Capitolo 13

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«Credo che tu stia sbagliando» esordì Silvia una sera, mentre cenavamo.
Io e papà la guardammo con espressioni interrogative.
«Parlo di Lara e del suo bambino.»
Trasalii e istintivamente posai la mano sul pancione di quasi sette mesi. Non avevo voluto sapere il sesso del nascituro perché speravo di rimandare fino all'ultimo la scelta del nome. Non ero l'unica donna che avrebbe avuto un figlio senza un uomo accanto, ma la scelta del nome era una cosa così importante che mi rattristava molto sapere che il padre non ne avrebbe preso parte.
«Devi dire a Luca la verità, che avrai un figlio da lui» dichiarò seria la mia sorellina di diciassette anni.
Lei e mio padre erano al corrente della mia storia, però non avevo detto loro di aver incontrato Luca di recente e che ora ci vedeva di nuovo.
«Sono certa che ti perdonerebbe e tornerebbe con te» continuò Silvia ma mio padre la zittì: «Magari Lara non pensa più a lui, ha voltato pagina.»
Mi guardò speranzoso e avrei voluto dirgli che aveva ragione, ma non era affatto così. Non riuscivo a dimenticare Luca, per quanto mi sforzassi. C'era nostro figlio a ricordarmelo ogni giorno.
«Questo è impossibile» ribattei, riferendomi al fatto che Luca mi perdonasse.
«Non puoi saperlo» insistette Silvia.
«E invece lo so» risposi, decisa e improvvisamente nervosa. Non erano solo gli ormoni legati alla gravidanza.
«E da cosa lo avresti dedotto, scusa?»
Mi alzai bruscamente dal tavolo, con le lacrime agli occhi e mormorai: «L'ho visto con un'altra. Mi è venuto addosso e non mi ha riconosciuta.»
Ormai piangevo a dirotto.
«Come avrebbe fatto, dato che non ci vede? Gli hai parlato?»
Scossi la testa, sentendomi una stupida per le mie lacrime.
«Ora ci vede. Non ha più bisogno di me, né tantomeno del figlio avuto con una bugiarda.»
Me ne andai a letto a piangere finché non mi addormentai, con le mani ad accarezzare il mio pancione. Sapevo di aver fatto una scelta difficile, scegliendo di crescere quel figlio senza un padre, ma come potevo separarmi dall'unica cosa che mi legava al primo uomo che io avessi amato veramente?

*

Mia sorella e mio padre non mi fecero più pressioni riguardo a Luca e io cercavo di non pensarci.
Andai a lavorare al ristorante fino alla fine del settimo mese di gravidanza, poi la pancia diventò troppo ingombrante per permettermi di passare agevolmente tra i tavoli, così rimasi a casa in maternità.

Quando mancavano tre settimane al termine, decisi di uscire a comprare qualche abito per il bambino. Presi l'autobus diretto in centro, con la pancia mi risultava scomodo guidare e papà lavorava, gli avevano aumentato le ore. Era completamente guarito dalla sua dipendenza dall'alcol ormai e al lavoro cominciavano a rispettarlo.
Entrai in un negozio di abbigliamento a buon mercato e scelsi tre tutine di colori neutri: giallo, rosso e verde. Poi cercai la commessa per chiedere aiuto riguardo alle calzine.
Mi ritrovai davanti la bellissima ragazza mora che avevo visto con Luca all'ospedale.
«Buongiorno, come posso aiutarla?» chiese, poi esclamò: «Ci siamo già viste, o sbaglio?»
«Sì» risposi, in imbarazzo. «Il suo ragazzo mi ha urtata all'ospedale qualche tempo fa.»
Mi sentii patetica. Avevo dato una grande importanza a un evento che per loro doveva essere stato insignificante.
«Oh, Luca! Non lo vedo da un po'. Sa, ci siamo lasciati. Incompatibilità di carattere.»
Avvertii un certo sollievo e proseguii i miei acquisti con maggiore serenità.
Di ritorno dalle compere, sull'autobus, una donna mi cedette il posto. La riconobbi, era Katia, la parrucchiera amica di Ginevra.
Sperai che non mi riconoscesse, ma fui sfortunata.
«Ciao, Lara! Quanto tempo. Oh, aspetti un bambino? Per quello non lavori più da Ginevra?»
Quindi non sapeva la vera versione dei fatti, pensava ancora che io non parlassi.
«Sai, Luca ha recuperato la vista. È stato quasi un miracolo. Le tue cure devono avergli fatto bene.»
Quel giorno sembrava che le coincidenze non sarebbero mai finite, perché mentre la donna continuava a raccontarmi di come se la passavano nonna e nipote, Ginevra salì sull'autobus.
«Ginny, stavo per venire a trovarti. Per fortuna ci siamo incrociate.»
Avrei voluto scomparire, ma ormai la donna mi aveva vista e mi fissava, o meglio, fissava il mio pancione, con tanto d'occhi.
«Lara! Non ti sei più fatta sentire.»
Qualcosa nei suoi occhi mi fece capire che aveva già indovinato come erano andate le cose.
«Devo scendere» mormorai, lasciando Katia a bocca aperta.
«Ti chiamo» ribatté Ginevra, senza scomporsi.
Me ne andai, con il cuore pesante: il mio segreto era stato scoperto.

Quella sera Ginevra mi telefonò. Restammo in linea per mezzora e io la implorai per tutto il tempo di non accennare a Luca del nostro incontro. Lei disse che non gliene avrebbe parlato ma disapprovava il mio comportamento.
«Agendo così ti farai solo odiare di più da lui, se dovesse venire a scoprirlo.»
«Non lo credo possibile, già mi detesta con tutto se stesso. Poi non lo scoprirà mai.»
«Lara, ora Luca è guarito. Tuo figlio avrebbe un padre normale.»
«Non voglio che abbia un padre normale, ma un padre che ci ami entrambi. Luca non si fida più di me e di certo non mi ama.»
«Se vuoi, puoi cambiare le cose. Sta a te. Sai dove abitiamo.»
Riattaccai e sospirai rumorosamente. Silvia aveva origliato la conversazione ma non la sgridai. Mi confidai con lei e mi consigliò di andare a parlare con Luca, come aveva già fatto tempo addietro.
Io non sapevo cosa fare, avevo paura di venire rifiutata. Avevo ancora il cuore a pezzi e non volevo che riprendesse a sanguinare prima di essere guarito. Pensai di rimandare di qualche giorno, ma le circostanze me lo impedirono.


NOTA DELL'AUTRICE

Questo capitolo fa parte della serie "Chi non muore si rivede". Lara ha incontrato proprio tutti, tranne colui che ha tanta paura eppure molta voglia di vedere...

Manca poco alla fine della storia, spero che vi stia piacendo e che non abbiate sentito troppo la mancanza di Luca, tornerà presto! :) Grazie di cuore a chi segue, legge e commenta!

Maria C Scribacchina

Quel che non riesco a vedereWhere stories live. Discover now