Wonderland.

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*estratto dal racconto*

"Spero che il mio uomo non vi abbia trattata male-" iniziò il discorso un uomo la cui voce profonda e, nonostante il tono, limpida e chiara mi dava la netta impressione che avesse la mia età. O almeno così speravo, non potevo esserne certa dato che il ragazzo in questione portava un cappello a banda larga violaceo che gli copriva gli occhi. Tuttavia il mio sguardo poteva vagare benissimo sulle sue labbra le cui estremità erano sollevate in un sorriso gioviale rivolto a me. Qualche ciuffo di capelli ribelle era sfuggito al cappello mostrandomi dei capelli neri e lucenti. Il vestito che portava era quasi ottocentesco, avrei detto che ero capitata in un set di Tim Burton se non avessi saputo con certezza di essere pazza. Perché la mia logica si rifiutava di accettare che ero in un luogo che fondamentalmente non sarebbe dovuto esistere. Ed invece ero lì contro ogni spiegazione scientifica. Davanti ad un uomo vestito con una giacca lunga nera ed a tratti rossa ed un pantalone anch'esso lungo e nero. Sotto la giacca regale faceva capolino una camicia rosso chiaro ed inamidata che tuttavia aderiva perfettamente al corpo dell'uomo mostrando un petto solido e muscoloso. Al piede portava poi delle scarpe traslucide e nere come il suo abito. Avevo notato la prevalenza del colore nero,viola e vagamente del rosso. Inoltre a peggiorare la cosa aveva al collo al posto di un papillon o di una cravatta, uno jabot (o come diavolo si chiamava) quella specie di fazzoletto spiegazzato di colore bianco con una piccola perla rossastra che fungeva da bottone incastrandolo nella veste. Alle mani portava dei guanti chiari come il "fazzoletto" che contrastavano con l'abbigliamento scuro. Diamine, quell'uomo era il ritratto di un uomo ottocentesco in tutto e per tutto, perfino nella postura eretta e fiera. Fortunatamente non era munito di bastone o del classico orologio da taschino, o avrei seriamente iniziato a dubitare che fosse tutto uno stupido scherzo. Ma che cazzo mi diceva il cervello? Perché diamine avevo seguito quello che mi era sembrato Luke per ritrovarmi qui? Con tutti sconosciuti che dicono di conoscermi, senza uno straccio di prova che fosse tutto uno scherzo ben architettato, senza uno straccio di prova che potesse aiutarmi a capire dove mi trovavo precisamente per tornarmene a casa. Per l'ennesima volta maledissi in tutte le lingue possibili ed inimagginabili la mia curiosità ed ecco che fine avevo fatto.

Interruppi l'uomo con un gesto della mano notando, con un leggero fastidio, che si era rivolto a me con il -voi-. Una fissazione, a quanto pareva, a cui non mi sarei mai abituata.
"Certo che no, signore... Adoro essere presa e sbattuta sulle spalle di uno sconosciuto alto almeno due metri e grosso quanto un giocatore di rugby che dice di richiedere la mia presenza!" Ero ironica, ma non per questo non ero furiosa. L'uomo che mi voleva parlare avrebbe potuto risparmiarsi questi modi cavernicoli per costringermi a vederlo. Non serviva chiamare un gorilla il cui peso era almeno il triplo del mio che mi aveva trascinata sulle sue spalle senza neanche porsi un interrogativo su cosa pensassi io. Fantastico! Mi troverò un amore con questo Alec... Dio solo sa che se lo prendo gliene do di santa ragione. Pensai mentre nella mia mente mi figurai un secondo uomo vestito come quello che avevo dinanzi a me soccombere alle mie maledizioni. Che modi! Sperai per lui che mi avesse dato una valida ragione per non insultarlo fino alla morte.
"Mi fa piacere che l'idea vi abbia entusiasmato. Perché sono proprio io l'uomo che lo ha ordinato e che desidera parlarvi." Rispose l'uomo voltando il viso altrove. AH, DUNQUE ERA LUI!
Non ne ero molto sorpresa. Me lo aspettavo.
"Ero ironica comunque." Chiarii incrociando le braccia al petto. Le labbra di lui si incresparono in un sorrisetto divertito ed arrogante quasi. Non disse nulla. Era calmo almeno apparentemente. Rimasi a fissarlo per una buona mezz'ora. C'era qualcosa in quell'uomo che mi attirava, ero affascinata ma non ne capivo la motivazione.
"Avete dell'altro da ridire?" Lo domandava con un tono divertito quasi si sforzasse a trattenere le risate. E si prendeva la briga di chiedermelo? Era forse stupido?
"ECCOME! Avresti potuto presentarti tu di persona invece di mandarmi a prendere un metro e novanta di muscoli e di terrore che mi ha caricata in spalla senza nemmeno lasciarmi il tempo di parlare portandomi da un uomo che non conosco minimamente e che dice di volermi parlare!" Proruppi tutto d'un fiato senza curarmi delle conseguenze, non mi interessava se quell'uomo se la fosse presa con me dopo. Forse mi stavo scavando la fossa da sola, forse non dovevo giocare col fuoco. Ma quel tipo mi avrebbe ascoltata sulle mie ragioni. Volente o dolente, lo avrebbe fatto.
"Alice Liddell noto che non siete cambiata affatto dal nostro ultimo incontro." Indietreggiai colpita dal modo in cui aveva pronunciato il mio intero nome: con una tale intensità da farmi rabbrividire. Chi diavolo era quell'uomo? Come faceva a conoscermi? Io non ricordavo di averlo mai visto in vita mia. Ed adesso si insinuò la paura in me. Me ne sarei ricordata di sicuro di un uomo dalle maniere di un cavernicolo vestito per Carnevale, scavai nella mia mente ma non trovai nulla. Nessuna traccia. Vuoto assoluto.

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