PROLOGO

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È sempre stato semplice per me oltrepassare la soglia della scuola.
Almeno quella della scuola di Boston. Perchè qui a Seattle è così difficile?
'Okay Liv, calmati, andrà tutto bene, devi solo aprire quella porta ed entrare, tutto qui.' Dico a me stessa prima di afferrare la maniglia marrone del grande portone di vetro che mi separa da quella che sarà la mia nuova scuola per i miei prossimi due anni di superiori.
Il primo passo che compio è stranamente deciso, ma non gli altri che lo susseguono.
"Dov'è l'ufficio del preside mamma?" Domando con un filo di voce.
"Si trova nel lato Ovest della scuola... Stai tranquilla Liv, mi sembri un po' in ansia tesoro." Risponde lei.
Sono in ansia come mai prima d'ora.
In fondo per ora niente è andato storto, quindi non dovrei essere così in fibrillazione, ma se solo penso al fatto di essere stata costretta a lasciare tutta la mia vita a Boston mi viene da urlare. Dio solo sa quanto mi mancheranno le mie amiche e la mia routine quotidiana, mi mancherà tutto: la mia casa, le mie passeggiate al tramonto, e anche la mia scuola, lo ammetto; tutto questo dolore che riesco a mala pena a sopportare mi sta togliendo le forze... ho paura di cedere, e presto anche.
La separazione dei miei genitori, quello è stato un duro colpo per me e mio fratello: non scorderò mai il momento in cui mio padre ci ha confessato di aspettare un figlio da un'altra donna; mamma era distrutta, ma io la ammiro perché al suo posto non so se sarei riuscita a sopportare un trauma simile.
Purtroppo, peró, io non sono come lei, non credo avrei mai avuto il coraggio di lasciare quella che è sempre stata casa mia, infatti, adesso, sono io quella che sta soffrendo di più, sia per la separazione che per il trasloco.
Vorrei che tutto questo fosse solo un incubo, ma purtroppo questa è la solita, triste realtà.
"Ah, guarda Liv, quella è la biblioteca... e là c'è la mensa! Oh, e hai visto quanto sono belli questi armadietti blu?!" Esclama fiera mia madre indicando svariate direzioni nel corridoio ed urlando con la sua solita voce squillante, la quale non fa altro che attirare l'attenzione dei ragazzi presenti.
Che imbarazzo.
"Mamma..." Inizio.
"Dimmi cara."
"Ecco, io apprezzo il fatto che tu stia cercando di farmi piacere questo posto, ma in questo modo non fai altro che farmelo odiare ancora di più." Le faccio un mezzo sorriso per sdrammatizzare il commento appena espresso.
Per contraccambiare lei mi fa un'occhiataccia.
"Uffa, ci stanno guardando tutti..." pronuncio a bassa voce questa frase diretta a me stessa.
"Come tesoro? Non ho capito." Confessa lei quasi urlando.
"Nulla mamma, non ho detto niente..." concludo.
Odio essere squadrata dalla gente, soprattutto dai miei coetanei; tutti quegli sguardi mi fanno sentire come se avessi qualcosa che non va. L'imbarazzo che essi provocano in me mi dà un tremendo fastidio; ho questa piccola ossessione di pensare che nel momento in cui le persone parlano tra di loro esse stiano parlando male di me, credo che non riuscirò mai a togliermi dalla testa questa convinzione.
"Oh guarda, ci siamo!" Strilla mia madre.
Mi ritrovo di fronte la presidenza, caratterizzata da una porta di legno alla quale è attaccata una targa con su scritto "Preside Turner".
Non appena mia madre si muove per bussare, il suono della campanella di inizio lezioni ci fa sobbalzare. Grazie al cielo se be vanno tutti in classe, non avrei sopportato di stare un minuto di più davanti a tutti quegli sguardi curiosi.
Mia madre non perde tempo a guardare tutti quei ragazzi e quelle ragazze che raggiungono le proprie classi, infatti colpisce bruscamente la  superficie della porta.
"Avanti." Udiamo come risposta.
In men che non si dica, mia madre apre la porta, facendomi cenno di entrare subito dopo di lei.
L'ufficio che mi si presenta davanti appare molto disordinato, ma comunque non spiacevole.
Il preside si alza e si avvicina a mia madre per stringerle la mano: è un uomo non molto alto e dalla carnagione scura.
"Buongiorno signor Turner, sono Ellen Brown, le ho mandato per mail la richiesta di iscrizione per mia figlia Liv." Enuncia mia madre.
"Ah, si certo! Prego accomodatevi, sarà necessario firmare un paio di carte e l'iscrizione sarà valida." Ci informa lui, il quale,
dopo essersi presentato, si dirige verso la sua poltrona sistemandosi gli occhiali da vista.
"Dunque, ben arrivata alla Sant James High School. Come ti chiami ragazza?" Il preside si rivolge a me con un sorriso a trentadue denti, visibilmente intenzionato ad accogliermi nel migliore dei modi.
Mi accomodo sulla sedia di plastica posta di fronte alla sua scrivania prima di rispondere:
"Liv Signore, Liv Brooks."

40 VOLTE L'INFERNO Where stories live. Discover now