Capter XXIX

4.5K 197 48
                                    

"Mi stai ascoltando?" Chiese James, in realtà no, non lo stavo minimamente ascoltando, il mio sguardo era fisso su Justin che giocava mentre noi sfaticati ci eravamo distesi sull'erba dopo una corsetta di sì e no due minuti. Il fiato corto e non era colpa di essa.

"Scusa?" Chiesi lasciando a malincuore la vista di un Justin sudato e con i muscoli in bella vista, guardai James che capito cosa stessi guardando alzò gli occhi in senso di fastidio e poi aprí bocca.

"Dicevo, che oggi sono libero, quindi potremmo continuare le nostre ricerche" Alzò le sopracciglia "Da quando frequenti Justin sembra che tu te ne sia dimenticata"

"No, non è vero" Invece lo era, la presenza di Justin mi aveva distratta, aveva preso la mia attenzione e io ho smesso di pensare ad altro, merda.

Lo guardai scusandomi, era vero, quindi l'unica cosa da fare era continuare quel pomeriggio le ricerche e speravo che il tempo perso non ci portasse cattive notizie o addirittura fuori strada. Mi ero ripromessa di riuscire in questa cosa, e non potevo tirarmi indietro speravo solo di arrivate ad una conclusione meno dolorosa e più soddisfacente. Riportai lo sguardo su Justin, posai una mia mano sugli occhi e aspirai aria, cercando il più possibile di ritrovare il mio cuore che a quella vista aveva incominciato a pompare il sangue da tutte le parti facendomi pensare cose alquanto illegali per una ragazza. Riportai la mano sull'erba e poi riportai il mio sguardo sulla figura, illuminata dal sole, di James che a sua volta fissava me quasi cercando di capire cosa potesse passarmi per la testa, concentrato e mi sentí immediatamente a disagio.

"Non la smetterai vero?" Chiese corrugando la fronte e increspando le labbra. Lo guardai ignara del significato della sua domanda.

"Di fare cosa?" Domandai a mia volta, non era cortezza rispondere ad una domanda con un'altra domanda, ma volevo capire.

"Di frequentarlo" Disse indicando Justin con il capo, senza mai voltarsi e li capí il fastidio nei suoi confronti.

"Bella domanda" Sospirai "So che ti da fastidio, ma vedi sembra cambiato, in senso buono, sembra d-"

"Diverso?" Rise amaramente "Si lo so, non smetti di ripeterlo Kandra, credo di sapere questa parte a memoria" Disse in modo fastidioso, tanto da infastidire me.

"Non lo dico tanto per dire, è cambiato questo lo hanno visto tutti e poi gli sto dando la possibilità di rimediare, come l'ho fatto con mio padre" Non appena arrivai a scuola il giorno dopo aver avuto quella conversazione con mio padre, James capì che qualcosa non andava e io stanca di dover sempre tenere tutto dentro sputai tutto fuori, gli riferì ogni piccolo dettaglio e lui rimase stupito tanto quanto me quella sera. Mi aveva abbracciata subito dopo il mio racconto straziante, mi aveva dato il suo appoggio, la sua spalla su cui sarei potuta correre in caso avessi voglia di piangere, come aveva fatto Justin, ma lui era diverso.

"Tuo padre ha bisogno di una possibilità, ma lui?" Chiese aspramente "Lui non sembra affidabile, non che tuo padre lo sia ma è diverso" Portò la sua mano, che prima accarezzava l'erba, tra i capelli scompigliandoli.

"Entrambi mi hanno fatto del male, non vedo perché sia diverso, mio padre ha un'unica possibilità per rimediare e Justin infinite e voglio che sia così, che possa rimediare quando vuole e come vuole, per una volta voglio essere io quella a cui riservare delle scuse, quelle che mi sono sempre state dovute" Mi stavo prendendo la mia rivincita, si certo non me le ero immaginata così, ma volevo quello che di diritto mi aspettava sia da mio padre che da Justin.

James concluso l'allenamento e suonato la campanella di fine lezione si alzò e andò via senza degnarmi di un saluto o semplicemente di uno sguardo, si era alzato carico dei suoi pensieri e dei suoi malumori ed era andato via lasciandomi sola, non del tutto. Finito l'allenamento Justin si precipitò da me, sudato e bello come nessuno, il sole illuminava le sua pelle dorata e bagnata da gocce di sudore, i suoi muscoli si tesero quando si sedette proprio di fronte a me. Le sue mani sostenevano il suo peso e le sue gambe erano distese per intero, il suo petto si alzava e abbassava troppi velocemente, segno che era davvero stanco. Puntò lo sguardo sul mio e presa in flagrante arrossí e lui rise della mia reazione.

"Cosa voleva James?" Chiese, restai sorpresa del fatto che se ne fosse accorto nonostante fosse concentrato sul gioco.

"Nulla" Scossi la testa "È solo preoccupato per il test di fisica e mi ha chiesto se pomeriggio andassi da lui per aiutarlo" Dissi ringraziando la mi mente per aver preparato una bugia così in fretta. Mi guardò. Mi vennero i brividi.

"Sei brava in fisica?" Chiese squadrandomi. No.

"Si me la cavo, ma lui è proprio una frana, non può permettersi un'altra insufficienza o è fuori dal corso e sai com'è il professor Mars, non da tregua" Dissi dicendo in parte la verità, non è che James fosse un portento in fisica.

"Quindi tu lo aiuti?" Chiese in modo alquanto infastidito.

"Si, smettila Justin è un mio amico" Dissi e lui alzò le mani per discolparsi da quello per cui io lo stavo accusando.

"Quando finisci con lui pensi di avere del tempo per me" Disse imitando la faccia di un cucciolo smarrito e pronto per le coccole.

"Si e smettila con quella faccia da cane bastonato non so se avrò tempo per te" Dissi sorridendo di poco vedendo la sua espressione stupefatta dalle mie precedenti parole.

"Non sai?" Disse avvicinandosi a gattoni, premendo poi il suo naso contro la mia guancia "Io sono sicuro che faresti salti mortali per me" Sorrise sghembo. Ed aveva ragione, Dio se l'aveva.

"Io dico che dovresti un po' sgonfiare il tuo insopportabile ego, troppo per i miei gusti" Dissi ridendo e spostandomi di poco da poter osservare il suo viso illuminato dai raggi del sole.

Rise, per poi alzarsi e porgermi una mano, accettai il suo aiuto e una volta in piedi mi sistemai i jeans e li ripulì da quel poco di terra che si era incastrata nel tessuto, poi ripulì le mie mani tra di loro. Lui in tutto questo mi osservò quasi stesse studiando i miei movimenti, forse lo stava facendo è tutto ciò gli dava l'aria di uno stalker professionista, non che lo fosse ma delle volte ne dava l'aria. A quel pensiero una risata uscì dalle mie labbra e lui strinse gli occhi per capire a cosa stessi pensando, portai una mano in alto e la sventolai cercando di dirgli che erano le classiche stupidate pensate dal mio cervello.

L'ora di matematica era passata tra palline tirate dagli ultimi banchi tanto da formare a terra uno sterminio di palline appiccicaticce, cercai di concentrarmi a quei numeri che riuscivano a farmi girare la testa, amavo il mio professore di matematica ma delle volte la sua voce era come un allarme che non smetteva mai di ripetersi, era snervante e delle volte pesante, troppo. Chiesi di uscire, così presi lo zaino sicura che non sarei più entrata. Portai lo zaino sulla spalla e camminai per i lunghi corridoi, sperando di non incontrare nessuno ma la sfiga evidentemente sapeva sempre trovarmi.

"Kandra" Mi girai al richiamo del mio nome, molto lentamente, era Josefin, una ragazza del mio corso di arte, non avevo mai avuto modo di scambiarci qualche parola, nessuno delle due ne sentiva il bisogno a dire la verità.

"Josefin?" Chiesi non aspettandomi lei. Non che aspettassi qualcuno, o forse sì.

"Senti, il professore di arte ci ha assegnato un disegno di nudo e sai che sono timida per chiederlo a qualcun altro, così pensavo di chiederlo a te" Sbarrai gli occhi e tossì ripetutamente.

"Josefin anche io sono nel tuo stesso corso non posso fare da modello quando anche io ho lo stesso compito" Dissi sicura del fatto che questa era matta. Non lo avrei mai fatto.

"Lo so, ma pensavo che magari portando un lavoro nostro in cui collaboriamo il professore possa comunque accettarlo" Chiusi gli occhi dal nervoso e poi strinsi la bretella sinistra del mio zaino.

"Non lo farò, non farò da modello" Sorrisi per non sembrare scortese anche se volevo esserlo "Puoi chiedere a Jack o James, sono sicura che nessuno dei due si tirerà indietro" Le feci l'occhiolino per poi svoltare l'angolo.

Camminai velocemente volendo a tutti i costi parlare con Justin, scansai tutti gli alunni che ormai riempivano i corridoi, quando lo trovai appoggiato al suo armadietto controllando i libri sorrisi, arrestai il passo godendomi la vista per un po' per poi riprendermi e avanzare il passo. Una volta a fianco a lui chiusi forte l'armadietto e lo guardai, non lo lascia parlare.

"Ti voglio come modello di nudo per il mio quadro"

Bullismo.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora