Capitolo 19 - Greenwood

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Quando l'autobus arrivò nel piazzale del penitenziario statale di Greenwood, Mark stava dormendo. Il dondolio e la tensione avevano vinto il suo desiderio di vedere dove sarebbe finito.

Prima della partenza aveva avuto un colloquio con l'avvocato Norton. Archibald l'aveva rassicurato che il suo trasferimento era dovuto al sovraffollamento della prigione della contea e che lui avrebbe richiesto subito che fosse rimandato indietro.

Mark cominciava a dubitare che sarebbe mai riuscito a venire fuori da quel pasticcio. La brusca frenata lo riscosse dal torpore nel quale era caduto e le urla delle guardie carcerarie lo fecero alzare subito in piedi.

Le formalità di ingresso furono lunghe e complesse. Quando toccò a lui notò che una delle guardie che aveva accompagnato il gruppo stava parlando con un guardiano del carcere indicandolo. Questi aveva scosso la testa come incredulo di quanto aveva sentito. Mark era l'ultimo. La guardia che scriveva sul registro brontolò rivolto ad un collega.

"Non c'è più posto in isolamento. Questo dove lo mettiamo?"

L'altra guardia guardò verso gli accompagnatori e fece un cenno con la testa. Poi suggerì "C'è posto nel braccio C raggio 3!"

Risero tra di loro e fecero un cenno di portare via Mark. I secondini lo spinsero sgarbatamente per le scale affinché si sbrigasse.

Lui si guardò attorno allibito. Il raggio 3 ospitava solo afroamericani o gente di colore, lui sembrava l'unico bianco presente.

"Per me, questo non dura due giorni!" sussurrò un secondino all'altro.

In preda al terrore, Mark sentì benissimo quelle parole. Sorpresi erano anche gli ospiti del raggio. Una regola non scritta ma rigorosamente osservata era la separazione tra bianchi e neri per contenere le tensioni razziali.

Quell'unico bianco cos'era? Una sfida, una provocazione. Certamente non era una spia, non si sarebbe certo potuto nascondere. Arrivato davanti a una cella, il cancello si aprì e Mark fu spinto dentro.

Si trovò davanti tre afroamericani sorpresi quanto lui del nuovo arrivato. Li scrutò. Uno era veramente grosso, gli altri due un po' meno ma sempre più grossi di lui. Le buone maniere di Teller ebbero il sopravvento.

"Sono Mark Teller"

Imbarazzati gli altri si presentarono.

"Adam West ... " disse il più grosso

"Walid Bonner" e "Alex DeMarr" si presentarono gli altri due.

"La tua branda è quella" disse Adam indicando una delle due brande in basso. Mark vi appoggiò il cuscino e la coperta che gli avevano dato.

In quel momento suonò la sirena che annunciava il pasto. Tutti i cancelli si aprirono, i detenuti uscirono e si schierarono davanti alle rispettive celle. A un comando per altoparlante si misero in marcia e raggiunsero la mensa.

Anche in mensa la separazione, tra bianchi e neri, era rigorosissima. I due gruppi (molto numerosi) erano da parti opposte del corridoio centrale. Nel lungo tavolo su cui si era seduto, Mark spiccava mentre tutti gli altri lo guardavano incuriositi. Ma nessuno pronunciò parola.

Anche i bianchi dall'altra parte del corridoio lo guardarono incuriositi. Alcuni di loro erano rasati e tatuati con croci e aquile naziste. Uno chiuse  il pollice e l'indice della sinistra e fece scorrere l'indice della destra nell'anello formato dalle due dita. Il messaggio, indirizzato a Mark, era chiaro.

La Bambola - Un delitto per l'ispettore Connie SantinoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora