.Capitolo 12

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Madison's Pov

La mattina successiva, quando mi sveglio, il mal di testa è diventato più leggero. Sento ancora gli occhi pesanti, come se avessi due blocchi di cemento sopra le palpebre, ma sto decisamente meglio di ieri. La mia paura nell'addormentarmi è stata scacciata via dal profondo sonno accumulato in questi giorni. Sono resistita fino alle tre di notte, dopo non c'è l'ho più fatta e sono stata trasportata dalla stanchezza verso un sonno tranquillo e senza sogni.

Non ho nessuna voglia di alzarmi dal letto stamattina. È magicamente diventato comodo e i raggi del sole che accarezzano il mio viso mi spingono a pensare che forse oggi potrei anche saltare le lezioni. Non so come, però, abbandono questi pensieri e mi rendo conto che alla fine sono qui da solo una settimana e poco più. Non posso permettermi il lusso di saltare le lezioni. A malincuore mi alzo e inizio a vestirmi con la lentezza di una lumaca zoppa.

***

Fortunatamente fino ad ora le lezioni sono state tranquille e interessanti.

Ho un'altra ora prima della pausa pranzo e mi dirigo verso l'aula di letteratura americana.

"Ehi Madison" mi richiama una voce maschile.

"David" sorrido educatamente al ragazzo moro.

"Ti ho tenuto il posto"

Mi avvio verso la sua direzione mentre la classe inizia a riempirsi velocemente.

Quando anche il professore arriva, sistema il suo computer portatile sulla cattedra e poi si alza per dar avvio alla sua spiegazione.

E che spiegazione!

Il professor Connor, alto un metro e settanta, snello e con quelle poche rughe che segnano il suo viso, ci sa fare. Sono stata soggiogata dal suo modo di parlare e dalla sua favolosa pronuncia per tutta l'ora, infatti quando suona la campana resto ancora seduta al mio posto guardando qualcosa di indefinito, con lo sguardo assente a fissare il vuoto.

"Vuoi stare qui tutta la giornata?" scherza David riportandomi alla realtà.

Sorrido imbarazzata per la brutta figura che ho fatto a starmene imbambolata e lo seguo fuori.

"Vorrei chiederti una cosa" mi dice leggermente imbarazzato mentre percorriamo il lungo corridoio dell'istituto.

"Dimmi pure"

"Mi chiedevo se ti andrebbe di uscire insieme qualche volta, magari per prendere un gelato o fare una passeggiata. Visto che sei nuova potrei anche farti vedere qualche posto favoloso di New York." la sua voce è carica di entusiasmo e accetto subito la sua proposta vedendo il suo sorriso sincero.

"Va bene venerdì pomeriggio?"

"Certo"

Dopo esserci scambiati i numeri di cellulare, David mi sorprende cingendo la mia vita con un suo braccio e tirarmi leggermente verso di lui per darmi un casto bacio sulla guancia.

"A venerdì allora" mi dice infine facendomi l'occhiolino e sorridendo dolcemente.

Sono rimasta un po' interdetta dal suo gesto, anche se non vi era traccia di malizia o doppi fini. Alla fine lo saluto amichevolmente e continuo a camminare per il corridoio.

Mentre cammino sento uno sguardo insistente su di me. Quando alzo il capo noto due smeraldi che mi fissano, mi scrutano attentamente. Ethan è poggiato su una parete bianca e mi guarda serio, in modo fin troppo insistente. Io, dal canto mio, sono rapita dai suoi occhi e non riesco a distogliere lo sguardo. Mi guarda e io ricambio lo sguardo. È come se intorno a noi non ci fossero gli studenti della NYU che passeggiano per i corridoi.

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