Vivere fra una colazione e l'altra

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Questo testo è ispirato a me, è un modo per comunicare tutti i pensieri che si nascondono dietro problemi che molti, superficialmente, considerano solo atteggiamenti sbagliati, mentre in realtà sono paure ed ansie di cui è difficile liberarsi, perché molto profonde e corrosive. (testo risalente ad aprile 2015)

Colazione: il mio pasto preferito; l'unico durante il quale posso consumare dolci. Mi alzo. In fretta mi preparo un thè, l'unica bevanda consentitami oltre l'acqua. Sono impaziente: non vedo l'ora di potermi finalmente gustare i miei soliti biscotti con la Nutella. Finisco di bere il thè, il quale, ovviamente, non è zuccherato; e mi preparo per il grande momento. Un cucchiaino di Nutella ha circa 40 calorie, almeno così dice internet; un biscotto ne ha 10, mi assicura la tabella sul retro della confezione. Ogni biscotto con un cucchiaino di Nutella ha, quindi, circa 50 calorie: in realtà, però, credo che esse siano molte di più; infatti, approfittandomi della mia incapacità di calcolare con precisione la quantità di crema che metto sopra ogni biscotto, esagero con la Nutella.

Un biscotto. 50. Due biscotti. 100. Tre biscotti. 150. 4 biscotti. 200. Ora basta, mi fermo. Con convinzione avvito il tappo, mentre ancora lentamente assaporo l'ultimo morso; ma non resisto a lungo: immediatamente riapro il barattolo per rubare un'ultima cucchiaiata. 250. Anche se non ho mangiato il biscotto, aggiungo 50 anziché 40 perché è sempre più sicuro arrotondare in eccesso che in difetto.

Vado in bagno e mi vesto davanti alla stufa: c'è un freddo micidiale! Comincio: leggings, pantaloni, maglietta e felpa; uno strato dopo l'altro. Mi trucco guardandomi allo specchio con soddisfazione: il fondotinta copre alla perfezione i buchi che mi sono fatta torturandomi i brufoli nei momenti d'ansia; il fard mette in risalto gli zigomi sporgenti. Al dito infilo un anello purtroppo non regolabile: questa volta spero proprio di non perderlo!

Nel frattempo mia madre si alza e mi chiede cosa voglio da mangiare per pranzo. Mmmhh, vediamo: già sono arrivata a 250 calorie; allora: se mi faccio una fettina di pollo sono altre 150, e arrivo a 400; però mi va anche un po' di pane, ma se mangio la carne è meglio evitarlo: sarebbe troppo. Dopo aver riflettuto intensamente, opto per un uovo cotto in padella da poter accompagnare con una fetta di pane. Propongo l'idea a mia madre, raccomandandole di usare la padella antiaderente anziché l'olio. Lei sbuffa, ma dice che va bene e non commenta ulteriormente. L'uovo è 80; un poco di pane è circa 100. Arrotondo a 200 e poi aggiungo i 250 della colazione, per un totale di 450. Aggiungendo anche una mela, quindi più o meno 100, arrivo a 550: mi rimangono 400 calorie per stasera. Ottimo. Posso uscire da casa tranquilla.

Prendo l'autobus infiltrandomi facilmente fra gli altri ragazzi, e prendo posto accanto al finestrino. Dalla tasca anteriore dello zaino tiro fuori un paio di auricolari neri che infilo dentro le orecchie. Ascolto musica lungo tutto il viaggio; gli occhi mi si chiudono per la stanchezza. Arrivo in classe e mi dirigo verso il mio posto; poso lo zaino a terra e mi siedo. Dopo un paio di minuti entra la professoressa, ma alcuni ritardatari continuano ad arrivare e, anche se controvoglia, l'insegnante li fa entrare. Con le fredde mani appiccicate al termosifone accanto al quale sono seduta, osservo perplessa una mia compagna di classe arrivare con addosso soltanto una maglietta a tre quarti e un paio di pantaloni leggeri: mi vengono i brividi solo a guardarla.

La lezione inizia. Prima ora: biologia; la professoressa parla, parla e parla; snocciola informazioni su batteri, virus e microrganismi vari, senza fermarsi; seguo finché riesco, ma dopo meno di mezz'ora non ce la faccio più. La mia compagna di banco è impegnata a prendere appunti: mi farò prestare il suo quaderno più tardi. Non trovando nessuno con cui chiacchierare, per distrarmi comincio a scarabocchiare scrivendo svariate volte sul diario la parola "Noia". Passa così anche la seconda ora, e poi la terza. Alle undici e cinque suona la ricreazione. Finalmente un po' di pausa: mi alzo, vado in bagno, parlo con qualche mia compagna. Ogni tanto do un'occhiata quasi incantata alle pizzette, ai calzoni e ai panini imbottiti degli altri ragazzi: come fanno a mangiare cose del genere ogni santo giorno? Trasparenti tovaglioli di carta imbevuti d'olio avvolgono tranci di pizza ricoperti da patatine fritte. Wurstel cotti a puntino sporgono da calzoni enormi. Un giorno di questi mi prenderò qualcosa anche io; me lo posso permettere: basta evitare la colazione, mangiare a pranzo una mela e a cena una zuppa. Tutto perfettamente calcolato.

Le ricreazione finisce, ma mancano ancora due ore. Voglio andare a casa: la vista di tutto quel cibo mi ha messo un certo languorino. L'ultima ora, poi, sembra infinita; guardo l'orario sul cellulare: sono le 12:25; ricontrollo dieci minuti dopo e sono le 12:28. Il professore di matematica mi becca mentre uso il telefono, e mi rimprovera; arrossisco per la vergogna; vorrei diventare piccola piccola, sparire nella sedia; mormoro una scusa confusa e abbasso lo sguardo sul quaderno che ho davanti, fingendomi interessata all'esercizio che avevo copiato meccanicamente dalla lavagna.

Gli ultimi minuti prima del suono della campana sono i peggiori, i più lunghi; ma anche quei minuti infine passano. Torno a casa; pranzo; mi chiudo nella mia stanza a studiare. È difficile concentrarsi con tutto il baccano che i miei fratelli fanno. Ogni tanto urlo loro di stare in silenzio, ma è tutto inutile. Per domani devo studiare italiano, chimica e anatomia. Dalle tre alle quattro devo fare chimica; dalle quattro alle cinque, anatomia; dalle cinque alle sei, italiano. Alle quattro non ho ancora finito la chimica! Non ce la farò mai! Le reazioni sono difficili da ricordare e gli esercizi complicati da risolvere. Finalmente alle quattro e un quarto finisco e posso dedicarmi ad un'altra materia. Per fortuna l'anatomia mi ruba poco tempo e mi fa recuperare quello perso in precedenza. L'italiano, invece, è lungo: sono ben otto pagine nuove da imparare: più di una ogni dieci minuti, se voglio finire in un'ora. Inizio; prima pagina: la vita di Leopardi; seconda e terza: ancora vita di Leopardi. Quante pagine ancora mi mancano? Sfoglio il libro: 1, 2, 3, 4, 5. Ancora cinque. Ne studio altre due. Quante me ne mancano? Ancora tre: non finirò mai. Arrivo all'ultima riga con cinque minuti di anticipo rispetto al previsto: mi ero preoccupata inutilmente. Ora posso riposarmi.

Il resto del pomeriggio lo passo navigando su internet e leggendo. Verso le sei e mezzo comincio ad annoiarmi. Manca ancora almeno un'ora e mezza alla cena: non posso mangiare prima delle otto, o avrò nuovamente fame prima di andare a coricarmi. Le lancette dell'orologio si prendono gioco di me muovendosi più lente di una lumaca in estate. Verso le otto meno dieci vado in cucina e inizio a prepararmi un toast con prosciutto e sottiletta; la padella è sul fornello e il fuoco è al massimo: so che così rischio di bruciare il pan carré, ma non riesco ad aspettare che si cuocia lentamente, non ho abbastanza pazienza. Alle otto in punto è pronto e alle otto e due minuti ho già finito. I toast sono veloci da consumarsi. Per fortuna ci sono le mele che, se morse lentamente, possono durare anche per più di dieci minuti. Dopo una doccia guardo la TV, mentre già fantastico sulla colazione del giorno dopo.

Prima di andare a letto punto la sveglia, anche se so già che non servirà: mi sveglierò in orario autonomamente, ansiosa di poter fare la mia bella colazione.

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