capitolo 5.

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«L'amore è un fumo che nasce
dalla nebbia dei sospiri».
William Shakespeare

Giorno due, ore 14:00

Scarlett

Le persone ricche fanno schifo. Sono maleducate, si sentono in diritto di fare ogni cosa, e che dio ti aiuti a non sembrare una poveraccia. Ho addosso un paio di jeans e una maglia, niente di che, e mi squadrano come se fossi una specie di barbona. Mi lanciano occhiate di disprezzi come se fossi uscita dalla spazzatura, e hanno persino il coraggio di fare la faccia spaurita quando mi avvicino. Come se stessi per accoltellarli o per rubargli dei soldi.
Ecco cosa mi succede mentre cammino per i negozi schierati uno dopo l'altro lungo Ocean Avenue nel centro di Carmel. Justin mi ha lasciata in cima alla collina, spiegandomi che c'era una quantità infinita di negozi e di gallerie d'arte sulla strada principale e anche nei vicoli secondari. Ha detto che potevo esplorare la zona per ore, se mi andava, e io ho risposto subito di sì, perché sapevo che suo padre voleva parlargli in privato.
Sono insieme proprio adesso. Seduti in qualche ristorante, a fare finta di pranzare mentre suo padre gli fa il terzo grado, ne sono sicura. Per fortuna Adele non è potuta andare perché aveva un appuntamento dal parrucchiere, anche se era pronta ad annullarlo. Il marito l'ha fermata, dicendole che preferiva parlare con suo figlio da solo.
Il suo disappunto è stato evidente.
Un brivido mi è sceso lungo la spina dorsale. Quella donna mi fa venire la pelle d'oca. Non mi piace, e io non piaccio a lei. Per niente. Fa il possibile per passare del tempo con Justin e lui cerca di evitarla a ogni costo. Non lo capisco.
Ma in fondo, chi sono io io per giudicare, quando si tratta di famiglie sfasciate? La mia è un vero casino.
Mi fermo davanti alla vetrina di un negozio e sbircio all'interno.
Le scarpe in bella mostra sono così costose che decido di non potermi permettere nemmeno di dare un'occhiata, figuriamoci di entrare. Per fortuna lo squillo del mio cellulare mi salva dal fare qualcosa di tanto azzardato.
«Dimmi che va tutto bene», rispondo.
«Va tutto bene», dice Owen. Dannazione, dalla voce sembra che stia facendo una smorfia.
«Non sei a scuola?». Sono solo le due, non dovrebbe uscire fino alle tre.
«Oggi facciamo solo mezza giornata».
Sta mentendo. La mezza giornata è il mercoledì, ma non ha senso insistere. Non posso fare niente, da qui. «Mamma è stata a casa?»
«Sì, la scorsa notte c'era, ma sarebbe stato meglio il contrario». Dice una parolaccia a bassa voce. «C'era il suo nuovo ragazzo con lei».
Bleah. Per fortuna non c'ero. Anche se forse se ci fossi stata, mia madre non lo avrebbe portato in casa. Sarebbe rimasta lei a casa sua. «È simpatico?»
«No, è uno stronzo. Le dà gli ordini e si fa servire una birra dopo l'altra. Alla fine gli ho detto di prendersela da solo la sua birra».
Mi lascio scivolare lungo un muro con un gemito, guadagnandomi qualche occhiata dai passanti. «Non è vero».
«Certo che sì. È un maleducato e un ubriacone. Mamma si merita di meglio».
Non sono d'accordo, mamma non merita di meglio. Ha fatto delle scelte in tutti questi anni, e sono sempre le stesse. Ho perso il conto di quanti rozzi ubriaconi ha frequentato. Owen non se ne rende conto perché io l'ho protetto il più possibile dall'infinito stuolo di ragazzi.
«Mamma si è arrabbiata?»
«Non ha aperto bocca, ma il tipo ha minacciato di darmi un calcio nel sedere se mi permettevo di rispondergli ancora».
«Merda», mormoro, chiudendo gli occhi per un secondo. Ecco perché non sarei dovuta andare via. Non sono passati neanche tre giorni pieni e tutto sta già crollando a pezzi. «Spero non abbia alzato un dito su di te, o chiamo la polizia».
«Pfff». I tredicenni si illudono di essere invincibili e mio fratello non è un'eccezione. «Vedrai che non mi tocca, o sarò io a mollargli un cazzotto per primo».
«Forse devo tornare a casa». Sento un'ondata di panico dentro di me. So che tutto può sfuggire dal controllo in fretta quando non ci sono. Le parole di Owen non fanno che provarlo. «Salto su un pullman o un treno e sono a casa entro sera se hai bisogno di me».
«E quei discoli che stai tenendo? Non puoi mollare il tuo lavoro».
«Posso se tu sei nei casini. Nessun lavoro è più importante della famiglia». Osservo la gente elegante che mi passa vicino. Fa freddo, la nebbia è sospesa in alto, simile a nuvole, e il marciapiede è zeppo di turisti e locali. Non ci vuole un genio per distinguerli.
«Stai lì e guadagna tutti i soldi che puoi, sono sicuro che ne avremo bisogno». Owen abbassa la voce e nella distanza sento un urlo, forse di qualche suo amico teppista. Dio, probabilmente sono tutti a casa nostra a farci fuori le scorte di cibo. «Mamma ha perso il lavoro».
Sento che mi sta per scoppiare il cuore. Lavorava part-time per un concessionario di automobili e prendeva uno stipendio minimo. Niente di che, ma avevamo bisogno di ogni centesimo che portava a casa. I soldi di Justin dureranno pochissimo, specialmente ora che è rimasta disoccupata. «Fantastico. Quando è successo?»
«Stamattina. Mi ha mandato un SMS. Dice che passerà la notte da Larry».
«Quindi tu starai a casa da solo». Maledizione! L'ultima cosa che volevo accadesse.
«Vado da Wade, non preoccuparti. Dormirò lì». Lo dice in modo così disinvolto che mi si rizzano i peli della schiena.
Sta mentendo, potrei giurarci. Sono così brava a capirlo che dovrei essere sua madre. «Fai meglio ad andarci davvero. Chiamerò a casa di Wade stasera per controllarti».
«Smettila, Scarlett. Cos'è, non ti fidi?». Ora piagnucola, come faceva quando era piccolo. Altro segnale che sta dicendo una bugia.
«No, non quando sono fuori città». Il mio cellulare emette un beep: ho appena ricevuto un messaggio. Allontano il telefono dall'orecchio per dare un'occhiata veloce.
È Justin. E si tratta di una singola parola.
"Marshmallow".
Merda.
«Ehi, devo andare, ma più tardi ti chiamo, voglio parlare con la mamma di Wade per assicurarmi che tu stia bene e che faccia i compiti».
«Scarlett, è una vera stronz..».
«Ciao». Chiudo la comunicazione prima che Owen mi faccia infuriare ancora di più e mando subito un messaggio a Justin.
"Non posso venire a salvarti se non so dove sei".
Il cuore mi martella nel petto dopo che premo INVIO.
È la prima volta che Justin usa il codice "marshmallow" e sono preoccupata per lui. Ieri siamo rimasti tutto il tempo a casa. Io ho passato il pomeriggio in spiaggia mentre Justin e suo padre sono andati a giocare a golf in un campo non troppo lontano da casa. Ci sono un sacco di campi incredibili nella zona, me l'ha spiegato Justin -non che a me interessasse molto. Trovo il golf estremamente noioso, ma credo che Adele li abbia accompagnati lo stesso, anche se lei non gioca. Probabilmente li ha inseguiti tutto il tempo seduta sulla golf car.
La cena di domenica sera è stata per me una sfilata di stranezze. Adele cercava di parlare con Justin, tormentandolo con domande molto personali e ignorandomi. Suo padre, ignaro delle strane vibrazioni, ha tenuto il passo con il bicchiere sempre pieno di vino e alla fine della serata biascicava le parole.
Sono scappata appena dopo cena, dicendo che ero stanca per gli esami di metà semestre -bugia bella e buona dato che non vado all'università. Justin ha seguito il mio esempio. Siamo tornati insieme alla casa degli ospiti e ci siamo ritirati nelle nostre rispettive stanze. Ero così stanca che credevo mi sarei addormentata all'istante, e invece non è stato così. Sono rimasta sveglia per più di un'ora, pensando a Justin e alle folli dinamiche di famiglia che deve subire.
Il telefono fa un beep e do un'occhiata allo schermo.
"In un ristorante fra la Sesta e Ocean. Devo andarmene da qui. Ti aspetto fuori".
Pare che io debba salvare il mio finto fidanzato dal suo padre dispotico.

Non dirmi un'altra bugia » jdb.Onde histórias criam vida. Descubra agora