42. Una chiarezza micidiale

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Winton le aveva detto di prendersi quei quindici minuti prima della riunione per mettere a posto le idee. All'inizio aveva giudicato il suo commento nel modo sbagliato, come spesso succede ai figli e alle figlie di Atena: con il cervello. Se c'era una cosa che poteva infastidire un figlio della saggezza era proprio la coscienza che non tutto si poteva risolvere con la materia grigia, che non tutto era ragionamento logico e non tutto era sinapsi. Era grata a suo fratello per avergli detto quella frase, aveva un significato lontano dalla sfera della mente e più vicino alla sfera del cuore. Mettere a posto le idee voleva dire tranquillizzarti e non fare nulla di affrettato oppure stenderti dieci minuti sul letto. Win non voleva che si sovraccaricasse di pensieri ancora prima dell'inizio della riunione. Contando i secondi con il ritmo dei passi di corsa la ragazza raggiunse la sua cabina. Nessuno aveva pulito quella settimana, e anche se fosse stato fatto l'aspetto non sarebbe stato poi tanto diverso. Carta, penne, libri e mappe ingombravano il tavolo comune e buona parte del pavimento, soprattutto in corrispondenza dei letti, spinti senza molte remore verso le pareti, dove queste non erano già occupate da librerie. Tutto ciò che rientrava nella definizione di classico era presente nella loro cabina. Il letto di Iris era quello più nell'angolo, non perchè questo la facesse sentire più protetta ma per poter avere una superficie extra per una bacheca extra a cui appendere tutti I suoi pensieri e ragionamenti scritti su pezzetti di carta di qualsiasi tipo. Era la sua tana, il suo rifugio dei pensieri. Se non fosse stato per le parole di Winton si sarebbe subito messa in quell'angolo a tentare di capire, a tentare di ragionare. A tentare di agitarsi per far funzionare il cervello ancora meglio, ancora di più. Scelse tuttavia di sedersi ai piedi di una delle librerie, lievemente affaticata dalla corsa ma più che determinata a non lasciare che la sua natura prendesse il sopravvento. Respirò profondamente due e tre volte, sentendo l'ossigeno che le alleviava la fatica e la schiena rilassarsi contro i dorsi dei tomi che aveva come schienale.

Se doveva avere un quarto d'ora d'aria celebrale, quale modo migliore di passarlo se non leggendo. Quindici minuti, quindici pagine. Solo quindici pagine per lasciarle la mente libera di vagare in una qualsiasi pianura mitologica a sua scelta. O forse nemmeno di suo scelta! Alzò le mani sopra la testa e cercò di prendere uno dei volumi alla cieca, affidandosi, come raramente si trovavano a fare i figli di Atena, alla fortuna. Purtroppo il suo metodo ebbe poco successo in quanto si rese conto di come le sue mani riconoscessero i libri dal loro dorso, spessore e posizione. Niente da fare, la fortuna proprio non riusciva a farsela andar bene. Recuperò una copia della Teogonia, guardò il titolo scritto in greco antico e si ricordò di cosa trattava. Divinità che ammazzano altre divinità per prendere il potere. La prima volta che l'aveva letto le era piaciuto molto: non trattava degli dei che avevano generato tutti loro, non in principio per lo meno. Le aveva fatto quasi impressione l'idea che Zeus e tutti i grandi olimpici potessero aver avuto dei genitori. Dei genitori tremendi! Forse era per questo che nessuno di loro era un perfetto caretaker verso la propria progenie. Tuttavia questo non era il momento degli dei, era il momento degli uomini. Allungo di nuovo le mani dietro la nuca e provò a chiedersi quale fosse il libro di tutti gli uomini.

"Stai cercando qualcosa?"

Una figura smilza e dotata di una massa di capelli rossi era comparsa sulla porta.

"Ciao Fabrice – rispose Iris lasciando cadere le braccia e stringendosi le ginocchia ossute al petto. – stavo cercando una lettura leggera prima della riunione, ho bisogno di rilassare le idee."

Era una frase bizzarra ma Fabrice avrebbe capito, lo sapeva. Come previso, infatti, il ragazzino sorrise e si avvicinò, accennando al libro che ancora stava appoggiato accanto a lei.

"La Teogonia non è esattamente una lettura leggera."

"Infatti l'ho scartato."

"Cosa stai cercando di preciso?"

"Il libro degli uomini. Qual è il libro degli uomini?"

"Perché questo improvviso interesse per il genere maschile? Potrei suggerirti di comprare un numero di Tutto Sport o Playboy. Le statistiche provano che anche GQ..."

"Brice, non mi stavo riferendo a quello." Tagliò corto la ragazza senza guardarlo, intenta piuttosto a torturare l'orlo della sua gonna nonostante la posizione già sufficientemente contorta in cui si trovava. "Il libro degli uomini, degli esseri umani."

"Non vuoi un libro sui semidei?"

"Prima che semidei siamo esseri umani."

"Allora prova questo."

Con una delle sue braccia scheletriche si allungò a recuperare un volume che aveva parecchio gemelli nella libreria. Diverse edizioni filologiche della stessa opera erano infatti presenti. Tutti l'avevano letto. Iris guardò il titolo un pochino scettica.

"Come mai l'Iliade?"

"Me l'hai chiesto tu di darti il libro degli uomini."

"Sì ma l'Iliade è piena di divinità."

"Ottima argomentazione. Tuttavia, cara Iris, la guerra è sempre fatta da uomini, perché sono gli unici che muoiono."

"Non è una prospettiva allettante."

"Pensaci. La morte è tutto ciò che ci rende umani."

Quelle parole la colpirono come uno schiaffo dato con un guanto di chiodi. Era vero, fin troppo vero.

"Ti lascio alla tua lettura." concluse con un sorriso, uscendo poi silenzioso come era entrato, probabilmente per tornare a infastidire Robert o per tranquillizzare Jasper. Le parole appena dette, però, rimasero con lei. Ombre di una realtà molto complessa che si trovava a vivere tutti i giorni.

"Μῆνιν ἄειδε, θεά, Πηληϊάδεω Ἀχιλῆος

οὐλομένην, ἣ μυρί' Ἀχαιοῖς ἄλγε' ἔθηκε,

πολλὰς δ' ἰφθίμους ψυχὰς Ἄϊδι προΐαψεν

ἡρώων,

Cantami, o diva, del Pelide Achille l'ira funesta

Che infiniti addusse lutti agli Achei.

Molte anzitempo all'Orco generose travolse alme d'eroi.

Gli eroi erano loro. E le loro anime sarebbero state travolte, spedite all'Orco, nell'Ade. E tutto questo per cosa? Per Elena.

αὐτοὺς δὲ ἑλώρια τεῦχε κύνεσσιν

οἰωνοῖσί τε πᾶσι,

e di cani e d'augelli orrido pasto

lor salme abbandonò (così di Giove l'alto consiglio s'adempìa)

Questa era la fine degli umani in un mondo dove gli i capricci degli dei la facevano da padroni. Tuttavia nell'esatto momento in cui concepì questo pensiero, un altro si fece spazio nella sua mente. Elena. Tutti gli eroi erano andati a recuperarla per una promessa fatto a quello che un tempo era stato loro amico, anzi! Era stato qualcosa di più importante, era stato loro ospite e l'ospite è sempre sacro. Fabrice aveva avuto ragione a passarle quel volume. C'era tutto ciò che di più umano si può sentire: dolore, fatica, morte, gratitudine. Tutti sentimenti che forse gli dei dell'Olimpo mai avrebbero conosciuto. Il senso di dovere davanti a una promessa fatta, sentito come più importante della loro stessa vita! Tutto per Elena.

Elena?

Helena.

Helen.

Helen Bucket. E Nigel.

Διὸς δ' ἐτελείετο βουλή,

ἐξ οὗ δὴ τὰ πρῶτα διαστήτην ἐρίσαντε

Ἀτρεΐδης τε ἄναξ ἀνδρῶν καὶ δῖος Ἀχιλλεύς

Ciao cari piccoli Akei!

Chissà cosa ha capito Iris! Provate ad indovinare, in ogni caso lo scoprirete giovedì prossimo!

La Seconda IliadeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora