Capitolo 5

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ÉLODIE

Ero seduta intorno al tavolo con gli amici di Clara. Stavano parlando di non so bene cosa nello specifico perché con il corpo ero lì, ma la mente era altrove. Non riuscivo a staccare la spina e a spegnere i miei pensieri. Forse non ce l'avrei mai fatta.
Sentivo lo loro parole, ma non ascoltavo il nesso tra una e l'altra e non capivo il senso del discorso.
Cominciai a guardarmi intorno alla ricerca di qualcosa che mi avrebbe interessata e magari distratta da tutto quello che mi passava per la testa.
I tavoli intorno a noi si stavano via a via occupando.
Una coppia di giovani ragazzi attirò particolarmente la mia attenzione. Non erano seduti tanto lontano da me, forse due o tre tavoli alla mia destra, perciò riuscivo a vederli abbastanza bene. Lui era di spalle non riuscivo a vederlo in viso, ma all'espressione della ragazza di fronte a lui potevo capire che aveva fatto qualcosa di sbagliato. Le guance arrossate e gli occhi socchiusi a due fessure facevano intuire che lei era molto arrabbiata. Cominciò a gesticolare freneticamente e a parlare ancora più velocemente, probabilmente lui sapeva di essere dalla parte del torto infatti non la interrompeva. Ad un certo punto però, al contrario delle mie aspettative, le acque si calmarono. Pensavo che lei se ne andasse via infuriata o, peggio, che lui le dicesse di andarsene e di smetterla. Quello che invece accadde fu l'inverso. Lei smise di parlare e si immobilizzò mantenendo lo sguardo dritto verso il suo ragazzo. Non capii subito quello che era successo per tranquillizzarla così, ma appena vidi la mano del ragazzo stretta a quella della ragazza conpresi tutto. Lui stava ammettendo le sue colpe, probabilmente si stava scusando e lei lo lasciava fare.
Si lasciava cullare dalle sue promesse e tranquillizzare dalle sue parole. Avevano appena aggiunto un tassello alla loro storia e, dopo aver litigato, avevano fatto pace.
Improvvisamente mi mancò l'aria.
Perché non poteva essere così anche per me e Tyler? Perché non abbiamo discusso e poi fatto pace? Perché non eravamo insieme in quel momento nonostante avessimo potuto?
Mi voltai a guardare di nuovo la coppia, ma quando li vidi abbracciati capii di aver fatto una pessima scelta. Avevo bisogno di aria, dovevo stare sola un attimo.
Decisi di andare in bagno, forse una rinfrescata mi avrebbe fatto bene. Mi alzai da tavola e subito tutti gli occhi di tutti si puntarono su di me.
« Vado un attimo al bagno.» dissi per avvertirli.
« Vuoi che ti accompagni?» mi chiese subito Clara.
Aveva ancora le mani intrecciate a quelle di Matt, non volevo separarli chissà da quanto non si vedevano.
« Non preoccuparti.» risposi prima di allontanarmi.
Passai vicino al tavolo di quei due ragazzi, ma non mi girai a guardarli.
Camminavo velocemente tenendo lo sguardo dritto davanti a me. Non guardavo cosa mi succedeva intorno e, senza neanche rendermene conto, invece che raggiungere il bagno arrivai all'uscita di sicurezza. Spinsi il maniglione per aprire la porta e in pochi secondi fui fuori.
Inspirai ed espirai due volte l'aria fresca di quella sera d'estate e cercai di rallentare i battiti del mio cuore.
Era inutile, non ce l'avrei mai fatta a dimenticare Tyler.
Mi sedetti sullo scalino di fronte alla porta e osservai le luci di New York. Le macchine sfrecciavano veloci sulla strada, per le strade nessuno camminava e il ritmo frenetico che caratterizzava la città di giorno sembrava scomparso.
Ero incantata a guardare le sfumature che assumevano i grattacieli con le luci che li illuminavano e quasi non mi resi conto che qualcuno alle mie spalle aveva aperto la porta.
Non mi importava chi fosse, non aveva importanza così non mi voltai sperando che tornasse dentro e non mi notasse.
Ovviamente la sfortuna mi perseguitava e quel qualcuno fece l'esatto opposto di quello che speravo. Infatti si sedette al mio fianco e, senza neanche voltarsi a guardarmi, puntò il suo sguardo sulle luci della città.
Aspettai un paio di minuti che cominciasse a parlare, ma non sembrava intenzionato a farlo perciò ruppi io il silenzio.
« Dovresti entrare con gli altri e divertirti.»
Solo a quel punto Nash si voltò verso di me. Non sapevo cosa aspettarmi come risposta e il sorrisetto malizioso che gli spuntò in volto mi fece intimorire.
« Potrei dirti la stessa cosa.» disse tornando a voltarsi verso la strada.
« E poi non volevo ti perdessi visto che sei andata nella direzione opposta al bagno.» aggiunse.
Non me ne ero neanche accorta, non sapevo dove era il bagno e quando mi ero alzata dal tavolo era solo per allontanarmi un po' non perché avevi necessità del bagno.
Non risposi perché non sapevo cosa dire, ma lui non voleva più continuare a stare in silenzio.
« Fammi indovinare, problemi di cuore?» domandò.
« Lo sarebbero se non ci fossimo lasciati.» risposi alzando le spalle.
« Sicura che sia finita? Insomma, non sembri una pronta a diventare di nuovo single.»
« Stai tastando il territorio? Ci stai provando?» chiesi ridendo e provocando anche la sua risata.
« No, mi spiace. Non sei il mio tipo.» disse tra una risata e l'altra.
« E sentiamo come sarebbe il tuo tipo? Tatuata dalla testa ai piedi e con piercing in ogni dove?» chiesi alzando il sopracciglio sinistro.
« Più o meno hai indovinato, se non fosse che non è una ragazza.» rispose scoppiando a ridere appena vide la mia faccia.
Questa non me la aspettavo.
Nash era gay, quel gran pezzo di ragazzo era gay.
« Chiudi la bocca o ci entreranno le mosche.» continuò a ridere.
Mi ripresi dallo stupore e, quando fui sicura di riuscire a fare una frase di senso compiuto, parlai.
« Quel Sean che non è venuto sta sera? È lui?» chiesi sorridendo.
« Sei perspicace, ragazza mia.» mi rispose facendomi l'occhiolino.
« Da quanto state assieme?» continuai con le mie domande.
« Da capodanno.» rispose.
« E come va tra di voi?» ero curiosa di sapere.
« Va a periodi, a volte litighiamo sempre mentre altre viaggiamo sulla stessa frequenza d'onda, ma penso sia una cosa normale, no?» mi guardò sperando in una mia risposta affermativa e allora annuii.
« Comunque non pensare di farla franca, raccontami cos'è successo.» disse riferendosi chiaramente a Tyler.
Sbuffai più volte, pensavo di essere riuscita a cambiare argomento, ma non fu così. Lui mi guardò speranzoso allora decisi di farmi forza e raccontargli tutto.
Comincia dal nostro primo incontro sull'aereo, passai poi al primo giorno di scuola, ai suoi sbalzi d'umore e al nostro appuntamento al lago. Gli raccontai praticamente tutto e lui, senza mai smettere di guardarmi negli occhi, esponeva la sua idea e cercava di non farmi pesare il racconto interrompendomi per fare qualche battutina.
Quando gli parlai della sera in cui mi aveva respinta in camera sua chiusi gli occhi rivivendola come allora. Gli spiegai come mi ero sentita tradita, ferita e poco desiderata all'inizio. Quando gli parlai della pausa che avevamo preso Nash alzò gli occhi al cielo forse incredulo perché si sa come vanno a finire le pause. Infatti appena gli parlai della sera del ballo si lasciò scappare un "si sapeva che andava a finire così".
Ovviamente durante il mio racconto non accennai al fatto che Tyler era stato colui che aveva ucciso i miei genitori e la mia migliore amica e non gli dissi neanche che ero orfana. Non avevamo ancora quella confidenza da poterci dire tutto.
« Pensi che sia realmente finita?» chiese alla fine.
« Me ne sono andata da Orlando per staccarmi da lui, non voglio più vederlo e non penso riuscirò mai a perdonarlo per avermi mentito quindi si, penso sia realmente finita.» dissi.
Lo vidi sospirare, forse sperava in un mio ripensamento, ma per ora avevo bisogno di certezze e quella era l'unica che mi rimaneva.
« Ti dispiace accompagnarmi a casa? Rivivere tutti quei momenti mi ha fatto stancare.» chiesi sorridendo.
« Certo, andiamo a salutare gli altri e ti porto.» mi rispose.
Lo rigraziai e mi alzai con lui per raggiungere Clara e Matt.
Chissà se si erano chiesti dove eravamo finiti?
Dieci minuti dopo ero seduta nell'auto di Nash diretta verso "casa". Lui continuava a raccontarmi degli aneddoti divertenti e forse anche un po' imbarazzanti sulla sua storia con Sean.
Risi per tutto il viaggio e, quando raggiungemmo il mio condominio, mi dispiaceva scendere dall'auto.
« Vuole che le apro la portiera?» chiese ridendo ed imitando ciò che Sean aveva detto una volta dopo un appuntamento.
« Penso di esserne capace.» risposi scuotendo la testa.
Quando scesi dal SUV vidi che anche lui aveva fatto lo stesso.
«Mi stai veramente accompagnando alla porta?» chiesi ridendo.
Si mise le mani in tasca e alzò le spalle.
« Ho detto che ti accompagnano a casa, non posso lasciarti per strada.» rispose.
« Un vero cavaliere.» lo canzonai aprendo il portone del palazzo.
Mi voltai verso di lui per salutarlo visto che ormai ero quasi a casa, ma un'ombra alle sue spalle attirò la mia attenzione.
Sbarrai gli occhi quando capii di chi si trattava e per un attimo pensai di svenire. Mi appoggiai allo stipite della porta perché mi sentivo le gambe molli.
Nash se ne accorse e mi disse qualcosa che non capii visto che la mia concentrazione era solo su quel ragazzo che ci stava venendo in contro.
Cosa ci faceva Tyler a New York?

Spazio autrice
Sono in ritardo, lo so. Vi chiedo perdono e spero che il capitolo sia di vostro gradimento.
Buona lettura, un bacio
Franci

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