Capter IV

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Appoggiai la mia schiena contro la tastiera del letto, guardai i miei polsi e le mie gambe scoperte, la visuale non era delle migliori, anzi non lo era affatto, tutte quelle cicatrici erano orribili, si estendevano sulla mia pelle, formavano dei piccoli dossi su di essa e la cosa che mi faceva stare di merda era sapere che non se ne sarebbero andato. Portai le mie dita su una di esse, incominciai a tracciarne il contorno e nel mentre mi ripetevo come potessi aver solo pensato ad una via d'uscita da tutto questo ed averla paragonata a dei tagli, ma nulla poteva cambiare cosa davvero era successo. Coprì le mie gambe con il lenzuolo per poi sospirare, chiusi gli occhi e poi mi resi conto che uscire da quell'inferno mi avrebbe fatto bene, così scostai il lenzuolo e mi vestì in fretta, scesi le scale trovando mio padre che dormiva sul divano, come sempre. Vederlo così mi faceva sentire in colpa, so che la colpa non era la mia ma la persona che amava di più al mondo l'ha lasciato qui e io ne sono la causa.

Sospirai pesantemente e aprì la porta, presi il mio skateboard e mi deressi verso la città. La mia mente fu trasportata da milioni di pensieri che si elaboravano all'interno di essa, pensai al mio papà, a quando ero piccola e lui era il mio principe azzurro, non era venuto su un cavallo bianco, non era venuto vestito d'azzurro ma era venuto lo stesso, mi ricordai di quando piangevo, di quando faceva di tutto per farmi tornare a sorridere, di quando avevo paura del buio, lui restava, restava fino a quando mi addormentassi, fino a quando finalmente mi sentivo al sicuro. Adesso invece, non scappavo dai miei incubi ma scappavo da lui, sta volta si era trasformato da principe azzurro a un mostro, non mi toccava con l'intento di non farmi male, anzi, cercava in tutti i modi di avere sempre un pretesto anche il più stupido per poter picchiarmi. La cosa faceva male, molto male.

Chiusi gli occhi un attimo beandomi del vento che scompligliava i miei capelli e in un certo senso mi faceva sentire libera da tutto questo. Rallentai quando da lontano intravidi Bieber e i suoi amici, l'ansia incominciò a crescere e la paura di essere vista diventò insostenibile così mi accostai di più al marciapiede e quando fui fuori dalla loro possibile visuale mi intrufolai all'interno di una palestra. Portai una mano all'altezza del cuore e potei sentire i miei battiti, avevo avuto paura e non nego che era stata tanta, vedere loro, lì. In cominciai ad osservare l'interno della palestra, c'erano persone che si allenavano e altre che invece facevano solamente comparse come me d'altronde.

"Kandra?" Chiese una voce alle mie spalle, lentamente e con il cuore in gola mi girai. Fortunatamente trovai un James sorpreso.

"Che ci fai qui tu?" Chiesi io di botto facendo spuntare uno sguardo stranito e confuso e credetemi lo ero anche io.

"Questo dovrei chiedertelo io, visto che io lavoro qui ed è normale che io mi trovi qui" Immediatamente mi ricordai del volantino e della proposta e per non arrecare ulteriori figure imbarazzanti nella mia vita feci la cosa più ovvia.

"Sono venuta per l'allenamento, sai ci ho pensato molto e credo che io debba rischiare" Dissi in parte convinta delle mie parole e anche se erano state inventate al momento io credevo fortemente di poter cambiare.

"Davvero?" Chiese evidentemente sorpreso.

Annuii con la testa, lui di tutta risposta prese la mia mano e mi trascinò verso una stanza, passammo attraverso dei corridoi e da fuori si potevano vedere gente che si allenava, gente che ballava e gente che cercava di fare qualcosa, beh in effetti io ero una di quelle. Ero arrivata fino a qui non grazie a qualcuno ma solo grazie a me stessa.

Aprì una porta per poi chiuderla alle nostre spalle, la stanza era enorme e la luce che entrava dalle finestra la faceva sembrare ancora più bella, mi avvicinai al sacco da box che c'era proprio al centro e lo sfiorai con le dita, sotto lo sguardo attento si James.

"Vedrai quando uscirai di qui sarai una forza" Disse ridendo e facendo spuntare un sorriso sulle mie labbra.

"Lo spero"

"Mettiamoci a lavoro" Disse venendo dietro di me e poggiando una mani sulla mia spalla, avevo bisogno di ritrovare me stessa e se questo era uno dei tanti modi, beh ci avrei provato.

Bullismo.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora