Capitolo 9

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Dal momento in cui Luca mi aveva detto che gli piacevo, c'era stato un po' d'imbarazzo tra di noi e ci eravamo un po' allontanati. Ginevra se ne era accorta.

Un giorno, quando era sicura che lui non ci potesse sentire, mi prese da parte ed esordì: «Lara, non credo che mio nipote abbia avuto comportamenti troppo sconvenienti nei tuoi confronti. Cerca di capirlo, è un ragazzo e ha i suoi bisogni.»
Mi sentii avvampare. Cosa sospettava fosse successo?
«Non esce mai.»
Ripensai al mio discorso con Silvia e scrissi sul bloc notes:

Posso portarlo io a fare un giro

«Ti piace, vero?» insinuò l'anziana e io distolsi lo sguardo, imbarazzata.
«Luca!» strillò Ginevra e io avrei tanto voluto sprofondare.
Agitai le mani, per intimarle di tacere, di non rivelare il mio segreto.
Lui arrivò dopo un paio di minuti.
«Che c'è?» Indossava una felpa al contrario. Sapevo che era maleducato e indelicato da parte mia, ma scoppiai a ridere. Così fece anche Ginevra.
«Ok, ho messo la felpa al contrario. Sapete, non potevo presentarmi come mamma mi ha fatto e ho cercato di fare in fretta. Perlomeno non è come quella volta che me ne andai in giro tutto tronfio a dire che il mio cane guida si chiama Guinness perché ha il pelo nero. Vero, nonna?»
Ginevra mi strinse l'occhio con aria complice. Per lei doveva essere stato uno scherzo innocente ai danni del nipote, fargli credere che avesse un Labrador Retriever nero e non giallo, come era in realtà Guinness.
«Almeno aspetta che Lara ti porti fuori a cena» commentò Ginevra senza smettere di ridere sotto i baffi, ignorando l'accenno alla storia del cane.
«Come?» Luca si sedette al tavolo, lo aiutati a spostare la sedia, ancora in imbarazzo. Guinness, forse sentitosi chiamare in causa dalla frase pronunciata poco prima dal suo padrone, si avvicinò e mi posò il muso sulla gamba. Lo accarezzai dietro le orecchie: ormai non mi faceva più paura e mi ero affezionata a quel gigante buono e dolce.
«Avete bisogno entrambi di uscire.»
Le labbra gli si piegarono in una smorfia. «Hai chiesto a lei se è d'accordo?»
«Certo.»
«Oh, beh, come se io potessi vedere se è d'accordo o meno.» Rise, amaramente.
Faceva di continuo battute sulla sua condizione, sapevo che ci scherzava perché in realtà non aveva ancora accettato il fatto di essere diventato cieco.
Gli posai una mano sulla spalla e strinsi, "Sono d'accordo" avrei voluto dirgli.
«Va bene, però prima voglio sistemare barba e capelli.»
«Andrai dal parrucchiere, di sicuro non ti farò usare il rasoio elettrico. Ci manca solo che, oltre a cieco, tu resti anche senza un orecchio.»
Ginevra sapeva essere crudele con le sue battutine, ma Luca pareva non farci caso e, dopo l'iniziale meraviglia, mi ci stavo abituando anche io. Mi stavo affezionando ai battibecchi tra nonna e nipote, forse anche fin troppo.
«Mi aiuterà Lara.» Strinse forte la mia mano posata sulla sua spalla e io ricambiai la stretta.

Quel pomeriggio, dopo aver raso Luca e avergli spuntato i capelli, improvvisandomi parrucchiera e scoprendo che non ero nemmeno tanto male, lo aiutai a cercare i vestiti adatti per la serata.
L'anziana padrona di casa ci aveva prenotato un tavolo in un ristorante elegante e mi aveva consegnato qualche soldo per la cena e la serata.
Ero impaziente di uscire a divertirmi un po', anche se sarebbe stato tutto molto diverso dalle uscite mondane del mio passato.
Luca scelse dei jeans scuri e una camicia blu. Lo lasciai a vestirsi da solo, non aveva mai voluto che lo aiutassi, e andai a prepararmi a mia volta.
Scelsi un abito nero senza spalline, con sopra un golfino dello stesso colore e indossai delle scarpe col tacco nere. Non avevo portato con me molti vestiti eleganti il giorno della mia fuga da casa. Avevo dato il permesso a Silvia di vendere quelli che erano rimasti. Ormai non facevo più molta vita mondana e per una volta non mi sarei dovuta preoccupare dello sguardo di approvazione o disapprovazione del mio accompagnatore, pensai, però con anche una punta di amarezza.
Alle otto in punto io e Luca uscimmo da casa di Ginevra, che ci aveva gentilmente prestato la sua auto.
«Avevo una macchina prima dell'incidente, poi però nonna l'ha venduta. Adoravo guidare, fare lunghi giri, senza una meta, era il mio modo per rilassarmi. Dopo l'incidente, per più di un anno ho avuto il terrore ogni volta che salivo su un'auto.»
Gli posai una mano sulla spalla e lo aiutai a salire.
«I ruoli dovrebbero essere invertiti.»
«Shh» feci e gli tirai su gli angoli della bocca.
«Ok, stasera ci divertiremo» mormorò ed io gli strinsi un braccio, mentre sentivo il cuore battermi forte per la vicinanza tra di noi.

Quel che non riesco a vedereWhere stories live. Discover now