Capitolo 1

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Qualcosa accanto a lei trillò in modo assordante, accompagnato poi da una breve vibrazione, le trapassò i timpani risvegliandola in modo brusco e interrompendo il suo sonno. Aprì gli occhi con estrema riluttanza, mugugnando parole sconnesse e cercò a tentoni con sguardo annebbiato, il suo telefonino.

Sbuffò imbufalita quando lesse sul display l'ora e il nome che lampeggiava ormai da cinque minuti buoni.

- Dovevo immaginarlo! Le tre del mattino, e chi poteva essere se non lei! – imprecò tra i denti – Pronto? –

- Alla buonora! In negozio, Barkley, immediatamente! Ti voglio lì entro le cinque! – strepitò una voce acuta e acida; urlò così forte che Audrey dovette allontanare velocemente il cellulare dall'orecchio o avrebbe seriamente rischiato di perdere l'udito.

- Mi dia il tempo di prepararmi... - ma l'altra aveva già interrotto la comunicazione, perciò non poté fare altro che inspirare e contare fino a dieci e si alzò svogliatamente dal suo caldo letto. Fissò per qualche minuto il cielo ancora costellato da qualche piccola stella e dovette ammettere a malincuore che New York non conosceva la magia di un manto stellato proprio a causa delle forti luci della città le stelle non si notavano nemmeno, se non in rare occasioni. Nonostante l'ora strana sulle strade si potevano vedere taxi, macchine della polizia e ambulanze sfrecciare a tutta velocità, e il pensiero di dover raggiungere la metropolitana in mezzo a quel trambusto alle quattro di mattina le fece annodare lo stomaco; chiuse le tende ed andò in bagno, anche se chiamarlo bagno era quasi un insulto: era una stanza microscopica, con un water e un mini lavabo di fronte ed un piccolo piatto in ceramica con tendine di plastica di un colore indefinito. Fortuna che non soffriva di claustrofobia...

- Che vita di merda... - bisbigliò aprendo la manopola dell'acqua calda. Sapeva già però che non sarebbe riuscita a farsi una doccia decente, dovendosi accontentare d'un po' d'acqua tiepida; la caldaia era vecchia e dava spesso problemi, e il più delle volte doveva lavarsi con acqua fredda.

Dopo essersi lavata velocemente e asciugata altrettanto rapidamente, indossò delle semplici mutandine in cotone e un reggiseno sportivo; si lavò il viso e i denti, poi fece il terribile errore di guardarsi allo specchio. Orrore! Il suo viso era tremendamente pallido, dove terribili ed evidenti occhiaie violacee la salutavano minacciose sotto i suoi occhi grigi, mentre i capelli... I capelli! Erano solo una grossa massa biondo grano informe, aggrovigliati in quello che doveva essere uno chignon solo qualche ora prima. Afferrò con riluttanza la spazzola e pian piano iniziò a spazzolarsi i suoi capelli, tentando inutilmente di dare loro una parvenza di decenza. Ma i capelli ricci non aiutavano, perciò sconsolata optò per una coda alta, nella speranza che potesse durarle almeno qualche ora! Dopo aver pasticciato con il correttore nel vano tentativo di coprire quel terrificante blu, si vestì con dei semplici jeans comodi ed una maglietta a maniche corte, indossò le sue fidate scarpe sportive e, acciuffato in fretta e furia giacchetto e borsetta uscì. Quando lesse l'ora sul telefonino per poco non urlò: era tardissimo! Scese le scale rischiando di rompersi l'osso del collo e caracollò fuori sul marciapiedi come se avesse il diavolo alle calcagna; raggiunse la metropolitana e prese il treno che l'avrebbe portata a lavoro per pura fortuna, e dopo essersi assicurata di aver preso tutto, si sedette scomposta su uno dei posti liberi. Non c'era molta gente e ciò le dava parecchia inquietudine addosso, tuttavia dovette stringere i denti, osservando attentamente attorno a sé. Afferrò il suo piccolo Ipod e, dopo aver scartato diverse canzoni, la canzone I Will Survive di Gloria Gaynor partì al massimo e pensò quanto quella canzone calzasse perfettamente per lei! Una volta scesa alla giusta fermata si incamminò rapidamente verso il negozio in cui lavorava, arrivando addirittura con dieci minuti d'anticipo; il negozio aveva ancora le serrande chiuse, solo una scarsa luce proveniente dalla porta secondaria poteva indicare che qualcuno fosse già dentro a lavorare; sollevò lo sguardo sull'insegna e il suo cuore mancò un battito: Breads Bakery era scritto in oro con uno splendido corsivo su una base rossa. Nonostante lavorasse come un mulo in quella pasticcieria era euforica, era considerata una delle più buone pasticcierie del quartiere e il sapere di aver raggiunto un simile obbiettivo la esaltava ogni volta. Dopo aver studiato e lavorato sodo era riuscita ad inserirsi in un negozio piccolo ma noto; certo non era come lavorare nel grande Cafè Pouchkine su Boulevard Haussmann nel nono arrondissement a Parigi... Lì aveva affrontato ardue sfide come stagista mentre ancora studiava, poi era stata assunta nello staff del locale affiancando il grande Emmanuel Ryon. Aveva imparato così tante cose dal grande maestro! Voleva apprendere più cose possibili, e tornare a casa con un grande bagaglio di esperienze poiché il suo sogno era quello di aprire un negozio tutto suo una volta tornata in America. Una volta pronta si sarebbe aperta una piccola pasticcieria, non troppo grande ma che fosse confortevole per i suoi clienti, con poltrone in morbida pelle bianca e mobili in legno di noce scuro e lampadari dorati che pendevano dal soffitto per dare quel tocco di chic che non guastava mai...

Le ricette dell'amoreWhere stories live. Discover now