Capitolo 3

2.4K 131 14
                                    

Willow POV

Quel sabato mattina, la sveglia mi era sembrata più insistente del solito. Il numero "7" - delineato dai puntini rossi luminosi - mi fissava quasi con sfida, mentre le palpebre non avevano fatto altro che cadermi mollemente sugli occhi per tutta la colazione. Georg era uscito a correre, portandosi Harry Potter al seguito, il federe incrocio di labrador color cioccolato che non lo abbandonava mai - con la rilevante conseguenza che non mi avrebbe potuta accompagnare al Jack Break.

Avevo sbuffato all'idea di farmela a piedi, perciò, munita di coraggio contro la mia disastrosa fobia del buio, mi ero diretta nel seminterrato collegato direttamente col garage a ripescare l'arrugginita bicicletta. Avevo una matta fobia del buio, nonostante amassi la notte. Il cielo, però, era adornato di stelle luminose che adoravo rimirare col telescopio; il seminterrato era... Il seminterrato.

Sprecherei tempo a dire quanto odiassi i film horror e tutto ciò che ne conseguiva da essi (ovvero le mie paranoie riguardo a ciò che ci potesse essere al piano di sotto della mia abitazione) ma ero sempre stata "costretta" a guardarli con quel fanatico di Niall, Pablo e Zayn che gli correvano dietro.

Il ripescaggio di quel vecchio cimelio era stato condito da paura e imprecazioni per tutto il tempo, fino a quando non ero arrivata al Jack Break. Mi ero presto resa conto che avendo dovuto gonfiare le gomme, spolverare manubrio e sedile e rimettere a posto la catena, ci avrei impiegato di meno ad andare a piedi.

Sbuffai inacidita, scendendo dalla bicicletta e notando che il bar fosse già stato aperto. I tavolini e le sedie erano state posizionate fuori e le tende calate a coprire lo spazio antistante le vetrine, per riparare i clienti dal sole. Il cielo era limpido e la mattina fresca; le onde del mare producevano il tipico rumore che mi rilassava nell'immediato, l'odore di salsedine a conciliare i pensieri.

Eppure, non ero per niente tranquilla.

Sapevo che quel giorno avrei visto il nuovo arrivato, lo straniero di Mablethorne, speravo fosse meno loquace della sera precedente e che si sarebbe limitato a farmi un cenno del capo come saluto, come il primo giorno.

Ciò che speravo, però, non si avverò. Stringendo il manubrio saldamente tra le mani, trascinai la bicicletta nel vicolo cieco che dava sull'entrata sul retro del Jack Break, direttamente al magazzino.

La testa riccia e spettinata sostava sull'uscio, la porta anti incendio aperta, il fumo denso che usciva dalle labbra rosse e uno sguardo incuriosito sul mio mezzo di trasporto quasi potesse ridere di me da un momento all'altro.

Lo squadrai: i pantaloncini della tuta del giorno precedente, una maglietta nera a maniche corte e le braccia ricoperte di inchiostro in vista. Non indossava ancora il grembiule della divisa.

«Buongiorno, pulce»

Il mio umore non era tanto sereno; potevo sentire le sopracciglia corrucciate in un'espressione acida e il nervosismo per l'inconveniente della bicicletta ancora sotto la pelle. Per di più, vidi che non era da solo. La rossa Fawn sostava affianco a lui, più all'interno nel magazzino, una sigaretta anche lei tra le labbra.

Quella visione mi irrigidì immediatamente; che ci facevano lì entrambi? Sarei dovuta essere solamente con uno di loro, fino a pranzo almeno!

L'idea di doverli sopportare tutti e due mi fece alzare gli occhi al cielo.

«'Giorno - sbottai, burberamente, abbandonando la bicicletta affianco alla porta anti incendio, e sorpassandoli per entrare. - Non si fuma qui dentro» puntualizzai a Fawn, l'odore di fumo ad infastidirmi le narici. Immaginavo già che si sarebbe attaccato ai capelli, col cappone che aveva formato all'interno.

The strangerDove le storie prendono vita. Scoprilo ora