>>. Alza il mento con aria sconfitta. Vulnerabile. Bellissima.
Così meravigliosa che vorrei stringerla fra le braccia e non lasciarla mai andare. Eppure mi trattengo.
<<Non vado con loro>>. Sarebbe il mio incubo che diventa realtà. Adele che si trasforma in un relitto piangente, aspettandosi che io le stia vicino, pieno di comprensione, a dispensarle abbracci.
Riesco a malapena a sopportare il pensiero che mi sfiori per sbaglio, figuriamoci volontariamente.
Scarlett è silenziosa. Sta considerando la mia proposta, il che mi riempie di sollievo. Non voglio andare da solo e nemmeno con i miei, ma sento il bisogno di andare a portare omaggio alla tomba della mia sorellina. L'idea di andarci da solo mi riempie di una tristezza così sconvolgente che temo che crollerei nel parcheggio del cimitero. Non riuscirei a entrarci.
Avere Scarlett al mio fianco mi darà la forza di cui ho bisogno per visitare la tomba di mia sorella. Per implorarla di perdonarmi per non essermi preso cura di lei, sperando che quando racconterò la verità a Scarlett non mi odierà per quello che ho fatto.
E forse, soltanto forse, la sua approvazione mi aiuterà ad alleggerire l'odio che provo per me stesso.
<<Va bene, ti accompagno>>, sussurra, lo sguardo di nuovo basso. <<Quando vuoi uscire?>>
<<Devo farmi la doccia. E sicuramente devi farla anche tu>>. Annuisce. <<Un paio d'ore allora? Per le dieci?>>
<<Perfetto>>. Stacca piano la mano, le dita che scivolano fra le mie. È così bella con i capelli arruffati, ancora sonnolenta. Guardarla mi fa quasi male.
<<Grazie>>, sussurro. <<Per avermi promesso di venire con me>>.
<<Grazie per avermelo chiesto>>. Si inumidisce le labbra con la lingua, facendomi venire voglia di baciarla. <<È per questo che ero così arrabbiata, Justin. Dopo tutto quello che è successo ieri, quello di cui tu e Adele mi avete accusata, ho pensato che non ti fidassi più di me. Quando invece io sono sempre stata onesta>>.
Ha ragione, lo so. Ho esagerato. Adele mi ha provocato e io ci sono cascato. Che stupido.
<<Non avrei dovuto darle retta>>. Faccio un respiro profondo. <<Mi dispiace>>.
Un timido sorriso le incurva le labbra e il mio cuore accelera i battiti. <<Sei perdonato. E giusto perché tu lo sappia.. il ragazzo con cui stavo parlando ieri?>>.
Ora il cuore mi martella nel petto. <<Sì?>>
<<Era Owen, mio fratello>>.
Ora mi sento cento volte più stupido. Certo che stava parlando con suo fratello. È sempre preoccupata a morte per lui. <<Non dovrei mai ascoltare Adele>>.
<<No, è vero>>.
<<Mi sento uno stronzo>>.
<<Ieri lo sei stato>>.
Sto per aggiungere qualcosa, ma lei mi interrompe. <<Devo dire la verità? Mi ha fatto piacere vederti arrabbiato. Significa che senti davvero qualcosa>>.
Resto in silenzio. Non ricordo l'ultima volta che ho dato fuori in quel modo. È mai capitato? È come se mi si fosse accesa dentro una miccia.
<<Vado a fare la doccia>>. Mi indica la porta con un cenno della testa. <<Ora preferirei restare sola, non mi va che tu mi veda. Ho anche la maglietta trasparente>>.
<<Scarlett, mi dispiace deluderti ma ti ho già vista>>, le ricordo a voce bassa.
Ora è il suo turno per rimanere in silenzio e mi alzo con un sorriso in faccia, dirigendomi verso la porta. <<E quello che ho visto mi è piaciuto>>, le dico.
La sua risata delicata mi accompagna lungo il corridoio.

Non dirmi un'altra bugia » jdb.Where stories live. Discover now