다시 ;; a g a i n

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Tornai al porto il giorno dopo, però verso il tardo pomeriggio, nella speranza di non incontrare di nuovo quel ragazzo.

E infatti, come mi aspettavo, non c'era nessuno. Neanche l'ombra di un pescatore.

Così, dopo l'ardua arrampicata, mi appoggiai come al solito sullo scoglio più alto di tutti e mi misi a contemplare il panorama marino.

Non so quanto tempo passai lì, se fossero pochi minuti o molte ore, visto che puntualmente perdevo la concezione del tempo e non capivo che ore fossero nemmeno dal cielo, che era costantemente nuvoloso.

Fatto sta che ad un certo punto dalle nuvole sbucò inaspettatamente fuori il sole, e il mare assunse un colorito più limpido.

Gli occhi mi bruciavano per l'abbagliante luce, così che fui costretta a coprirmi con un braccio davanti alla faccia per evitare di accecarmi.

Ma lo spettacolo era bellissimo. Era da tanto che non vedevo un tramonto al porto, e ne rimasi completamente affascinata.

Le sfumature del cielo variavano dal rosa all'arancione scuro e si riflettevano sul mare, e tutti quei colori così accesi e allegri stranamente sortirono su di me l'effetto di strapparmi un sorriso.

Forse era questo che intendeva il ragazzo del giorno precedente. Vivere la vita godendosela appieno, anche per le piccole cose.

Anche per vedere un tramonto, cosa che apparentemente potrebbe sembrare insignificante.

Pur non ritenendo che la vista di un tramonto potesse considerarsi il rimedio a molti problemi, ricordo che comunque, anche per un solo attimo, mi abbandonai allo strano senso di felicità e pace che stavo provando in quel preciso istante e chiusi gli occhi.

«È proprio una bellezza accecante, eh?»

Trasalii nel sentire improvvisamente quella voce, e mi voltai nella direzione interessata.

Sì, era proprio lui. Quel ragazzo.

Nello stesso identico scoglio del giorno prima, stessa indentica posizione stravaccata ed espressione limpida in viso, che lo faceva sembrare ai miei occhi così tranquillo e pacifico.

«Già, proprio accecante» ripetei, annuendo poco convinta in sua direzione.

Insomma, anche se avevo cercato di evitarlo, il destino l'aveva avuta vinta un'altra volta. Sospirai rassegnata.

«È anche sulla tua lista delle cose da fare prima di morire?» mi domandò allora lui, sorridendo.

Contrassi il viso in un'espressione poco chiara. Non avevo ben capito che cosa intendesse.

E stavo anche per chiederglielo, ma lui, con la sua impazienza, mi precedette.

«La lista delle dieci cose da fare prima di morire. Non ne hai una anche tu?» mi spiegò, come se fosse la cosa più ovvia del mondo.

Per un momento pensai a quanto quel tipo fosse fuori di testa, ma solo dopo pochi secondi mi ricordai che il giorno prima mi aveva parlato della sua malattia.

«No. Vorrei solo vivere in pace» risposi, scuotendo la testa.

Non sapevo neanche io perché gli avessi risposto in quel modo, sembrava quasi una risposta offensiva più che ogni altra cosa.

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