15. He is wrong

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Comunque vada, non aver paura, io ci sarò.
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Riapro gli occhi, scombussolata da tutto ciò che sta accadendo. Sento delle braccia circondarmi la vita. D'impulso faccio per arretrare, ma grazie alle poche forze non riesco a far nulla.
«Tranquilla.» Mi sussurra Stefano, e quanto vorrei fosse Lorenzo. Stefano mi porta vicino al divano e pian piano metto tutto a fuoco.
«Stefano.. le tue mani.» prendo le sue mani tra le mie, osservando il sangue che cola appena dalle nocche.
«Hey, non ce la fai proprio a non pensare agli altri.» Sorride leggermente.
«Mi preoccupo.» ammetto, mentre sento la mano calda di Stefano sfiorarmi la guancia. «Ahia.»
«Mettici un po' di ghiaccio, quando arrivi a casa, okay?»
Accarezza piano le mie mani, ed un po' di sangue va a finire sul mio polso.

Vorrei abbracciare Stefano e dirgli che andrà tutto bene, e che Lorenzo dovrebbe andare a fare in culo. Vorrei dirgli che, per quanto possa amare Lorenzo, potrei dimenticarlo con il suo aiuto. Ed invece non ce la faccio. Dovrei fregarmene altamente ed invece non faccio altro che avvicinarmi sempre di più a lui. Perché potrò anche mentire a Stefano, ma non a me stessa.

«Lui dov'è?» Chiedo un po' triste.
«In cucina. Vuoi parlarci?»
«N-no, preferisco tornare a casa.» Mento, per poi alzarmi dal divano.
«Ma non sei in condizioni d-»
«Tranquillo, è solo un pugno.» Lo rassicuro. La sua espressione è dolce, come sempre. Stefano assomiglia tanto ad una piccola renna; sembra tanto docile ma, quando meno te lo aspetti, ti colpisce con le sue corna.
«Fa attenzione, okay?»
«Okay.»

Esco dalla grande casa, mentre mi incammino verso la mia dimora. Preferisco camminare invece che chiamare uno stupido e sudicio taxi, anche perché di solito i taxi sono sempre guidati da grassoni in canottiera che ti chiedono se vuoi un burrito o roba del genere. Io non voglio un burrito, voglio del kebab.

«Aspetta!» Sento urlare dietro di me. Non vorrei girarmi, ma la mia curiosità ha la meglio.
«Lorenzo?» sbianco. Fottiti curiosità. Sarei dovuta correre come un razzo verso il nulla, anche a costo di rompermi una gamba.
«Ti accompagno io.»
«In realtà-» mi mette una mano davanti la bocca.
«Ora ascoltami, okay?» Mi scruta dal capo ai piedi, con i suoi occhi scuri e profondi. Mi sento nuda davanti al suo sguardo così indulgente, ma allo stesso tempo sento il bisogno di tirargli un cazzotto.

Annuisco leggermente, mentre Lorenzo toglie la sua mano dalla mia bocca. Comincio a respirare affannosamente, mentre lui mi guarda ridendo.
«Non volevo.» Afferma, dando fine alla sua fantastica risata.
«Ne ho sentiti troppi di non volevo
Beh, è vero. Stando con lui ho sentito più non volevo che dei semplici scusa. Anche se non fa molta differenza, per me è importante scusarsi, perché vuol dire che hai finalmente acceso i due neuroni a te rimanenti ed hai capito che io avevo fottutamente ragione.
«Ma questa volta sono sincero.» Abbassa lo sguardo un po' insicuro.
«Ed io sono Nicky Minaj, e per tua informazione non ho un culo di plastica.» Dico, per poi girarmi verso la strada di casa.
«Lasciami finire almeno.» dice serio. Sbuffo, sedendomi sul bordo della strada. «Da un po' di giorni non riesco più a fare le cose che facevo prima.»
«Ed io cosa c'entro?»
«Sto cercando di dire che io, anche se non vorrei, sento qualcosa per te, e non è odio. Anzi, è qualcosa di più profondo.»
«Dove vuoi arrivare, Lorenzo? Sono stufa dei tuoi giochetti, ora dimmi cosa vuoi e poi ti lascerò in pace.»
«Non voglio che tu te ne vada.» Mi guarda, serio in volto. Mi sento abbastanza a disagio, desidero ardentemente di scomparire. «Non voglio che te ne vada per nulla al mondo.» Aggiunge guardandomi negli occhi.
«Lorenzo, tu stai con Ellody.»
«In realtà diciamo che lei è stata un 'tentativo' per cercare di dimenticarti, cercare di tornare a sorridere anche se non ti avevo accanto.» Abbassa lo sguardo, lasciandomi la mano libera. «E so che tu stai facendo la stessa cosa con Stefano.»
Mi giro stupita ed infastidita.
«Davvero tu credi che io sia come te? Tu credi che riuscirei davvero a fare del male a qualcuno?» rispondo tutto ad un fiato. Mi guarda incominciando a boccheggiare.
«Tu hai usato tutto e tutti nel
vano tentativo di farmi del male, io non potrei mai. Sei tu quello che fa sentire tutti come una merda.» sussurro arrabbiata.
«Secondo te non lo so? Sai cosa vuol dire essere me?!» Si altera.
«No. Io non lo so. Ma so cosa vuol dire essere l'unica persona esclusa dal resto del mondo. So cosa vuol dire tornare a casa e cercare di sorridere quando invece dentro hai una tempesta. So cosa vuol dire perdere la persona più importante della tua vita per colpa di uno stupidissimo incidente. So cosa vuol dire soffrire, realmente.» Urlo.
Rimane fermo, immobile, come se fosse pietrificato dalle mie parole. Porto le mani alla testa, cominciando a massaggiarmi le tempie.
«Tu credi sempre di essere l'unico che soffre, ma devi capire, caro Lorenzo Ostuni, che ci sono altre persone al mondo, persone che potrebbero avere problemi peggiori dei tuoi capricci.» sospiro ormai esausta. Questa situazione mi ha stancato, lui non può pretendere di essere l'unico uomo al mondo a sentir dolore. Ci sono persone che portano il mondo sulle spalle non lamentandosi nemmeno un'istante.
«Meglio se vai ora.» Sussurra con lo sguardo rivolto verso il basso. Annuisco e mi allontano, portando con me tutto il mio dolore. Tutto ciò che lentamente mi sta distruggendo.

❝Alone❞ ↬ Lorenzo OstuniDove le storie prendono vita. Scoprilo ora