일하다 ;; w o r k

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Sperando di contare anche un po' sui sussidi statali e sulla pensione mensile di nonna, appurai che andare a lavorare dieci ore al giorno in un supermercato e di sera come cameriera sarebbe andato più che bene.

Secondo i miei calcoli, quattro mesi di questa dura vita sarebbero serviti a poter accumulare quel denaro.

Ma certo è che, presa dalla fretta di dover portare tutto a termine velocemente, non avevo pensato ad una cosa fondamentale.

«Sei troppo piccola»

Questo era ciò che mi rispondevano tutti gli eventuali datori di lavoro quando mi presentavo loro come una povera sedicenne volonterosa più che mai. E non c'era verso che cambiassero idea.

Fu così che, dopo una lunga settimana di ricerche in lungo e in largo, decisi di optare per l'unica via che mi era rimasta: un cospicuo prestito bancario, che avrei dovuto ripagare nel corso dei seguenti dieci anni, con l'eventuale lavoro che avrei svolto.

Pensai di falsificare imperdonabilmente il mio documento di nascita fingendomi diciottenne e lavoratrice e, firmato quel dannatissimo foglio in banca, mi sarei ritrovata finalmente in mano tutto il denaro utile alle spese della chemioterapia di nonna.

Illegalmente, ma ce l'avrei fatta.

Così in teoria avrei potuto continuare ad andare tranquillamente a scuola, senza dovermi preoccupare di guadagnare ulteriori soldi.

Ma in pratica non ci riuscii. Ovviamente, come potevo anche solo pensare di farcela?

La banca infatti non si fece ingannare da me così facilmente e, nonostante io pregassi loro per il fatto che fossi completamente giustificata dalla mia situazione critica, l'unico favore che mi fecero fu quello di non rendere la notizia pubblica sui giornali.

Non ero mai stata brava ad agire in questo modo, ed era solo colpa mia se ora mi ritrovavo con un pugno di mosche in mano. Punto a capo a prima.

Così, a malincuore, annullai tutti i patti stabiliti coi medici e rinunciai a qualsiasi possibilità di salvare nonna.

Nonostante lo desiderassi con ogni singola cellula del mio corpo.

Ma ormai avevo perso me stessa dietro all'inseguimento di cose irraggiungibili, che non mi riconoscevo proprio più.

Dovevo smettere di sognare, di farmi film mentali su cose che mai sarebbero accadute, e restare coi piedi per terra. Accettare la cruda realtà e sperare soltanto di poterla accogliere senza problemi.

Ma per farlo avevo bisogno di riflettere sola, di isolarmi, stare in pace in un posto che nessuno conosceva, o comunque lontano dai giudizi altrui su chi fosse "quella strana tizia che se ne sta appollaiata lì con lo sguardo perso".

Ecco perché decisi da un giorno all'altro di tornare a frequentare quel porto in cui non mettevo piede ormai da dieci lunghi anni.

A volte ci potevo capitare di passaggio, ma mai più mi ero avventurata in un'arrampicata clandestina sugli scogli alla ricerca di qualche pescatore da osservare, o solamente per ammirare il suggestivo panorama che si poteva scorgere da lassù.

Ebbene, da quel giorno, in memoria dei miei giorni più felici trascorsi in compagnia di nonna, visitai quel luogo quotidianamente; dapprima passavo in rassegna con gli occhi le bancarelle coi pesci dai mille colori, sorridendo all'idea che mi ero fatta da piccola, ovvero che i pesci venissero pescati dal mare già immobili.

Ma, a parte quello, andavo al porto soltanto per potermi appollaiare sugli alti scogli - o, più precisamente - sullo scoglio più alto di tutti, da cui si poteva vedere in lontananza il ponte che attraversava la foce del fiume, che da piccola attraversavo ogni giorno con nonna per arrivare al porto.

Me ne stavo così accovacciata sulla roccia fredda, le gambe strette al petto e la testa ciondolante, a fissare un punto indefinito del mare e a riflettere. Ma puntualmente finiva che di riflessioni ne facevo ben poche, pur di non tormentarmi inutilmente sul destino ormai deciso di nonna.

A volte capitava che qualche pescatore, al mattino presto, venisse a farmi compagnia, una presenza silenziosa, a una decina di metri da me, con cui ogni tanto ci si scambiava degli sguardi o dei sorrisi di saluto.

Qualunque età avessero, io puntualmente vedevo nei loro occhi la storia di una lunga vita trascorsa a pescare, e il sogno di seguire le loro stesse orme pian piano mi stava condizionando.

Vivere sola, come quei pescatori, senza che ci fosse nessuno a giudicarmi, nessuno a dirmi cosa dovessi o non dovessi fare... Padrona della mia stessa vita e delle mie scelte. Libertà totale, ecco cosa volevo.

Forse, quando fissavo i pescatori un po' troppo a lungo coi miei occhi coperti di borse per l'insonnia, avranno pensato che fossi uno zombie, o qualcosa del genere. Una volta un anonimo pescatore me lo ha anche detto, e sembrava pure serio.

Non mi è mai piaciuto che gli altri mi giudicassero, nè tantomeno in momenti critici come quello, tuttavia imparai ben presto a non farci caso.

Mi limitavo a continuare immobile il mio dolce far niente presso quel punto degli scogli abbandonato.

Ma presto fu di nuovo ora di cominciare la scuola. E io avevo una gran paura di soffrire più che mai, anche perché - poco prima dell'inizio della seconda superiore - scoprii che nella nuova classe non ero capitata con nessuno di quei tre scemi che mi avrebbero rallegrato la giornata con i loro sketch. Nè Binnie, nè Hoseok, nè Jimin.

E senza di loro la mia vita scolastica sarebbe stata deprimente come alle medie, se non peggio.

Questo fu il motivo per cui, ormai sedicenne e in grado di poter lasciare la scuola, terminai lì gli studi e per tutto il resto dei miei giorni cercai di evitare quel luogo il più possibile, o anche solo di pensarci.

Non seppi più niente di nessuno, tornai ad isolarmi nel mio piccolo mondo, in quanto la mia vita ad un bel punto consisteva soltanto nell'andare all'ospedale a trovare nonna o sugli scogli del porto.

Ma io stavo bene così, non volevo dialogare con altre persone che si immischiassero nella mia vita privata o anche solo semplicemente averci a che fare.

Quando, una normale mattina, passati ormai due mesi dalla notizia che nonna aveva contratto il tumore, scoprii qualcosa - o meglio, qualcuno - che mi fece cambiare completamente idea.

Breath {IU}Where stories live. Discover now