Capitolo 34.

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Leighton's POV.
'Andrà tutto bene' mi dicevano ogni volta che succedeva qualcosa. Mi dicevano di star calma e di non piangere, perché ogni volta che succedeva qualcosa andavo nel pallone. Mi dicevano di rialzarmi da sola perché nessuno mi aiuterà a farlo durante la mia vita. Mi dicevano di guardare avanti e di restare a testa alta qualunque cosa fosse successo ed ora sono io che lo dico a me stessa.
Andrà tutto bene, cara Me. Finirà presto questo dolore. Uscirai presto da questa fossa, in mezzo a questo buio troverai uno spiraglio di luce un giorno. Un giorno molto vicino o lontano che sia, troverai la felicità. Trova la forza dentro di te. Sii forte, cara Me.

Delle risate mi fanno aprire gli occhi. Da quanto sto dormendo?
Le ferite sul mio corpo bruciano da morire. Una lacrima calda riga il mio viso sicuramente colmo di lividi. La mia guancia brucia.

Immediatamente poso le mani sul ventre: il mio bambino. Come sta il mio bambino?

Mi alzo guardandomi intorno: le pareti nere, le catene attaccate vicino ad un muro ed una panchina posa vicino alla porta. È un carcere?

Inizio a chiedermi cosa fosse successo la sera prima. Ricordo della sera prima, del fatto che ho detto a Charlie del mio bambino e della siringa iniettata nel mio braccio.

La porta si spalanca producendo un rumore assordante.
"Buongiorno." disse la bionda ossigenata.
Le corro incontro per strattonarle i capelli, ma lei prende un piccolo coltellino dalla tasca.

Mi fermo al centro della stanza.
"Credevi fosse così facile vero?" dice camminando intorno a me.
"Ah, mia cara Leighton, quante cose hai da imparare. Per prima cosa devi sapere che con me non si scherza. Per seconda cosa devi sapere che se ti avvicini a me.." si avvicina al mio collo e mette il coltellino vicino ad esso. Deglutisco rumorosamente. "..succederà qualcosa a tuo figlio..e non sarà una cosa piacevole." dice con  l'intenzione di poggiare il coltello sulla mia pancia, ma scanso la sua mano e lei ride sguaiatamente.

"Non farò niente al tuo bambino per ora." dice allontanandosi.
"Tu non toccherai mai il mio bambino." dico marcando la parola 'mai'.
"Tu non fare nessun passo falso e il tuo bambino non si farà male."

La cattiveria di questa ragazza arriva davvero alle stelle. Rapirmi per minacciarmi e cercare di far male al bambino. La crudeltà fatta in persona.

"Perché io?" sussurro.
"Come?"
"Perché io?" stavolta le urlo in faccia.
"Perché tu? Perché tu? Perché? Che coraggio che hai a dirlo, Meester. Hai rovinato la mia vita. Mi hai rubato il ragazzo due anni fa e te lo sei portata con te. Quando sei andata via, lui è ritornato da me. Mi ha promesso di rendermi felice e mi ha dimostrato tanto. Andava tutto bene, stavamo pensando di andare a convivere..poi, puf..sei tornata tu ed hai rovinato tutto, di nuovo. Sapevo fossi incinta perché quando Sierra nascose il test la vidi. Vidi dove lo nascose e sentii la vostra conversazione. Ti ho odiato in quel momento: dovevo essere io al tuo posto. Io avrei dovuto coronare questo sogno, avrei dovuto avere io un bambino con Cameron. Ma invece no, devi arrivare tu a rompere tutto, a rovinare tutto. Mi hai ucciso dentro. Ho pianto a causa tua e di quel coglione. Ti ho sempre detto che me l'avresti pagata e ora, Leighton Meester, me la pagherai amaramente."

Rimango sbalordita dal suo discorso. È seria? Solo una malata mentale può pensare di farla pagare così ad una persona.

"Tu sei pazza." le urlo contro.
"Può darsi."

Mi vengono tante cose in mente, ma una domanda mi riempie la mente: Farà del male a Cam?

"Farai..farai del male anche a lui?"
"Oh, ti prego non facciamo i romantici." dice ruotando gli occhi al cielo.
"Non fargli del male, Madison." sbuffa.
"Non avevo pensato di fargli del male. Il mio obiettivo eri tu." dice sorridendo malignamente.

La porta si spalanca di nuovo e la figura di Charlie in pigiama di si presenta davanti ai miei occhi. Faccio una smorfia disgustata: mi fa schifo vederlo.

"Buongiorno." dice sorridendo malvagiamente.
"Che cazzo vuoi?" sbottò.
"Mh, nervosetta stamattina?" mi chiede avvicinandosi.
"Si e anche molto, Charlie."

"Ah, giusto. Tu non lo sai."
"Non so cosa?"
"Il mio nome non è Charlie, ma Luke."
"Luke?"
"Luke Jason Beer." oh mio Dio. "..fratello di Madison." non posso crederci.

Indietreggio e lui rimane a fissarmi sorridendo.
"Ero io a chiamarti con lo sconosciuto. Volevamo soffrissi quando sentivi parlare di quanto stesse bene Cameron. Sapevamo che soffrissi, anzi."
"Cosa c'entri tu con me?"
"Oh beh, a mia sorella serviva una mano per questo piano e mi sono offerto di mia spontanea volontà. Dopotutto, volevo divertirmi un po'." ride.

Provo solo schifo nel sentire quelle parole. Come ho fatto a stare con un ragazzo del genere per un anno?

Mi tocco le tasche posteriori dei pantaloni per sfilare il telefono da essi, ma nulla. Abbasso la testa verso le tasche davanti e nulla anche qui. Dov'è il mio telefono?

"Forse stai cercando questo." Luke fa penzolare il telefono a destra e a sinistra. Spalanco gli occhi.
"Chi ti ha detto di prenderlo?" mi avvicino a lui, ma Madison mi punta il coltellino contro.
"Non dimenticare." dice rivolgendomi uno sguardo degno di un diavolo.

Deglutisco indietreggiando. Sembra peggio di un film.
"Devo dire che ti sono arrivati parecchi messaggi durante la notte e stamani: tua madre, Sierra, Lola, tua sorella, tuo padre." Immagino la loro preoccupazione e mi si forma un nodo in gola nel pensare di essermi fidata di una persona che mi ha rinchiuso in questa stanza.

Poso le mani sui capelli strattonandoli. Il trillo di un messaggio riecheggia nella stanza: è il mio telefono. Sbarro gli occhi.
"Oh, ma guarda, un messaggio." dice inserendo la password.

"È di Cameron." dice Charlie e vedo la faccia di Madison mutare da malvagia a sul punto di piangere.
"Cameron? Cosa dice?"
"Vuoi che te lo legga?" mi chiede.
"Si." diciamo all'unisono io e Madison.
"Ok." dice prendendo fiato. "Mai avrei pensato di scriverti per dirti qualcosa: ho sempre preferito parlare da vicino alle persone e credo che tu lo sappia meglio di me. Volevo parlartene da vicino anche oggi, ma, purtroppo, non ti ho visto. Come stai? Spero bene. Ti chiederai perché 'purtroppo', giusto? Beh, perché io sto bene quando ti vedo, mi sento felice ed oggi che non ti ho visto mi sono sentito come incompleto, probabilmente più delle altre volte. Quando mi hai detto che eri incinta non volevo crederci, non ci credevo: ho sempre sognato questo momento e speravo che accadesse, non ora forse, ma ci speravo sul serio. La disperazione si è fatta spazio dentro di me perché non so fare il padre e credo che non sarò così tanto bravo. La felicità, però, in quel momento, superava la disperazione. Essa svanì dopo che mi dicesti che dovevo lasciarti perdere. Ti scrivo per dirti una parola: ricominciamo. Voglio ricominciare da capo con te, vivere una vita tutta nostra, con bassi e alti, con litigi stupidi. Voglio ricominciare da noi per vivere una vita diversa e con una vita in più tra noi. Voglio assicurarti che non saranno solo parole queste. Perciò, voglio dirti che, se me ne darai modo, ti dimostrerò quanto ci tenga a te e al nostro bambino. Aspetto una tua risposta, ti amo."

Una lacrima mi riga il volto malridotto. Non riesco a non piangere. Vorrei poterlo rispondere, magari dirgli qualcosa di cui me ne pentirò il giorno dopo, ma non posso. Il vuoto mi divora e non voglio trascinarlo con me.

"Cosa devo scrivergli?" chiede Madison con le lacrime agli occhi. La differenza tra le mie lacrime e le sue è che le mie sono di gioia mentre le sue no.

Penso a ciò che posso fargli scrivere. Magari me ne pentirò un giorno, magari me ne pentirò tra due minuti, ma devo farlo per me, per lui e per noi.
"Scrivigli che deve lasciarmi in pace."

Never without you.Where stories live. Discover now