28.

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Negli ultimi due giorni mi sono comportata da ragazza coraggiosa, ho provato e riprovato insieme all'orchestra senza mostrare il minimo segno di deconcentrazione, paura o ansia per lo spettacolo finale, ho avuto un atteggiamento ed un'attitudine degni dei migliori professionisti.
Ora però, sembra che la mia calma sia del tutto evaporata. Ho lo stomaco talmente in subbuglio che mi viene da vomitare, le tempie che pulsano, i brividi a fior di pelle, le mani che tremano, la mente completamente annebbiata. Cerco di fare dei respiri profondi e di calmarmi, ma il fatto che qui dietro le quinte del Lincoln Center tutti quelli che mi circondano siano agitati tanto quanto me, non mi aiuta.
« Craig Armstrong è arrivato!» annuncia qualcuno facendo scoppiare il panico fra i musicisti. Craig Armstrong è il compositore del brano che stiamo per suonare, il suo creatore, se faremo schifo sarà una mancanza di rispetto nei suoi confronti e lui ci demolirà senza nemmeno pensarci.
Tentando di mantenere i nervi saldi, mi accomodo sulla sedia di fronte alla mia postazione e alla custodia del violino aperta, posata sul ripiano in legno. Chiudo gli occhi cercando ancora di respirare per far calmare il cuore e la nausea che mi assale.
Deglutisco, per poi stringere i lembi del mio vestitino nero e muovere avanti e indietro le gambe cercando di scaricare lo stress.
Non posso fare a meno di pensare che vorrei che Daniel fosse qui, ben consapevole che questa volta lui non c'è e che devo cavarmela da sola, affrontare la mia ansia da prestazione e la paura di combinare un disastro contando solo su me stessa.
Sollevo le palpebre per guardare il mio riflesso nel piccolo specchio, illuminato da lampadine poste sulla sua cornice, ed inorridisco alla vista del mio colorito pallido, quasi verdastro.
« Di questo passo darò di stomaco sul secondo violino.» mormoro fra me e me.
Nuove immagini catastrofiche mi accalcano la mente, velocemente le ricaccio indietro rabbrividendo e decido di prendere il mio strumento dalla custodia e di controllare per l'ennesima volta che sia accordato, che ci sia abbastanza pece sull'archetto, che la crine sia stretta a sufficienza e che nulla, a parte la mia nausea, rischi di minacciare la riuscita della performance. Quando mi sono assicurata che ogni cosa sia al suo posto, poso il violino e l'archetto sulle mie gambe, prima di abbandonarmi contro lo schienale della sedia e puntare lo sguardo sulla custodia ormai vuota. Subito, un particolare attira la mia attenzione: qualcosa di bianco spunta da sotto il tessuto nero che ricopre il fondo dell'astuccio. Senza pensarci due volte mi sporgo per prendere in mano l'oggetto nascosto, rendendomi subito conto del fatto che si tratta di una foto, una foto di me e Jake da piccoli.
Nell'immagine che ci raffigura ci troviamo nella casetta sull'albero, entrambi affacciati al piccolo arco che costituiva la porta d'ingresso. Jake mi abbraccia mettendomi una mano sulla spalla e mostrando all'obbiettivo un sorriso tirato. Io ho il broncio, le braccia incrociate al petto ed un'espressione poco amichevole. Probabilmente avevamo appena smesso di litigare perché ci scattassero la foto.
Sorrido al pensiero di come ci eravamo avvicinati in quel periodo; ricordo che pochi giorni dopo aver terminato la casetta sull'albero mi era venuta la varicella, Jake andò contro tutti i divieti di sua madre e si intrufolò in camera mia. Gli dissi che era uno stupido, che si sarebbe ammalato a sua volta.
La sua risposta fu semplice, ma concisa.
« Dove vai tu vado io, Jasmine. ».
Aveva ragione.
Jake è sempre con me: avverto la sua presenza quando suono, la avverto quando rido o quando piango; la avverto quando Claire mi contagia con la sua allegria, quando Peggy mi abbraccia impacciata, quando Jordan mi fa ridere con una delle sue battute.
La avverto sempre, perché Jake è sempre con me. Ha mantenuto la sua promessa.

« Ok, ragazzi! Tutti in scena, si comincia!» urla uno dei professori di pianoforte, facendomi sussultare. Accorgendomi di una lacrima scivolatami dagli occhi, la asciugo in fretta e ripongo la foto nella custodia. Tiro fuori da sotto il vestitino nero la catenina con l'anello regalatomi da Jake, subito dopo prendo l'archetto, il violino e mi appresto a superare il sipario che mi divide dal palco.
Quando mi accomodo alla mia postazione ed ogni suono lascia il posto al silenzio, prendo un bel respiro prima di guardare il direttore.
Mi fa segno di attaccare, e da qui in poi è pura e semplice magia.

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