Capitolo 19

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ÉLODIE

La sensazione che si prova quando si parla e non si è ascoltati è quella più brutta in assoluto. Ti senti un nulla, una persona senza valore e troppo poco importante per essere ascoltata.
E stai male.
Stai male perché pensavi di contare qualcosa, credevi di poter aiutare per una volta e non essere sempre aiutata. Ma in fondo chi ero io?
Non ero nessuno, non stavamo neanche più insieme e io gli avevo promesso un'amicizia che, se sarebbe durata, sarebbe diventata solo una sorta di relazione che avrebbe lesionato entrambi. Volevo ottenere quell'importanza che tanto desideravo, ma non volevo dare nulla in cambio.
Ero diventata un'egoista.
Forse però, era quello che mi spettava. Avevo passato interi anni ad aiutare gli altri, a cercare di fare sempre del bene e a provare ad accontentare tutti, ma in cambio non avevo mai ricevuto nulla. Mi erano stati tolti i genitori, la mia migliore amica se ne era andata e quello che avrei potuto considerare come un secondo padre mi aveva abbandonata. Forse non ero solo io la colpevole del mio nuovo atteggiamento, magari la colpa era degli avvenimenti esterni che avevano caratterizzato la mia vita, forse era a causa delle mie mancanze che ero diventata così egoista.
Così disposta a prendere senza mai dare niente.
« Va tutto bene?» ero talmente sovrappensiero da non essermi accorta che Bea si era spostata al mio fianco.
« Dovrebbe. Sono insieme ai miei amici, stiamo passando una serata tranquilla e senza problemi. Sarei un'egoista a dire che non sto bene.» blaterai.
« Cosa c'è che non va?» chiese comprensiva.
« Sto bene.» risposi ancora.
Un senso di malinconia mi percorse la schiena provocandomi i brividi. Si assomigliavano troppo, tanto da farmi stare male.
« Élodie...» sospirò.
Stesso tono di voce, stessa intonazione e stesso sospiro. Non ce la potevo fare.
« Non mi sento bene.» sentii la testa girare e il contenuto del mio stomaco rigirarsi al suo intento.
Mi alzai velocemente ed uscii fuori per l'ennesima volta. Fortunatamente non c'era traccia dei ragazzi.
« Smettila di scappare.»
Bea si sedette sugli scalini vicino a me e sbuffò.
« Siete uguali.» le risposi appoggiando la testa sulle ginocchia e chiudendo gli occhi per impedire alle lacrime di uscire.
« Spiegati meglio.» mi rispose tranquillamente.
« Non c'è niente da spiegare. Tu e Crys. Siete uguali.» risposi ovvia e con una disinvoltura che non mi apparteneva.
« Crys?» chiese non capendo.
« Crys.» affermai.
La mia Crys.
Il silenzio cadde tra noi e sembrò che la nostra conversazione dovesse finire lì, ma poi io mi stupii da sola quando cominciai a parlare.
Avrei smesso di essere egoista. Lei mi aveva dato la sua amicizia ricevendo in cambio un mucchio di bugie.
« Crys o, meglio, Crystal era la mia migliore amica. Ci siamo conosciute da bambine e fin da subito siamo andate d'accordo...» cominciai a raccontarle come ci eravamo conosciute e come, con il tempo, il nostro legame era diventato sempre più forte e unico. Le raccontai anche quei dettagli che, a primo impatto, possono sembrare futili e irrilevanti, ma a me facevano tornare alla luce momenti meravigliosi. Ogni sillaba, ogni parola e ogni frase che usciva dalla mia bocca scaturiva in me mille emozioni e mi faceva rivivere gioie ormai passate. Mi lasciai andare e mi feci travolgere dal turbinio di sentimenti contrastanti che provavo lasciando che le lacrime di gioia e di malinconia scorressero lungo le mie guance.
Io che non avevo mai lasciato che ciò che provavo prendesse il controllo, ma in quel momento mi sentii libera di lasciarmi andare. Piansi ricordando i bei momenti e quelli tristi. Mi esposi a Bea come mai avevo fatto e lasciai che le mie emozioni diventassero anche sue.
« Lei è morta in un incidente d'auto nel quale sono rimasti coinvolti anche mio padre e mia madre. Ho perso praticamente tutta la mia famiglia in un secondo.» conlcusi espirando rumorosamente.
« Mi dispiace così tanto.» sussurrò prima di abbracciarmi.
« E il destino non ha smesso di farmi scherzi. Tyler mi ha rivelato che era lui alla guida della macchina che ha causato l'incidente. Per quello me ne sono andata da Orlando e non volevo più avere a che fare con lui.» finii.
« E io da impicciona che sono, mi sono intromessa.» scosse la testa rammaricata per il suo comportamento.
« Io l'ho perdonato per merito tuo e non mi pento della mia scelta. Per ciò grazie di tutto Bea, non so cosa sarei in questo momento senza di te.» le sorrisi guardandola negli occhi per la prima volta dopo il mio discorso.
Purtroppo però lei non ricambiò e guardò dritto davanti a sé.
« C'era anche Peter su quella macchina, vero?» mi chiese.
Mi presi un secondo per riflettere. Se lui non le aveva detto nulla, non sarei stata io a spifferare tutto.
« Lui mi ha detto di aver fatto un'incidente che l'ha costretto poi a trasferirsi da Miami, ma non mi ha mai raccontato delle persone coinvolte o se sapesse qualcosa di loro.» mi spiegò brevemente.
« Probabilmente non sa che io ero su quell'auto. Tyler l'ha scoperto solo dopo aver visto Alice perché lei si recava ai processi mentre io no. Forse faresti meglio a chiederlo a lui.» le risposi incerta.
« Già.» fu la sua risposta prima di alzarsi per entrare.
« Stanno arrivando, penso che tu e Tyler abbiate degli argomenti su cui discutere quindi prendo gli altri e tolgo il disturbo.» disse più allegra di prima e lasciandomi un bacio sulla guancia. Non ero più tanto allergica al contatto umano.
Sorrisi ai ragazzi quando videro i miei occhi arrossati a causa del pianto per rassicurarli. Quando furono entrati Tyler si sedette al mio fianco.
« È a causa mia.» disse con ovvietà anche se io non capii.
« Cosa?» chiesi.
« Hai pianto a causa mia.» rispose.
Sbuffai nervosa. Non volevo sapesse che mi ero mostrata debole.
« No, ho avuto una conversazione ricca di emozioni con Bea.» gli risposi alzando le spalle sperando che quel mio gesto lo rassicurasse.
A quel punto la sua mano cercò la mia e le sue dita si costrinsero attorno alle mie. Un brivido mi percorse tutta creando in me confusione. Non avrei dovuto provare quello per un semplice tocco.
« Anche noi dobbiamo parlare, lo sai vero?» chiese.

Fight for herWhere stories live. Discover now