Capitolo 15: Cicatrici

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Freya conosce la storia sulle piante carnivore di quel luogo, sa di dover agire prima che i petali rilascino il polline paralizzante e così invoca l'aiuto del Seiðr.

È il vento a rispondere alla sua chiamata d'aiuto. Una folata leggera si trasforma in una lama letale e invisibile che recide il prolungamento del fiore.

Lei cade senza fare rumore, ma atterra in un terreno accidentato e la caviglia non riesce a reggere il suo peso.

Freya grida, sostenendosi su un solo piede. È zoppicando e mordendosi il labbro inferiore che attraversa il nuovo tratto di foresta. Ha innalzato una barriera protettiva, ma la durata dell'incantesimo è limitata e deve trovare un luogo dove poter vedere i danni della caduta e valutare come procedere.

Supera rami e oltrepassa rovi di spine, poi la vede. La grotta è come un bicchiere d'acqua nel deserto pietroso di Svartálfaheim e lei si lascia cadere a terra. Il dolore al piede è costante e impossibile da ignorare, così si decide a valutare i danni.

È una frattura e il Seiðr impiegherà giorni a sanarle la ferita. Troppo tempo.

Freya appoggia una mano sulla caviglia e inizia a mormorare la formula di guarigione.




L'incontro con l'elfo avviene alle prime luci dell'alba, quando nel cielo di Alfheim risplende una sola luna e Freya si sforza di tenere aperti gli occhi. Lui corre nella grotta con una ferita alla tempia e lei si mette immediatamente in allerta, afferrando un paio di pugnali da lancio.

Lo riconosce subito come il suo bersaglio: occhi violacei e capelli bianchi come la pallida luna di Asgard e Midgard.

Freya gioisce di quella fortuna inaspettata, mentre l'altro si immobilizza e la guarda stranito.

Fuori dal nascondiglio, lei percepisce chiaramente la presenza di altri individui, forse cacciatori di taglie. L'elfo non si muove, valuta le proprie alternative, poi decide di entrare.

È un pensiero strano quello di Freya, eppure non può fare a meno di notare quanto il suo obiettivo sia... bello. Diverso.

Si chiama Sylar, ricorda lei, ed è imparentato con la famiglia reale di Alfheim.

"Una ragazzina... di Asgard" constata lui. "Vi istruiscono sempre più giovani."

Freya non perde tempo a fingere, chiarito che entrambi sospettano l'identità dell'altro. La domanda le sorge spontanea e le parole sfuggono dalle sue labbra. "Perché vogliono ucciderti?"

"Ambisci alla mia morte e non lo sai, ragazzina?"

Freya socchiude gli occhi, infastidita. Dovrebbe ucciderlo e basta -non si conversa con il nemico- ma il desiderio di sapere è tanto.

"Sei la schiava di qualche cacciatore di taglie? Il tuo padrone ti ha mandata da sola?"

Lei inorridisce per quel paragone poco opportuno e offensivo. "Non ho alcun padrone" ribatte lei. E tuttavia, riflettendoci, Freya capisce che quell'affermazione non è del tutto vera.

"Oh... sei una di quelle orfane adottate per essere mandate al macello, dunque."

Freya scatta in avanti, malgrado la fitta di dolore alla caviglia. Non sopporta le parole di quell'elfo perché, anche se sbaglia, lei intravede comunque un frammento di verità. È cresciuta senza una vera famiglia e ha imparato a sottostare a ogni richiesta di Víli.

Cicatrici   |COMPLETA|Where stories live. Discover now