Capter V

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Aprì la porta di casa con molta lentezza sperando di non far rumore e quindi svegliare mio padre, la chiusi alle mie spalle per poi posare la borsa vicino l'entrata, accesi la luce del salone e mi sedetti sul divano di pelle bianca, mi presi la testa fra le mani e cominciai a chiedermi per quanto tempo tutto questo potesse andare avanti, non ero ancora all'inizio ma la voglia di scappare e abbandonare tutto era tanta. È come quando ti senti impotente davanti a qualcosa, uno di quegli ostacoli enormi da superare e pesanti al massimo, ed era in quel momento che mi accorgevo che avevo bisogno di una via d'uscita ma come sempre non ne avevo una, non avevo mai creata una, mi sembrava da stupidi che quando le cose andavano bene io avevo bisogno di una strada secondaria beh, adesso mi sembra la soluzione migliore. Lascio la presa sulla mia testa e appoggio le mani sul divano graffiandolo con le unghie, la pelle bianca e pura all'improvviso viene squarciata, graffio ancora più in fondo ma una voce ferma i miei movimenti.

"Non ti ho mai insegnato a tornare in orari del genere" Disse con voce ancora impastata dal sonno ma nonostante la sua presenza mi intimidisce non giro lo sguardo verso di lui.

"Sono tornata più di dieci minuti fa" Dissi flebile per paura che potesse arrabbiarsi.

"Dieci minuti fa erano le dodici, non mi sembra un comportamento corretto piccola Ki" Ghignó per poi sentire i suoi passi veloci, non feci in tempo a capire cosa diavolo stesse succedendo che mi sentì presa per i capelli e poi trascinata sul pavimento, ebbi paura.

"Mi stai facendo male, per favore" Cercai le sue mani che risiedevano tra i mie capelli, cercai di graffiare il dorsi delle mani ma mi era impossibile.

"Avanti piccola Ki, pregami di non farti del male, voglio sentirti. Voglio sentire come ti rendi ridicola, avanti" Mi guardò negli occhi per poi sbattermi la testa sul pavimento e facendo uscire un urlo di dolore dalla mia bocca, bruciava e quando l toccai la mia mano venne invasa da sangue. Rise anche se la cosa non era affatto divertente.

"Mi fai male, ti prego" Boccheggiai sperando che cedesse e mi lasciasse in pace. Ma fece tutt'altro, portò una mano sul viso e lo girò verso di lui, i suoi occhi viaggiarono sui miei lividi e sul sangue che colava dalla tempia, senza nessuna pietà mi diede un pugno che colpì lo zigomo destro, urlai e liberandomi dalla sua presa strisciai verso la porta e quando la toccai lui prese le mie caviglie e mi riportò indietro. Mi sentì stupida, cercai di dimenarmi ma nulla, lui era sempre quello che avrebbe vinto in qualsiasi cosa, lui era quello che aveva il controllo e io sarei sempre stata la marionetta, una stupida marionetta.

Mi sveglia non appena la sveglia suonò rompendo i miei adorati timpani, rassegnata scoprì il mio corpo dall'avvolgente lenzuolo e guardai le mie gambe, piene di lividi, li sfiorai con le dite, scossi la testa e risi amaramente subito dopo mi alzai dolorante e mi diressi in bagno, lavai il mio viso, le braccia, le gambe, volevo togliere le sue mani dal mio corpo, volevo sentirmi pulita ma ad ogni goccia che bagnava la mia pelle mi sentivo ancora più sporca. Imprecai mentalmente, asciugai il tutto e mi vestì per andare a scuola e con molta velocità cercai di coprire i lividi, passai del fondotinta per coprire ma appena mi guardai allo specchio e il mio sguardo si soffermó sul tagli allo zigomo, lanciai il tampone a terra e appoggiai le mie mani sul lavello, sospirai ormai stanca.

Scesi di sotto, nessun rumore, nessuno in casa e questa era una cosa normale ma in quella situazione era fortuna, aprì la porta e la rinchiusi con molta velocità, improvvisamente mi ritrovai a correre per paura di bagnarmi ma non era una cosa che stava riuscendo bene visto che ero bagnata, smisi di correre e appoggiai i palmi delle mani alle gambe sperando di riprendere fiato, mi guardai intorno e feci per riprendere a camminare quando una macchina nera passa a tutta velocità bagmandomi più di prima, spalancai la bocca incredula la macchina su fermò di botto per poi abbassare i finestrini.

"Guarda, guarda chi abbiamo qui" Mi girai verso il ragazzo che scoprire il viso di Justin accompagnato da un sorriso e dai suoi amici idioti.

"Contento di vedermi Bieber?" Chiesi sfacciatamente, spalancai immediatamente gli occhi per quello che avevo detto e per come me mi era uscito fuori e non fui l'unica che si accorse di questo.

"Cos'è questa presa di coraggio Smith?" Chiese lui contraendo i muscoli facciali.

"Cosa vuoi Bieber? Perché sinceramente non né la voglia né la pazienza di poter stare qui a parlare con te" Mi mossi in avanti per poter scappare da loro come una codarda ma quando girai le spalle sentì una portiera sbattere.

"Ferma" Disse afferandomi per il braccio e spingendomi a terra, sbattei violentemente il sedere e mugunai dal dolore, rise di me e con la forza che mi era rimasta mi alzai e con la mano destra contratta in un pugno la scaraventai sul suo zigomo. Cadde a terra e io mossi la mano dolorante e poi scappai.

Oh cazzotti l'avevo combinata grossa. 

Bullismo.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora