Capitolo 20

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Isabel

Marzo 1975

Pioveva quel giorno, quei temporali invernali che amavo tanto. Ascoltare il rumore della pioggia, leggendo un libro nella casa abbandonata o semplicemente stare abbracciata a Niall e stringerlo ogni qual volta che un tuono suonava nel cielo. Non era la stessa cosa in quel momento, la pioggia sbatteva contro lo spesso cemento di quel carcere e nessuno era lì ad abbracciarmi, nessun libro a farmi compagnia, ma cosa più dolorosa, niente occhi azzurri a scrutarmi e niente odore di tramonto nell'aria.

***

Non c'era cosa più orribile di restare sola. La solitudine faceva più male di ogni altra cosa, anche del dolore stesso. E un'altra cosa che logorava quello che era rimasto del mio cuore, erano i cambiamenti, perché quando i miei occhi sfocati avevano visto quella figura andare via da me in quel caldo pomeriggio di Agosto, niente era stato più come prima, ed era stata tutta colpa mia.

Non mi ricordavo l'ultima volta che avevo dormito più di un'ora da quando ero entrata in quel carcere. Non mi guardavo allo specchio da quella mattina, quando ero ancora in vita. Quando esisteva ancora una ragazza solare che si chiamava Isabel Trust.

***

Non avevo mai dato tanta importanza alle date, un giorno era come un altro. Non sapevo perché ma ogni volta che ripensavo a quel 22 agosto, la sensazione di vuoto si espandeva nel mio petto; era come avere tante altre coltellate, in tutto il corpo, fino al cuore.

Un'altra data che avrei sicuramente ricordato in eterno, era il 4 Marzo 1975. Non sapevo se quel giorno ero morta definitivamente o se ero tornata in vita più rotta di prima.

Le guardie mi avevano convocata in una stanza, era più che orrenda, ma non mi soffermai su i dettagli, non li guardavo più ormai; non mi interessavano più i piccoli gesti o le cose insignificanti che le persone normali non osservavano. Avevo smesso di scrutare e studiare ogni dettaglio da quando Niall era andato via da me, o meglio, da quando l'avevo lasciato andare.

Entrare in quella stanza e odorare, respirare, annusare l'odore di mio padre, era stato come rinascere per piccoli secondi. Mio padre era lì con il sindaco del paese, senza nessuna barriera questa volta. Mi strinse a se cosi forte da farmi male, mi strinse al suo corpo muscoloso come a ricompormi, a saldare quei pezzi di anima impolverati e disidratati; ma mancava la parte centrale del puzzle, la parte importante dell'opera, e lui non poteva né trovarla, né ricostruirla, né crearla di nuovo. Solo un'altra persona poteva farlo, solo lui, o forse no, non più.

Il 4 Marzo 1975, non sapevo come, in che modo, con quali parole, documenti o prove, ma quello che era rimasto di Isabel Trust, poteva essere libero. Mio padre mi aveva portata fuori di lì, da quel carcere, lontana dalla fine di tutto. Quando mi fecero sedere e iniziarono a parlare con quella formalità di politici, non capivo. La mano di mio padre a stringere la mia, quella mano che aveva stretto fucili, bombe e corpi ormai insanguinati, in quel momento, stava stringendo un frammento di ossa che si stavano sgretolando. Non riusciva a credere che fossi lì, ad un centimetro da lui, e io non riuscivo a credere che lui, il mio uomo, il mio eroe, mi aveva salvata. Quando la frase, "Isabel Trust sei libera di uscire dal carcere dello Yorkshire, dopo una permanenza da innocente di sei mesi." è stato come sei miei occhi avessero assorbito quella speranza che tanto frantumavo e distaccavo dalla mia anima. La speranza aveva trovato me e non potevo fare altro che avvolgerla attorno a quello che era rimasto della mia rotta e libera vita.

Ed eccola lì, quella luce che cercavo, che aspettavo con il vuoto dentro. Quella era la mia luce, quella era la mia salvezza. Lo vidi, pentito, deluso, usurato anche lui, non quanto me. I suoi occhi spenti, portarono di nuovo la mia anima al suo posto. I suoi occhi a scaldare quel cuore morto e congelato, il suo corpo magro a portare dolore nei miei pensieri, domande senza risposta. Lui, solo averlo visto, osservato, scrutato di nuovo con i miei occhi veri, e non con i miei ricordi sbiaditi, mi aveva riportata in vita, mi aveva ridato quella speranza in più che mancava, quella che avevo smesso di cercare, o meglio, quella luce che non avevo mai avuto il coraggio di trovare perché sapevo che solo una persona, solo un altro cuore poteva rimettere in carreggiata il mio, ed era il suo. Perché un cuore rotto e senza pezzi per ricomporlo non sarebbe andato da nessuna parte, ma due cuori usurati potevano essere incollati di nuovo. Ed in quel momento, quando il suo sguardo chiedeva perdono, cercando qualcosa che lui aveva creato, quel qualcosa che ormai non c'era più; lì avevo capito che io non potevo avere più nulla ormai. Non sarei corsa tra le sue braccia, anche se era quello che desideravo. Non l'avrei perdonato, perché non c'era nulla da perdonare, io l'avevo lasciato andare. Non l'avrei baciato, toccato, no! Non avrei fatto nulla di tutto quello, perché si, lui mi aveva ridato speranza, lui era lì, pronto a ricominciare, ma non avrei potuto iniziare la seconda stagione della nostra storia, semplicemente perché io non c'ero più ormai.

Isabel Trust /Niall HoranWhere stories live. Discover now