CHI SEI?

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Prima di qualsiasi cosa e del capitolo che so che aspettavate da non so quanto tempo, vi chiedo immensamente scusa! So che siete sotto casa mia con forconi e zappe per uccidermi ma io mi inchino a voi con tutta la mia umiltà e vi chiedo di risparmiare questa povera ragazzina e di permetterle di scrivere un altro capitolo dopo questo. Giuro sarò più veloce di Bolt nella corsa nel pubblicare il prossimo capitolo per farmi perdonare!

Godetevi queste pagine e fatemi sapere per errori o non so cosa perché ho scritto l'ultima parte del capitolo seriamente a volo. Quando avrò finito il libro dovrò anche correggere incongruenze e buchi della trama, mi aspetta un lavoro lungo. Ma per ora pensiamo alle bozze dei capitoli e vi lascio alla lettura miei amati e pazienti lettori e critici. Vi amo!

Avevo mal di testa, un tremendo capogiro. Avevo gli occhi chiusi, vedevo solo buio. E quando aprii gli occhi ebbi difficoltà a distinguere i contorni di ciò che avevo intorno, causa: un velo scuro posato sul capo. Riuscii tuttavia a distinguere avanti a me un petto maschile stretto in un vestito elegante d'altri tempi, dietro di lui delle colonne di marmo, e alla mia destra una folla di persone che avevano gli occhi puntati su di me apparentemente. Provai a sollevare le mani e mi accorsi di avere occupate, strette in una calda morsa da una mano sconosciuta e grande. Sentivo delle parole di sottofondo e provai ad alzare l'altra mano libera per scostare il velo sulla testa quando un pensiero si impossessò. Rivolsi con più attenzione lo sguardo sulla folla seduta su panchine e poi sull'uomo di fronte a me, non osai alzare lo sguardo sul viso. E poi sul prete al mio fianco sinistro che recitava qualcosa da me incomprensibile. Sentii un insopportabile fischio nelle orecchie che mi atterrì. E tremai. Provai a muover mi ma una fitta la sentii in corrispondenza delle scapole e notai un principesco vestito lungo e nero senza maniche con un corpetto stretto. E qua ero sul punto di svenire.

Perché diavolo ero su un altare? Cos'era successo? Mi stavo sposando? Sentii il mio respiro farsi più pesante mentre il panico raggiunse il mio stomaco. Ero sul punto di vomitare, mentre un altro violento capogiro si impossessò di me. Sentii la mano dell'uomo stringere la mia e infilò qualcosa al mio anulare destro e capii. Avrei voluto ritrarmi ma era come se il mio corpo non rispondesse. Ero semplicemente gelida sul posto. Sentii gli occhi dell'uomo su di me. Mi morsi il labbro mentre fissai la sua destra dove la fede dorata brillava. <<Potete baciare la sposa>> riuscii a distinguere nonostante il capogiro e l'udito ovattato. Le mani dello sconosciuto si insinuarono sul mio fianco e mi tirò leggermente verso di sé, per poi afferrare il velo davanti ai miei occhi preparandosi ad alzarlo, avevo gli occhi ancorati al terreno: avevo paura di guardare.

<<Guardami>> sentii sussurrare dalla voce maschile dell'uomo avanti a me. Alzai il viso seguendo la richiesta dello sconosciuto e incatenai i miei occhi viola ai suoi, blu del cielo. Poi osservai la mascella e gli zigomi, le labbra ben disegnate e i capelli morbidi e sbarazzini sul volto. Era di una bellezza innaturale. Lo conoscevo? Ma quell'uomo era...

Non riuscii a proferire parola che le sue mani sfiorarono il mio collo prima di abbassarsi su di me. E le sue labbra sfiorarono le mie. Un attimo prima del bacio a suggellare il matrimonio.... spalancai gli occhi sulla soffitta della camera da letto di me e Alec.

Respiravo affannosamente, mentre cercavo di riprendermi. Non seppi capire se quel sogno fosse premonitore o cosa, ma una cosa era certa: quell'uomo NON era Alec.

Alec's pov

<<Mio Signore, vi sentite bene?>>

Scossi la testa con un singulto, troppo stanco per rispondere. <<Non sono dell'umore adatto>> dichiarai infine con voce baritonale. Il servitore annuì con il capo e abbassò il viso con riverenza. <<Posso fare qualcosa per Sua Maestà il Principe?>> chiese ancora senza tentennamenti. Nuovamente scossi il capo vociando un: <<No, puoi andare>> . Il servitore si dileguò velocemente lasciando me solo seduto sullo scranno nel mio studio. Con un sospiro feci scivolare la mano sul volto stanco, e mi sembrò perfino di sentire delle rughe sotto pelle. Ed avevo solo ventidue anni, eppure quella stanchezza sembrò avermi fatto invecchiare di decenni. Esalai un altro sospiro afflosciando le spalle. No, ero stanco. Avevo quasi aggredito Alice per colpa della sua difesa, non potevo starle accanto se non volevo rischiare di ritrovarmela tremante tra le braccia. Ed io non volevo spaventarla, assolutamente no, lei doveva fidarsi di me, amarmi. Ma non poteva accadere se perdevo il controllo solo per averla avuta di qualche metro più vicino. E quando avrei dovuto sposarla? Sarei impazzito e l'avrei uccisa per la troppa vicinanza? No, dovevo bloccare quell'assurda difesa che provava nei mie confronti. Era l'unico modo per avere un minimo di controllo sulle mie azioni. Lasciai dondolare la gamba, posata sull'altra mentre piano riprendevo il controllo completo del mio respiro. Alice doveva parlarmi, aveva delle domande e ad una di queste avevo risposto poco garbatamente, mandando a puttane il mio tentativo di sembrare gentile. Ero stato un mostro, anche se non ero io davvero. Ora lei era sicuramente in camera a rimuginare sull'accaduto chiedendosi cosa accadesse di strano in me, chiunque lo avrebbe fatto e lei non era stupida. Scattai in piedi con un balzo mentre il suo viso mi apparì davanti agli occhi, radiosa e sorridente come lo era stata prima che accadesse quel piccolo intoppo. Mia moglie, o almeno così sarebbe stata. Ed io avrei fatto di tutto perché lei si sentisse protetta tra le mie braccia. Lei non deve temermi, lei deve amarmi. Mi ripetei mentalmente mentre un disegno chiaro di ciò che avrei dovuto fare si disegnò. Dovevo solo farlo. Uscii dallo studio dirigendomi a passo svelto verso l'ala del castello che mi avrebbe portato da lei. Pregustando il momento in cui l'avrei vista.

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