.Capitolo 28

40 5 4
                                    

2 giorni dopo.

Ethan's Pov.

"Sono a casa" grido per farmi sentire mentre mi chiudo la porta alle spalle.

"Ethan, diamine, mi hai fatto prendere un colpo" sobbalza mia madre portandosi una mano al petto e facendo cadere il cucchiaio che aveva tra le mani.

I capelli neri sono raccolti in una coda poco sistemata, il maglione color senape ricopre maggior parte del suo esile corpo e il pantalone nero le sta fin troppo largo.

"Scusami mamma" sogghigno togliendomi la felpa sudata, restando in canottiera.

Ah le mie povere spalle, sono distrutto. L'intenso allenamento di basket mi ha stremato.

"Lascia fare a me" le dico togliendole una scatola di pomodorini dalle mani per poi iniziare a preparare la cena.

Seguono attimi di profondo silenzio che avvolgono la casa in un ampio manto, prima che il cigolare della poltrona interrompa quella pace.

"Allora figliolo" sospira la donna adagiandosi in maniera comoda sulla poltrona. "Cosa hai da raccontare alla tua anziana madre?" chiede con tono investigativo.

"Anziana?" mi giro a guardarla con un sopracciglio alzato.

"Sì" sospira affranta "purtroppo non sono più bella e pimpante come una volta. Ma comunque questo non c'entra, ti ho fatto una domanda" sorride speranzosa.

"Sì, appunto e non capisco il fine di quella domanda" armeggio con la padella mentre taglio l'aglio in piccoli pezzettini.

"Deve esserci un motivo preciso se una madre chiede al proprio figlio di raccontargli qualcosa della sua vita?" domanda ironica.

"Non dico questo, però-"

"Non l'ho mai fatto" mi interrompe "cercare di capire qualcosa di voi, intendo." lo sguardo perso mentre guarda un punto indistinto della stanza "ma voglio rimediare. Sono sempre stata troppo occupata a preoccuparmi dei miei problemi, trascurando la cosa più bella della mia vita: i miei figli" continua quasi in un sussurro, come se quelle parole dette a voce alta possano rompere i vetri della casa. Ma l'unica cosa che sento rompersi è il mio cuore.

"Non dire così" dico con voce tremante avvicinandomi a lei "I tuoi problemi riguardavano e riguardano tuttora anche noi" continuo più deciso.

"Ciò che è successo con tuo padre, le condizioni patetiche in cui eravamo costretti a vivere, le violenze, i ricatti, la rabbia e, adesso, la mia malattia non sono fatti con cui due bambini dovrebbero convivere" si acciglia.

"Non è colpa tua, mamma" alzo leggermente la voce stringendo i pugni lungo i fianchi mentre il suo sguardo, lo sguardo della donna che più di tutti mi ha amato, diventa triste, malinconico, amareggiato.

Vorrei strapparmi le orbite dagli occhi per non dover essere costretto a vedere quell' espressione. È un'espressione ingiusta che non dovrebbe stare nel suo viso. È un'espressione che si fa spazio tra le parti più insicure e sgretolate del mio essere facendomi sentire una completa nullità.

"Ma comunque, non è di questo che voglio parlare" si riprende sorridendomi debolmente "voglio sapere di più della vita e di ciò che prova il mio bambino."

"Beh" alzo le sopracciglia in uno scatto fulmineo "non c'è molto da dire in verità. Conduco una vita da normale universitario seguendo le lezioni" alzo le spalle.

"Oh, ma questo lo so già" dice mia madre con uno strano ghigno in volto.

"Perché quell'espressione?" domando confuso.

Ricominciare a sognare Where stories live. Discover now