Prologo

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Non è bello sentirsi inutili. In teoria, un ragazzo di venticinque anni dovrebbe avere il mondo in pugno, tutte le opportunità che desidera, il potere di cambiare il proprio destino. Per me non era così, da un giorno all'altro era stato il destino ad avere in pugno me. E io potevo solo restare lì, a lasciare che tutto mi passasse sopra, che le ore e i giorni trascorressero, uguali, senza poter cambiare le cose.
Che ne era stato della persona determinata che ero stato? Era svanito tutto, soffiato via dalle circostanze sfortunate che avevano cambiato per sempre la mia vita.
Definirla vita, poi, era anche fin troppo. Esistenza. Sì, perché a me sembrava di esistere soltanto, senza combinare nulla di buono, pesando sulla persona che si era accollata la responsabilità di prendersi cura di me, due anni prima, quando ero un ragazzo di ventitré anni che non sarebbe più stato come tutti gli altri; una persona a cui mancava qualcosa, oltre che entrambi i genitori, che mi erano stati portati via da un incidente.
Lo stesso incidente che mi aveva tolto la vista. Diciamoci la verità: dove va un ragazzo di ventitré anni che non ci vede? Che cosa può fare concretamente, a parte essere un peso per la società? Non ero nato cieco, quindi sapevo esattamente cosa mi perdevo. I raggi di sole che si riflettevano sugli oggetti, persino il grigiore del cielo mi sarebbe mancato.
Alla mia età, a parte voler spaccare il mondo, c'è un'altra cosa che occupa la mente di un ragazzo: le donne. Diavolo, quanto è difficile rinunciare alla vista di un bel corpo femminile? La cosa migliore, dopo ammirare un bel corpo femminile, è poterlo toccare. Io chi credevo di conquistare nella mia situazione? Avrei potuto puntare sulla pietà, sulla compassione? No, non ero quel genere di persona.
Dopo l'incidente i dottori avevano detto che c'era il cinquanta per cento di probabilità che io riacquistassi la vista, senza nessun intervento. Passati due anni però le speranze si erano ridotte a zero. Quindi, con nessuna prospettiva per il futuro, trascorrevo le giornate a casa di mia nonna, come una specie di zombie. Mi trascinavo, a fatica, sia inteso, da una stanza all'altra, e l'unica cosa che mi andava di fare era ascoltare musica ad altissimo volume. Che diventassi anche sordo, non me ne importava. Detestavo sentire voci femminili intorno a me senza avere la possibilità di sapere a chi appartenevano. Detestavo ancora di più sentire le frasi sussurrate della gente che mi compativa o provava pietà per me.
Un paio di volte avevo mormorato che ero cieco, non sordo. Poi avevo smesso di farlo perché tanto non ci provavo gusto: non potevo vedere la loro espressione e la loro reazione.

Poi, un giorno qualcosa era cambiato. La nonna, che si prendeva cura di me, mi aveva portato a casa un cane guida.
C'è da dire che la nonna non si prendeva affatto volentieri cura di me. Aveva il suo giro di amiche, amava uscire e fare tardi la sera. Non era la classica settantenne tutta casa e chiesa. Non ero di certo entusiasta di andare a stare a casa sua, ma per il momento nemmeno a lei, dal cuore non proprio morbido, andava di lasciarmi in un istituto per gente come me. Questo la diceva lunga su quanto facessi pena alla gente.
Ecco, quando io e Guinness, il mio cane guida, ci eravamo conosciuti, tutto era cambiato. A Guinness importava di me; anche se non potevo vederlo, me ne accorgevo, lo sentivo. Eravamo entrati in sintonia fin da subito. E così, ora che avevo un altro essere vivente cui importava di me, mi sentivo meno depresso. Avevo ricominciato ad uscire, prima solo per tragitti brevissimi, poi per svolgere piccole commissioni per conto della nonna. Mi mandava a comprarle soprattutto delle riviste. Era frustrante all'inizio dover fare affidamento sull'edicolante per la scelta, poi però avevo imparato a memoria la posizione della rivista che nonna voleva e il tipo di carta. Dopo averle portato un paio di volte delle riviste con ricette vegane, alla fine ero riuscito ad azzeccare e a recapitarle i suoi tanto amati giornaletti di gossip senza l'aiuto di nessuno.

Quando ci vedevo, prima dell'incidente, adoravo leggere e per questo la perdita della vista era stata ancora più traumatica per me. Fin da piccolo avevo divorato pagine e pagine, un libro dopo l'altro. Un mattone, come diceva mio padre, dopo l'altro. Era mia madre che mi aveva mischiato la "malattia", come la chiamava lui. Sentivo la mancanza dei miei genitori, delle loro sgridate, ma una delle cose che mi sarebbero mancate di più erano i miei giri in libreria e in biblioteca con mamma. Avevamo gusti letterari completamente diversi, ma ci capivamo alla perfezione riguardo all'esigenza di avere sempre qualcosa da leggere sul comodino, cosa che mio padre non concepiva minimamente. Dopo il cane, sempre da nonna, arrivò il primo libro in Braille. Era un classico che detestavo con tutto me stesso. La vecchia me lo aveva regalato a caso, ne ero certo, senza chiedermi un parere. Ci era voluto un po' per fare pratica, eppure fu meraviglioso tornare a leggere, anche se in maniera diversa.
Mi avevano tolto il piacere di guardare le ragazze, la facoltà di costruirmi una carriera, ma avrei potuto sempre contare sulla musica e sulla lettura.

Così ritrovai quel briciolo di gioia - ok, gioia è un'esagerazione, voglia, forse è meglio - sì, ritrovai quel briciolo di voglia di vivere, di uscire, di camminare tra la gente, con Guinness al mio fianco, fedele compagno.
Nonna continuava la sua vita, le sue uscite con le amiche, con gli uomini, anche se credeva che io non lo sapessi. Non che potessi vederla, ma lo sentivo. Lo avvertivo nell'aria. Non avere più l'uso di uno dei cinque sensi, ti aiuta ad affinare gli altri e anche a sviluppare un certo sesto senso per le cose.

Eppure, nonostante il mio sesto senso, quella mattina, quando ero uscito di casa, non avrei mai immaginato che uno scontro con una ragazza maleducata e piena di sé mi avrebbe potuto cambiare completamente la vita.


NOTA DELL'AUTRICE:

Ciao a tutti! Sono Maria e questa è la prima storia che pubblico su Wattpad. Scrivo già da qualche anno ma era un bel po' che avevo smesso di pubblicare su internet. Spero che leggendo il prologo della mia storia siate incuriositi ad andare avanti e a conoscere meglio Luca e Lara!

Grazie a chiunque leggerà o commenterà!

Maria C Scribacchina

Quel che non riesco a vedereWhere stories live. Discover now